La Guyana ritorna sulla via dell’Accordo di Ginevra?

SULL’INCONTRO MADURO-ALI AD ARGYLE

misionverdad.com

La necessità di dialogo tra i governi dei presidenti Nicolás Maduro e Irfaan Ali si è espressa nell’incontro al più alto livello tenutosi giovedì 14 dicembre a Kingstown, capitale di Saint Vincent e Grenadine.

L’incontro si è svolto nel quadro delle tensioni che si sono accumulate negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi mesi, dopo la consegna di concessioni petrolifere alle transnazionali dell’energia in acque da delimitate tra Venezuela e Guyana, da parte di Georgetown, e il referendum consultivo del 3 dicembre convocato dall’Assemblea Nazionale venezuelana.

Con i risultati del referendum consultivo, lo Stato venezuelano ha iniziato a delimitare la propria carta di navigazione per realizzare azioni in difesa dei diritti storici e legittimi che il Venezuela vanta su Guayana Esequiba, questione che ha spinto il governo Ali affinché, infine e dopo numerosi appelli da parte del presidente Maduro, si sedesse a dialogare con l’amministrazione venezuelana per risolvere la controversia territoriale.

Sebbene la Guyana sia stata ambigua riguardo all’esistenza di tale controversia, poiché afferma che il fraudolento Lodo Arbitrale del 1899 abbia delimitato i confini tra i due paesi e spera che la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) lo approvi come legittimo, ammette che l’Accordo di Ginevra del 1966 è il meccanismo con cui la controversia debba essere risolta.

Ciò è stato accettato con la dichiarazione congiunta pubblicata e letta in una conferenza stampa dopo l’incontro tra i due presidenti. Il punto 2 afferma che Venezuela e Guyana “hanno concordato che qualsiasi controversia tra i due Stati sarà risolta in conformità con il diritto internazionale, compreso l’Accordo di Ginevra del 17 febbraio 1966”.

Ricordiamo che il suddetto accordo stabilisce che i paesi coinvolti debbano concordare la soluzione che verrà raggiunta in modo “che risulti accettabile per entrambe le parti”, cosa che non è stata realizzata unilateralmente dalla Guyana che ha voluto risolvere la controversia attraverso un terzo attore. (la CIG entità alla quale il Venezuela non riconosce giurisdizione obbligatoria).

Ma la dichiarazione congiunta di Argyle obbliga la Guyana a ritornare sulla via dell’Accordo di Ginevra e le fa pressione affinché rispetti quanto ivi stabilito. I facilitatori (Saint Vincent e Grenadine e Dominica) e gli interlocutori (quelli citati più il Brasile) del dialogo binazionale, insieme agli osservatori (ONU, Colombia e Honduras), hanno il ruolo di proteggere ciò che il testo riferisce.

La consegna di concessioni petrolifere alla ExxonMobil in acque da delimitare, nella proiezione della facciata atlantica dell’Essequibo, viola direttamente l’Accordo di Ginevra nel suo Articolo V, seconda sezione. Tuttavia, Ali ha dichiarato in una conferenza stampa, prima e dopo l’incontro con il presidente Maduro, che la Guyana aveva il diritto di sfruttare le risorse dell’Essequibo e nella sua proiezione marittima perché ciò è dettato dal Lodo del 1899, che secondo quanto firmato nel 1966 è ” nullo ed invalido”, trattandosi di una sentenza mediata da un compromesso politico tra USA e Regno Unito, quest’ultimo, tra l’altro, firmatario anche dell’Accordo di Ginevra e che ha rifiutato di partecipare alla controversia.

Finora tutti i passi del Venezuela corrispondono alla posizione storica dello Stato dal 1966: la via diplomatica è l’opzione che hanno intrapreso tutti i governi della Quarta e Quinta Repubblica. La dichiarazione congiunta di Argyle lo deduce e conferma, quindi, il possibile ritorno concreto della Guyana all’Accordo di Ginevra onorerebbe gli sforzi della diplomazia venezuelana e darebbe forza ad un altro dei punti del testo emanato il 14 dicembre: il terzo, in cui si afferma che entrambi i paesi sono “impegnati nel perseguimento del buon vicinato, della coesistenza pacifica e dell’unità dell’America Latina e dei Caraibi”.

Da Misión Verdad indichiamo che il principio di buon vicinato è una via che potrebbe soddisfare entrambe le parti, poiché darebbe luogo ad una cooperazione efficace nei campi economico e commerciale. L’esempio degli accordi firmati lo scorso settembre tra il Venezuela e Trinidad e Tobago, retto da questo principio, è una tabella di marcia pacifica che minerebbe il conflitto geopolitico derivante dalla gestione delle risorse transfrontaliere. Nella suddetta analisi si è affermato che “Studi dell’ONU mostrano che più del 40% dei conflitti armati negli ultimi 60 anni sono stati legati alle risorse naturali. Il Segretario generale di quell’organismo ha commentato nel 2018 che “le Nazioni Unite riconoscono il potenziale della gestione condivisa delle risorse naturali come mezzo per prevenire i conflitti e migliorare la cooperazione regionale'”.

La Guyana sarebbe davvero disposta a cooperare con il Venezuela, tenendo conto che ExxonMobil ha rifiutato di abbandonare i suoi progetti nel blocco di Stabroek, dove buona parte della sezione nord-occidentale è situata in acque da delimitare tra i due paesi?

Inoltre, l’influenza della compagnia USA nella politica della Guyana è pubblica e nota. È un’impresa caratterizzata da metodi corruttivi e di ingerenza nei paesi in cui i suoi interessi non sono pienamente soddisfatti; ExxonMobil è solitamente accompagnata dal potere diplomatico e militare rispettivamente del Dipartimento di Stato e del Dipartimento della Difesa, nei quali esercita anche una storica influenza.

La formula corporativa del “divide et impera” continua a rappresentare la pietra d’inciampo alla realizzazione di un’efficace cooperazione binazionale. Per la società Usa è preferibile pagare royalties o imposte ad un unico ente nazionale. Dal punto di vista del buon vicinato, la cooperazione è il modo migliore per entrambi i paesi di sviluppare le proprie risorse naturali perché funge da catalizzatore per la stabilità e la ripresa economica della regione.

In ogni caso, la Guyana ha due opzioni, che emanano direttamente dall’incontro tra i presidenti Maduro e Ali: attenersi ad un qualche accordo in uno scenario di buon vicinato come meccanismo per risolvere la disputa territoriale sull’Essequibo o seguire i dettami della compagnia petrolifera USA che viola l’Accordo di Ginevra.

Finora, le misure che il Governo Bolivariano ha adottato dopo il referendum consultivo del 3 dicembre non infrangono alcun punto di quanto firmato nel 1966; Georgetown, al contrario, ha intrapreso azioni unilaterali che disonorano quel documento. La pressione regionale, insieme alla diplomazia bolivariana di pace, otterrà che lo Stato della Guyana intraprenda azioni nell’ambito della cooperazione e dei negoziati amichevoli o continuerà con la sua agenda destabilizzante?

Nel 2024 avremo una risposta.


SOBRE LA REUNIÓN MADURO-ALI EN ARGYLE
¿GUYANA VUELVE A LA SENDA DEL ACUERDO DE GINEBRA?

La necesidad de diálogo entre los gobiernos de los presidentes Nicolás Maduro e Irfaan Ali se manifestó en la reunión del más alto nivel realizada el jueves 14 de diciembre en Kingstown, capital de San Vicente y las Granadinas.

El encuentro se dio en el marco de las tensiones que se vienen acumulando en los últimos años, sobre todo en meses recientes, tras la entrega de concesiones petroleras a transnacionales energéticas en aguas por delimitar entre Venezuela y Guyana por parte de Georgetown y el referendo consultivo del 3 de diciembre convocado por la Asamblea Nacional venezolana.

Con los resultados del referendo consultivo, el Estado venezolano comenzó a delimitar su carta de navegación para llevar a cabo acciones en defensa de los derechos históricos y legítimos que tiene Venezuela sobre la Guayana Esequiba, cuestión que presionó al gobierno de Ali para que, por fin y tras numerosas convocatorias del presidente Maduro, se sentara a dialogar con la administración venezolana para solucionar la controversia territorial.

Si bien Guyana ha sido ambigua en cuanto a la existencia de dicha controversia, pues afirma que el fraudulento Laudo Arbitral de 1899 delimitó las fronteras entre ambos países y espera que la Corte Internacional de Justicia (CIJ) lo apruebe como legítimo, admite que el Acuerdo de Ginebra de 1966 es el mecanismo con el cual se debe resolver el diferendo.

Así lo aceptó con la declaración conjunta publicada y leída en rueda de prensa luego de la reunión entre ambos presidentes. El punto 2 expresa que Venezuela y Guyana “acordaron que cualquier controversia entre los dos Estados se resolverá de conformidad con el derecho internacional, incluido el Acuerdo de Ginebra de 17 de febrero de 1966”.

Recordemos que el mencionado acuerdo establece que los países involucrados deben estar conformes en la solución a que se llegare de manera “que resulte aceptable para ambas partes”, lo que no se ha cumplido unilateralmente por parte de Guyana queriendo resolver la controversia a través de un tercer actor (la CIJ, entidad a la que Venezuela no reconoce jurisdicción obligatoria).

Pero la declaración conjunta de Argyle obliga a Guyana a devolverse a la senda del Acuerdo de Ginebra y lo presiona para que cumpla con lo allí establecido. Los facilitadores (San Vicente y las Granadinas y Dominica) e interlocutores (los mencionados más Brasil) del diálogo binacional, junto con los observadores (ONU, Colombia y Honduras), tienen el papel de proteger lo que el texto refiere.

La entrega de concesiones petroleras a ExxonMobil en aguas por delimitar, en la proyección de la fachada atlántica del Esequibo, viola directamente el Acuerdo de Ginebra en su Artículo V, apartado segundo. Sin embargo, Ali declaró en rueda de prensa, antes y después del encuentro con el presidente Maduro, que Guyana tenía el derecho a explotar los recursos del Esequibo y en su proyección marítima porque así lo dicta el Laudo de 1899, el cual según lo firmado en 1966 es “nulo e írrito”, pues se trató de un fallo mediado por una componenda política entre Estados Unidos y el Reino Unido, este último, por cierto, también signatario del Acuerdo de Ginebra y que se ha negado a participar de la controversia.

Hasta ahora, todos los pasos de Venezuela se corresponden con la posición histórica del Estado desde 1966: la senda diplomática es la opción que han tomado todos los gobiernos de la Cuarta y la Quinta República. La declaración conjunta de Argyle así lo infiere y confirma, por lo tanto, la posible vuelta práctica de Guyana al Acuerdo de Ginebra honraría los esfuerzos de la diplomacia venezolana y daría vigor a otro de los puntos del texto emanado el 14 de diciembre: el tercero, el cual afirma que ambos países están “comprometidos con la búsqueda de la buena vecindad, la convivencia pacífica y la unidad de América Latina y el Caribe”.

Desde Misión Verdad indicamos que el principio de buena vecindad es una vía que pudiera satisfacer a las dos partes, pues daría pie a una cooperación eficaz en los campos económicos y comerciales. El ejemplo de los acuerdos firmados en septiembre pasado entre Venezuela y Trinidad y Tobago, regido por dicho principio, es una hoja de ruta pacífica que minaría el conflicto geopolítico derivado de la gestión de los recursos transfronterizos. En el mencionado análisis se afirmó que  “Estudios de la ONU muestran que más del 40% de los conflictos armados de los últimos 60 años han estado relacionados con los recursos naturales. El secretario general de esa instancia comentó en 2018 que ‘las Naciones Unidas reconocen el potencial de la gestión compartida de los recursos naturales como medio para prevenir conflictos y mejorar la cooperación regional'”.

¿Guyana estaría realmente dispuesto a cooperar con Venezuela, teniendo en cuenta que la ExxonMobil se ha negado a abandonar sus proyectos en el bloque Stabroek, donde buena parte de la sección noroccidental está establecida en aguas por delimitar entre ambos países?

Además, el influjo de la compañía estadounidense en la política guyanesa es pública y notoria. Se trata de una empresa caracterizada por sus métodos corruptivos e injerencistas en países donde sus intereses no se cumplen a carta cabal; ExxonMobil suele estar acompañado por el poder diplomático y militar del Departamento de Estado y el Departamento de Defensa respectivamente, en los que también ejerce histórica influencia.

La fórmula corporativa de “divide y vencerás” continúa siendo la piedra de tranca para llevar a cabo una cooperación efectiva binacional. Para la empresa estadounidense es preferible pagar regalías o impuestos a una sola entidad nacional. Desde la perspectiva de la buena vecindad, la cooperación es la mejor vía para que ambos países desarrollen sus recursos naturales porque funge como catalizador para la estabilidad y repunte económico de la región.

En cualquier caso, Guyana tiene dos opciones que emanan directamente de la reunión entre los presidentes Maduro y Ali: atenerse a algún acuerdo en un escenario de buena vecindad como mecanismo para resolver la controversia territorial sobre el Esequibo o seguir el dictado de la petrolera estadounidense que viola el Acuerdo de Ginebra.

Hasta ahora las medidas que ha tomado el Gobierno Bolivariano tras el referendo consultivo del 3 de diciembre no infringe letra alguna de lo firmado en 1966; Georgetown, por el contrario, ha tomado acciones unilaterales que deshonran aquel documento. ¿La presión regional junto con la diplomacia bolivariana de paz logrará que el Estado guyanés tome acciones en el redil de la cooperación y la negociación amistosa o continuará con su agenda disruptiva?

En el año 2024 tendremos una respuesta.

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