L’invisibilizzazione del blocco

L’OMISSIONE DELLE SANZIONI NEL DISCORSO DELLE PRIMARIE

misionverdad.com

I pre-candidati del settore dell’opposizione che va alle elezioni primarie eludono il tema delle misure coercitive unilaterali (MCU) applicate dagli USA e da altri governi contro il Venezuela. Il 4 agosto scorso hanno sottoscritto un accordo di governabilità che lascia allo scoperto un futuro, con o senza il loro governo, soggetto a sanzioni.

Solo il candidato di Voluntad Popular, Freddy Superlano, ha fatto riferimento alla questione quando è stato intervistato dalla CNN il 7 luglio scorso. Il politico di Barinés ha dichiarato di non vedere la possibilità di revoca delle sanzioni in cambio delle inabilitazioni politiche di alcuni pre-candidati come lui, María Corina Machado e Henrique Capriles.

L’INVISIBILIZZAZIONE COME UNICO CONSENSO

Il consenso che esiste tra questi pre-candidati in merito al sostegno alle sanzioni è maggiore di quello che potrebbe scaturire dall’accordo di governabilità sottoscritto. In questo documento ci sono i “principi comuni” che reggerebbero il programma “minimo” di governo che il vincitore delle primarie applicherebbe in caso di vittoria delle presidenziali del prossimo anno. Tra le sue “misure urgenti” ci sono l’attenzione alla “complessa emergenza umanitaria” e la stabilizzazione dell’economia.

Tuttavia, sono noti gli effetti che sono sorti dalle pressioni sull’economia venezuelana. Queste sono la principale causa della crisi socioeconomica che, da oltre cinque anni, colpisce vasti settori nazionali. L’origine sanzionatoria è registrata nella Legge per la Difesa dei Diritti Umani e della Società Civile del Venezuela, dell’anno 2014, promulgata dal Congresso USA.

Questo strumento legale è servito come base per il cosiddetto Decreto Obama del 2015, che dichiara il Venezuela come una “minaccia insolita e straordinaria per la sicurezza nazionale USA”. Questo ordine esecutivo si è aggiunto a molti altri contro il nostro Paese, tutti emessi dall’amministrazione Donald Trump, da cui è partita l’escalation che ha portato a 947 ordini simili.

Il senatore democratico Robert “Bob” Menendez, presidente del Comitato Esteri del Senato USA, ha annunciato la sua intenzione di presentare una legge che aggiornerebbe la cosiddetta Legge VERDAD (Venezuela Emergency Relief, Democratic Assistance and Development) del 2019. Tale strumento, approvato durante L’amministrazione Trump ha cercato di dare sostegno legislativo alla politica di cambio di regime avanzata contro il Venezuela e ha rafforzato in maniera risoluta la politica sanzionatoria. Il suo obiettivo in quel frangente era limitare le possibilità di revocare le vessazioni, imporre il riconoscimento di Juan Guaidó come presidente legittimo del Venezuela e conferire un peso decisivo alle azioni dirette a dividere le Forze Armate Nazionali Bolivariane (FANB).

Nessuno dei pre-candidati ha parlato di un piano economico concreto, né della possibilità di eliminare le sanzioni o di chiedere un alleggerimento di queste; tanto meno riguardo a come sarebbe un eventuale piano governativo nel caso Washington non le annulli.

COMPETERE E GOVERNARE SOTTO SANZIONI?

Il deliberato disconoscimento della sottomissione violata dagli USA contro la sovranità venezuelana rivela che il “minimo” dell’accordo è “competere” con le sanzioni e usarle come strumento politico per intensificare la campagna elettorale sotto la narrazione del “crollo economico provocato” dal governo del presidente Nicolas Maduro.

La narrazione pre-elettorale dell’opposizione affronta “i diritti umani e la crisi migratoria”, coincidendo con la giustificazione dei programmi di finanziamento che organismi USA, come l’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID) e la Foundation National for Democracy (NED), implementano nel paese. Come è noto, le primarie sono prodotto dell’ecosistema costituito da queste entità; è ovvio che, a maggiore omissione delle MCU, aumenta il servizio che forniscono politicamente a favore (della destra ndt).

Poiché queste misure rimarranno ancorate alla realtà nazionale, ciò che è curioso è sapere quali scenari prefigurano questi attori politici in caso di vittoria delle elezioni presidenziali. Se la Legge VERDAD fosse approvata, un presidente sorto dalla Piattaforma Unitaria Democratica dovrebbe governare sulla base della gestione economica, finanziaria e commerciale prodotta dalla gestione delle sanzioni da parte della Casa Bianca.

La sovranità governativa sarebbe soggetta alla gestione USA, tenendo conto della vicinanza tra i dirigenti dell’opposizione e l’establishment bipartisan negli USA, in contrasto con la posizione del Governo bolivariano che privilegia le relazioni con poteri emergenti sia nella regione così come nel mondo eurasiatico.

Un eventuale governo di uno di questi 13 pre-candidati non potrebbe raggiungere alcun tipo di accordo nazionale che includa settori del chavismo se venisse promulgata anche la Legge VERDAD, poiché darebbe valore legale alle ricompense (taglie ndt) stabilite dal Dipartimento di Giustizia sul presidente Nicolás Maduro e altri funzionari. Oltre a costringere il Presidente USA a deferire quei casi all’Interpol per notificazioni rosse, lo stesso dovrebbe essere replicato da chi occupasse il Palazzo Miraflores.

Si intensificherebbero anche i livelli di saccheggio corporativo che attualmente si presentano contro il nostro paese. Il testo legislativo proposto da Menendez autorizza la Commissione di Liquidazione dei Reclami Esteri ai reclami monetari di cittadini e/o società USA. Ciò consentirebbe la liquidazione di attività venezuelane come Citgo da parte dei Dipartimenti di Giustizia e del Dipartimento del Tesoro, senza diritto di intentare causa nei tribunali USA.

Pertanto, il presidente Maduro ha chiesto “elezioni libere da sanzioni, blocco, aggressione e guerra economica” e ha chiesto al governo USA di revocare tutte le MCU “senza condizioni di alcun tipo”. Le sanzioni non solo ledono la governabilità dello Stato, ma colpirebbero anche un eventuale governo sorto dalle primarie perché la stabilità ed il dialogo politico sarebbero gravemente compromessi, come avviene attualmente.


LA INVISIBILIZACIÓN DEL BLOQUEO

LA OMISIÓN DE LAS SANCIONES EN EL DISCURSO DE LAS PRIMARIAS

Los precandidatos del sector de la oposición que va a elecciones primarias evaden el tema de las medidas coercitivas unilaterales (MCU) aplicadas por Estados Unidos y otros gobiernos contra Venezuela. El pasado 4 de agosto suscribieron un acuerdo de gobernabilidad que deja por fuera un futuro con o sin ellos gobernando bajo las sanciones.

Solo el precandidato de Voluntad Popular, Freddy Superlano, se refirió al asunto cuando fue entrevistado en CNN el pasado 7 de julio. El político barinés declaró que no ve posible que se levanten las sanciones a cambio de las inhabilitaciones políticas a algunos precandidatos como él, María Corina Machado y Henrique Capriles.

INVISIBILIZACIÓN COMO ÚNICO CONSENSO

El consenso que existe entre estos precandidatos en torno al apoyo a las sanciones es mayor que el que pudiera surgir del acuerdo de gobernabilidad suscrito. En dicho documento están los “principios comunes” que regiría el programa “mínimo” de gobierno que aplicaría el ganador de las primarias en caso de ganar los comicios presidenciales del próximo año. Entre sus “medidas urgentes” están la atención a la “emergencia humanitaria compleja” y la estabilización de la economía.

Sin embargo, son conocidos los efectos que han surtido las presiones sobre la economía venezolana. Estas son la causa principal de la crisis socioeconómica que afecta a extensos sectores nacionales desde hace más de un lustro. El origen sancionatorio se registra en la Ley de Defensa de Derechos Humanos y Sociedad Civil de Venezuela del año 2014, promulgada por el Congreso estadounidense.

Este instrumento legal sirvió de base para el denominado Decreto Obama de 2015, que declara a Venezuela como una “amenaza inusual y extraordinaria para la seguridad nacional de Estados Unidos”. A esta orden ejecutiva se le sumaron muchas más contra nuestro país, todas emitidas por la administración de Donald Trump, a partir de las cuales comenzó la escalada que llevó a 947 órdenes similares.

El senador demócrata Robert “Bob” Menendez, presidente del Comité de Exteriores del Senado estadounidense, ha anunciado su intención de presentar una ley que actualizaría la denominada Ley VERDAD (Venezuela Emergency Relief, Democratic Assistance and Development) de 2019. Tal instrumento, aprobado durante la administración Trump, buscaba dar soporte legislativo a la política de cambio de régimen adelantada contra Venezuela y afianzó de manera contundente la política sancionatoria. Su objetivo en aquella coyuntura era limitar las posibilidades de levantar el hostigamiento, imponer el reconocimiento de Juan Guaidó como presidente legítimo de Venezuela y conferir un peso decisivo a las acciones dirigidas a dividir la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB).

Ninguno de los precandidatos ha hablado de un plan económico concreto, tampoco sobre la posibilidad de eliminar las sanciones o pedir un alivio de estas; mucho menos respecto a cómo sería un eventual plan de gobierno en caso de que Washington no las revierta.

¿COMPETIR Y GOBERNAR BAJO SANCIONES?

El desconocimiento deliberado del sometimiento infringido por Estados Unidos contra la soberanía venezolana delata que lo “mínimo” del acuerdo es “competir” con sanciones y utilizarlas como herramienta política para escalar la campaña electoral bajo el relato del “colapso económico provocado” por el gobierno del presidente Nicolás Maduro.

La narrativa preelectoral opositora aborda “los derechos humanos y la crisis migratoria”, coincidiendo con la justificación de los programas de financiamiento que instancias estadounidenses como la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (Usaid, por sus siglas en inglés) y la Fundación Nacional para la Democracia (NED, por sus siglas en inglés) instrumentan en el país. Como es sabido, las primarias son producto del ecosistema conformado por esas entidades; resulta obvio que, a mayor omisión de las MCU, aumenta el servicio que proveen políticamente a favor.

Como estas medidas quedarán ancladas a la realidad nacional, lo que produce curiosidad es saber cuáles escenarios prefiguran estos actores políticos en caso de que ganen las elecciones presidenciales. Si la Ley VERDAD fuera aprobada, un presidente surgido de la Plataforma Unitaria Democrática tendría que gobernar en función de la gestión económica, financiera y comercial que produce el manejo de las sanciones por parte de la Casa Blanca.

La soberanía gubernamental estaría sometida a la gestión estadounidense, teniendo en cuenta la cercanía entre los dirigentes opositores y el establishment bipartidista en Estados Unidos, en contraposición a la postura del Gobierno Bolivariano que privilegia las relaciones con poderes emergentes tanto en la región como en el mundo euroasiático.

Un eventual gobierno de alguno de estos 13 precandidatos no podría alcanzar ningún tipo de acuerdo nacional que incluya a sectores del chavismo si también se promulga la Ley VERDAD, pues otorgaría rango legal a las recompensas establecidas por el Departamento de Justicia sobre el presidente Nicolás Maduro y otros funcionarios. Además de obligar al presidente de Estados Unidos a que remita a la Interpol esos casos para notificaciones rojas, lo mismo tendría que ser replicado por quien ocupara el Palacio de Miraflores.

También escalarían los niveles de saqueo corporativo que actualmente se presentan contra nuestro país. El texto legislativo propuesto por Menendez autoriza a la Comisión de Liquidación de Reclamaciones Extranjeras a los reclamos monetarios de ciudadanos y/o empresas estadounidenses. Esto permitiría la liquidación de activos venezolanos como Citgo por parte de los Departamentos de Justicia y el Departamento del Tesoro, sin derecho a litigio en los tribunales estadounidenses.

De allí que el presidente Maduro ha demandado “elecciones libres de sanciones, de bloqueo, de agresión y de guerra económica” y ha exigido al gobierno de Estados Unidos que levante todas las MCU “sin condicionamiento de ningún tipo”. Las sanciones no sólo lesionan la gobernabilidad del Estado, sino que afectarían un eventual gobierno surgido de las primarias porque la estabilidad y el diálogo político estarían seriamente comprometidos, como sucede en la actualidad.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.