Brasile: un colpo all’estrema destra

La notizia non potrebbe essere più gratificante: Jair Messias Bolsonaro, emarginato dalla scena politica per otto anni. Questa è la più che meritata sentenza giudiziaria contro l’ex presidente brasiliano, una delle maggiori figure dell’estrema destra in America Latina.

La sentenza è una risposta al populismo degradante nato da discorsi di odio e antidemocratici, che diffondono disinformazione non solo in Brasile, ma in tutto il mondo, con l’unico scopo di ingannare gli elettori.

Venerdì scorso, cinque dei sette giudici del Tribunale Elettorale Supremo (TSE) hanno votato il veto su Bolsonaro per abuso di potere e uso improprio dei media, dopo aver concluso che il leader politico ha espresso dubbi infondati sul sistema di voto elettronico del Paese.

Una sentenza che pone fine alle intenzioni dell’ex presidente di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2026.

“Dopo questa sentenza, cercherà di rimanere fuori dal carcere, sceglierà alcuni dei suoi alleati per mantenere il suo capitale politico, ma è molto improbabile che torni alla presidenza”, ha detto Carlos Melo, professore di scienze politiche all’Università Insper di San Paolo, anche se Messias ha detto che farà appello alla sentenza e ha già in programma di rendere sua moglie Michele una candidata alle presidenziali tra tre anni.

Michele ha una vasta esperienza nel campo della propaganda ed è stata la figura di riferimento per l’invio di migliaia di pastori evangelici nelle zone rurali per convincere la popolazione analfabeta a votare contro Lula, sostenendo che, se eletto, avrebbe eliminato i centri religiosi.

ALTRE ACCUSE

Ma Bolsonaro deve affrontare anche altri casi, tra cui indagini penali, oltre a questa che lo condanna per abuso di potere, dopo aver creato un movimento nazionale per ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali del 2022, in cui ha perso la rielezione contro Lula.

Le sue azioni hanno innescato, si legge nell’inchiesta, l’attacco di centinaia di sostenitori del leader di estrema destra alle tre sedi del potere brasiliano nella capitale: il Congresso, la Presidenza e la Corte Suprema.

L’ex presidente di estrema destra ha fatto un uso eccessivo della sua autorità, utilizzando i canali di comunicazione del governo per promuovere la sua campagna elettorale e per gettare dubbi infondati sul sistema di voto elettronico del Paese.

Sebbene sia stato spesso criticato nel periodo precedente alle elezioni dello scorso anno, il caso contro di lui mette in evidenza una riunione convocata da Bolsonaro il 18 luglio 2022 presso il palazzo presidenziale. Lì, davanti a cinquanta ambasciatori, il leader politico ha squalificato senza prove la trasparenza del sistema elettorale e la stessa democrazia del Paese. L’evento è stato trasmesso dalla televisione pubblica su ordine dell’allora capo di Stato.
“Bolsonaro ha abusato dei poteri del suo ufficio convocando la riunione. Ha usato il personale e gli edifici del governo per uno scopo elettorale e ha mescolato gli interessi del Paese con quelli della sua campagna”, ha dichiarato Márlon Reis, un esperto di legge elettorale che ha contribuito alla stesura delle disposizioni sull’ineleggibilità.

CACCIA ALLE STREGHE?

L’ex presidente ha ripetutamente respinto le accuse di illecito e ha attribuito le accuse a una “caccia alle streghe” volta a consentire alla sinistra brasiliana di combattere senza opposizione alle elezioni del 2026, alle quali sperava di partecipare.

Un giorno prima della decisione del tribunale, giovedì, è stato accolto a Rio de Janeiro con grida di “criminale” e “golpista”. Bolsonaro, ho sottolineato, può appellarsi alla Corte Suprema, ma i suoi problemi legali sono tutt’altro che finiti. Deve affrontare altre 15 cause presso il tribunale elettorale con varie accuse.

Al di fuori del tribunale elettorale, Bolsonaro deve anche affrontare indagini per crimini avvenuti durante e dopo la sua presidenza, tra cui la mancata dichiarazione di milioni di dollari in regali ricevuti durante la presidenza, la falsificazione dei registri delle vaccinazioni COVID-19 e l’incitamento alle rivolte dell’8 gennaio.

Fonte: CubaSi

Traduzione: italiacuba.it

 

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