Il nuovo affare di Leopoldo Lopez: truffa con criptovalute

misionverdad.com

Dopo i suoi falliti sforzi al fine di perturbare la stabilità e la pace del Venezuela, Leopoldo López si avventura nell’ecosistema delle criptovalute, da alcuni anni, senza abbandonare i tentativi di minare la pace del paese e continuare con l’ambizione di accaparrarsi, attraverso vie irregolari, i profitti generati dall’industria petrolifera venezuelana, partecipando alla trama corrotta di PDVSA-Cripto.

È da ricordare che, nel giugno 2022, López ha firmato, insieme a un gruppo di 21 attivisti, una lettera al Congresso USA in cui si schieravano a favore della moneta digitale Bitcoin poiché “fornisce inclusione finanziaria ed emancipazione in quanto è aperto e non richiede autorizzazioni”, aggiungendo che “Bitcoin ha dato rifugio ai nostri compatrioti di fronte alle crisi monetarie a Cuba, Afghanistan e Venezuela”.

Successivamente, nell’ottobre dello stesso anno, il dirigente dell’opposizione ha preso parte alla Conferenza “Bitcoin Amsterdam”, tenutasi nei Paesi Bassi. Qui ha proseguito con il suo slogan contro il Governo Bolivariano affermando, con lo stesso tono, che “[le criptovalute] sono un’opportunità per le persone minacciate da un regime di trasferire i loro fondi per ottenere libertà”. Ha colto l’occasione per confessare di aver utilizzato parte degli asset venezuelani sequestrati e rubati dagli USA attraverso un meccanismo non convenzionale tipico della banca digitale e al di fuori dei controlli tradizionali del sistema finanziario, presuntamente destinati a “infermieri e medici”. Fino ad oggi non ci sono prove concrete che validino queste transazioni.

Come accennato nella conferenza ad Amsterdam, López da diversi anni promuove attivamente i meccanismi di scambio digitale tramite Bitcoin e si sta impegnando notevolmente in questo habitat con vari progetti. Ecco alcuni fatti:

In El Salvador, due venezuelani guidano la squadra responsabile dell’implementazione di Bitcoin e Chivo Wallet, il portafoglio governativo per lo scambio di criptovalute, la cui parte operativa e politica è gestita da Sara Hanna, venezuelana legata a López e a Voluntad Popular; la gestione tecnica è affidata a Lorenzo Rey. Quest’ultimo, secondo diverse agenzie di comunicazione, è uno dei fondatori di Dash Help, un “centro di supporto” implementato in Venezuela per effettuare transazioni utilizzando “dash”, una criptovaluta diversa da Bitcoin.

Rey è anche uno dei fondatori di un programma chiamato Dash Merchant, coinvolto nello scandalo quando il nuovo portale web Dash Watch ha scoperto, tramite un’audizione finanziaria, che l’azienda venezuelana ha fornito documenti inesatti e ingannevoli riguardanti i pagamenti degli stipendi: “All’inizio del 2019, i rapporti finanziari dell’ultimo trimestre del 2018 mostravano i fondi mancanti”.

Il legame di López con Bitcoin risponde anche al suo parentado con Thor Halvorssen Mendoza, presidente della Human Rights Foundation, dove il bitcoiner Alex Gladstein funge da CEO.

D’altra parte, due eventi hanno avuto luogo lo scorso 29 aprile in relazione alle criptovalute:

1# Il procuratore generale Tarek William Saab ha tenuto una conferenza stampa in cui ha aggiornato sui risultati ottenuti dall’indagine sul caso PDVSA-Cripto; nelle confessioni di Samark López appare il nome del dirigente di Voluntad Popular.

2# E, quasi parallelamente, Leopoldo López ha presentato il suo rapporto “Cripto in Venezuela: due facce della stessa moneta”, con il centro studi USA Wilson Center.

In sostanza, il rapporto manca di basi solide e si spinge oltre con attacchi premeditati al Governo venezuelano, un tratto caratteristico del percorso di López. Il documento critica le pratiche di evasione delle sanzioni e, in certa misura, riconosce l’impatto negativo di queste misure sul commercio petrolifero venezuelano: “Dato che le sanzioni occidentali hanno tagliato l’accesso del Venezuela alla vendita di petrolio attraverso istituzioni finanziarie accreditate, il regime ha fatto ricorso alle criptovalute per effettuare transazioni”.

López avverte che c’è un “aspetto diverso” delle criptovalute, ma cade nelle sue contraddizioni. Un esempio di ciò è che sostiene l’imposizione di sanzioni contro il Venezuela mentre segnala l’impatto che queste hanno sull’economia del paese: “Le sanzioni internazionali hanno ostacolato i flussi di rimesse tradizionali. Gli emigrati hanno optato per le criptovalute a causa delle loro basse commissioni di transazione e delle veloci velocità di trasferimento, che contrastano nettamente con i metodi tradizionali influenzati dalle sanzioni”.

Riguardo alla piattaforma “Héroes por la Salud”, un’altra delle grandi truffe di questo personaggio politico, López afferma che per trasferire i presunti fondi utilizzati in quel programma hanno utilizzato il sistema di criptovalute; li hanno anche impiegati nella presunta “assistenza sociale” da lui fornita durante la pandemia.

Infine, fornisce raccomandazioni ai decisori a Washington: inizia con l’insistere sulla continua imposizione di sanzioni. In effetti, chiede che gli operatori venezuelani di criptovalute siano inclusi nella Lista dei Cittadini Soggetti a Sanzioni della Office of Foreign Assets Control USA (OFAC) affinché siano soggetti a sanzioni.

La disperazione di questo individuo si concentra sui suoi stessi benefici a causa delle possibili future regolamentazioni che potrebbero alterare il suo modello di business ed i suoi guadagni, considerando l’approccio cauto degli USA nei confronti della politica delle criptovalute poiché ritengono che attualmente queste monete non offrano benefici economici generalizzati e siano principalmente un investimento speculativo.

In definitiva, per López le criptovalute non funzionano al fine di facilitare le vendite di petrolio venezuelano che generano entrate significative per lo Stato allo scopo di fornire benefici alla popolazione. Al contrario, secondo lui, funzionano per preservare la sua stessa rete di finanziamenti senza controllo verso fondazioni, ONG o cellule politiche estremiste sul suolo venezuelano, entità considerate una componente cruciale della sua più ampia strategia di destabilizzazione contro il Venezuela.


EL NUEVO NEGOCIO DE LEOPOLDO LÓPEZ: ESTAFA CON CRIPTOMONEDAS

 

Después de sus frustrados esfuerzos por perturbar la estabilidad y la paz de Venezuela, Leopoldo López incursiona en el ecosistema de criptomonedas, desde hace algunos años, sin desentenderse de los intentos de quebrantar la paz del país y continuar con la ambición de tomar, por vías irregulares, la renta que genera la industria petrolera venezolana, habiendo participado de la trama corrupta de PDVSA-Cripto.

Se debe recordar que, en junio de 2022, López fue firmante, junto a un grupo de 21 activistas, de una carta al Congreso de los Estados Unidos con la que fijaron posición a favor de la moneda digital Bitcoin ya que “proporciona inclusión financiera y empoderamiento porque es abierto y no requiere permisos”, y añadió que “Bitcoin dio refugio a nuestros compatriotas frente a las crisis monetarias en Cuba, Afganistán y Venezuela”.

Luego, en octubre de ese mismo año, el dirigente opositor intervino en la Conferencia “Bitcoin Ámsterdam”, celebrada en Países Bajos. Allí continuó con su consigna contra el Gobierno Bolivariano, y afirmó con el mismo tenor que “[las criptomonedas] son una posibilidad para la gente que se encuentra amenazada por un régimen de transferir sus fondos para alcanzar la libertad”. Aprovechó la ocasión para confesar que además usó parte de los activos venezolanos secuestrados y robados por Estados Unidos a través de un mecanismo no convencional propio de la banca digital y fuera de los controles tradicionales del sistema financiero, supuestamente destinado a “enfermeras y médicos”. Hasta la fecha, no hay pruebas concretas que validen estas transacciones.

Tal como se mencionó con la conferencia en Ámsterdam, López lleva varios años insistiendo en la promoción de los mecanismos de intercambio digital por medio de Bitcoin, y se está involucrando notoriamente en ese hábitat con diferentes proyectos. A continuación, algunos hechos:

En El Salvador, dos venezolanos lideran el equipo de implementación del Bitcoin y Chivo Wallet, la billetera gubernamental con la que se intercambia criptomonedas, cuya parte operativa y política es gestionada por Sara Hanna, venezolana vinculada a López y a Voluntad Popular; la administración técnica corre a cargo de Lorenzo Rey. Este último, de acuerdo con distintas agencias de comunicación, es uno de los fundadores de Dash Help, un “centro de soporte” que se implementó en Venezuela para hacer transacciones usando “dash”, una criptomoneda distinta al Bitcoin.

Rey también es uno de los fundadores de un programa llamado Dash Merchant, involucrado en el escándalo cuando el flamante portal web Dash Watch descubrió, a través de una auditoría financiera, que la empresa venezolana proporcionó documentos inexactos y engañosos con respecto a los pagos de salarios: “A principios del año 2019, los informes financieros del último trimestre del 2018 mostraban los fondos faltantes”.

La relación de López con Bitcoin también responde a su parentesco con Thor Halvorssen Mendoza, quien es el presidente de Human Rights Foundation, donde el bitcoiner Alex Gladstein funge como CEO.

Por otro lado, dos eventos dieron lugar el pasado 29 de abril en relación a las criptomonedas:

El fiscal general Tarek William Saab dio una rueda de prensa en la que actualizó los hallazgos obtenidos de la investigación del caso PDVSA-Cripto; en las confesiones de Samark López aparece el nombre del dirigente de Voluntad Popular.

Y, casi en paralelo, Leopoldo López presentó su informe “Cripto en Venezuela: dos caras de una moneda”, con el think-tank estadounidense Wilson Center.

En esencia, el informe carece de bases sólidas y se excede en ataques premeditados contra el gobierno de Venezuela, algo característico en la trayectoria de López. El documento critica las prácticas de evasión de sanciones y, en cierta medida, reconoce el impacto negativo de estas medidas sobre el comercio petrolero venezolano: “Dado que las sanciones occidentales cortaron el acceso de Venezuela a vender petróleo a través de instituciones financieras acreditadas, el régimen recurrió a las criptomonedas para realizar transacciones”.

López advierte que existe una “faceta diferente” de las criptomonedas, y se enreda en sus contradicciones. Un ejemplo de estas es que apoya la imposición de sanciones contra Venezuela mientras señala el impacto que ocasionan a la economía del país: “Las sanciones internacionales han obstaculizado los flujos de remesas tradicionales. Los expatriados han optado por las criptomonedas debido a sus bajas tarifas de transacción y rápidas velocidades de transferencia que contrastan marcadamente con los métodos tradicionales afectados por las sanciones”.

En referencia a la plataforma “Héroes por la Salud”, otra de las grandes estafas de este factor político, López dice que para transferir los supuestos fondos que se emplearon en ese programa usaron el sistema de criptomonedas; también las emplearon en la supuesta “ayuda social” que él brindó durante la pandemia.

Finalmente, expone recomendaciones a los decisores en Washington: empieza por insistir en la continua imposición de sanciones. De hecho, pide que los operadores venezolanos de criptomonedas sean incluidos en Lista de Nacionales Especialmente Designados de la Oficina de Control de Activos Extranjeros de Estados Unidos (OFAC, por sus siglas en inglés) para que sean sujeto de sanciones.

El desespero de este sujeto se centra en sus propios beneficios debido a las posibles regulaciones futuras que podrían alterar su modelo de negocio y sus ganancias, dado el enfoque cauteloso que ha adoptado Estados Unidos respecto a la política de criptomonedas ya que consideran que esas monedas actualmente no ofrecen beneficios económicos generalizados y son principalmente una inversión especulativa.

En definitiva, para López las criptomonedas no funcionan con vistas a facilitar las ventas de petróleo venezolano que generan ingresos importantes al Estado a los fines de brindar beneficios para la población. En cambio, sí funcionan, según él, para preservar su propia red de financiamiento sin control a las fundaciones, ONG o células políticas extremistas en suelo venezolano, entidades consideradas un componente crucial de su estrategia de desestabilización más amplia contra Venezuela.

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