Nicaragua: sommossa, violenze e incendi. Per le pensioni?

Coriolanis  http://selvasorg.blogspot.it

In un primo momento sembrava che la ragione delle proteste fosse il decreto con cui il governo modificava il sistema delle pensioni, che in Nicaragua rimane fissato all’età di 60 anni. Confermava il periodo lavorativo necessario per il pensionamento in 15 anni o 750 settimane di contributi versati.


Era prevista una progressiva modificazione rispetto all’attuale, in cui l’apporto delle imprese aumentava dal 19% al 22,5%, mentre i salariati passavano a versare il 7% al posto dell’attuale 6,25%, ovvero +0,75%.

Questa è la sostanza, spoglia di retorica, che giustifica una protesta popolare, soprattutto quando il sistema mediatico tergiversa ed occulta la ragione reale del contendere.

La stranezza, però, si acutizza quando immediatamente compaiono manifestanti con il volto coperto, casco, molotov, in tutti i centri urbani più importanti. Si separano dai manifestanti e improvvisano barricate aleatorie, attaccano o incendiano edifici pubblici e tutto quel che è struttura della sfera pubblica.

Al lato di chi protesta perché dovrà pagare più contributi (0,75%) stride fortemente l’azione minoratoria di drappelli violenti che stimolano il saccheggio di negozi o piccole attività commerciali. C’è un contrasto abissale tra chi, seppure scontento, è consapevole che quello nicaraguense è uno dei migliori sistemi previdenziali del Centroamerica. Chiedere ai guatemaltechi, agli honduregni o salvadoregni, e ricordare che nell’ultimo triennio la crescita dell’economia nel paese di Sandino si è attestata sul 5%.

I manipoli violenti ricordano troppo quei guarimberos del Venezuela che l’anno scorso, durante un intero semestre, praticarono la violenza sino al limite di nuclei paramilitarI che agivano come sciami di api impazzite. Troppo simili nel look e nella tecnica d’azione, che in Nicaragua è passata dalla protesta sindacale, al saccheggio, fino all’omicidio di un giornalisti. Tutto in pochi giorni, con una rapidità sospetta. Quelli che pensano che è il solito grido allarmista di “al lupo-al lupo!”, sono gli amici del lupo.

Oggi, dopo quattro giorni, a decreto già derogato, nessuno parla più di pensioni, ma i gruppi estremisti vogliono continuare fino all’abbattimento del “tiranno Ortega”. Un dettaglio: eletto da più del 64% degli elettori. E il nucleo duro degli scontri appare chiaramente essere l’organizzazione padronale del COSEP e i micro partiti dell’estrema destra come MRS, rimasti al di sotto del 5% dei voti. Così lo indicano le loro dichiarazioni pubbliche, divenute apertamente eversive e -come tali- prontamente rilanciate dal Dipartimento di Stato, alla regia del concerto bigdata e reti sociali.

Hanno saputo approfittare della legittimità di una protesta, usandola come un guscio etico, da cui scatenare fatti drammatici, in un “crescendo” poco convincente, vista la simultaneità e l’estensione territoriale raggiunta. Questo non assolve il governo di Managua, mostratosi ignaro e totalmente sorpreso. E la sua politica dovrà essere discussa, però dai nicaraguensi. Non dalle interferenze di ONG sovvenzionate da Stati o multinazionali, nè dalle ambasciate. Il gruppo dirigente appare come chi cade in un’imboscata ben organizzata, preparata con cura e da tempo.

Il quadro regionale indica che è in atto un regolamento di conti, in cui le elites storiche sono passate all’offensiva, e gli Stati Uniti ribadiscono con forza che “questo continente è mio”! Dal Brasile, a Honduras (ma anche in Ecuador), la mano esterna è visibile in questa vera e propria destabilizzazione o nei nuovi golpe mascherati, portati avanti dalle oligarchie, media e poteri esterni. Davvero singolare, inoltre, il “No al Canale” interoceanico,  finanziato dalla Cina, una gigantesca e strategica opera da concludere prima del 2030. Su questo, gli Stati Uniti sono intransigenti: non ci deve essere nessuna alternativa al Canale di Panama, o a qualsiasi cosa che diminuisca il controllo totale del traffico marittimo tra l’oriente e l’area caraibica-sudamericana.

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