Hugo-Martí : un incontro tra Cuba e la Francia

f0010741Si è parlato molto delle scene nordamericane scritte da José Martí come di una delle mostre migliori della letteratura di questo intellettuale illustre di tutti i tempi, anima cubana ed essenza stessa di questa terra dei Caraibi.

Risaltano le varietà dei temi, l’aver impresso una tessitura, odore, sapore alle parole usate, potendo raccontare con precisione degli avvenimenti che accadevano a migliaia di chilometri, e provocando nel lettore la sensazione d’essere stato testimone.

Belle, commoventi inquietanti sono le immagini che riceviamo, grazie a lui, dagli Stati Uniti della seconda metà del XIIX secolo, ma non sono le uniche.

Le scene europee ugualmente mostrano la brillante penna dell’Eroe Nazionale di Cuba e riflettono fedelmente gli avvenimenti più rilevanti di questa zona geografica, dove Spagna e Francia sono posti di privilegio, e lui è stato lì e conosce la lingua francese.

Da lontano Martì segue la vita in Francia e la scopre per i lettori in un modo “che fa cattedra della notizia”, laboratorio del fatto. Il suo lavoro raccoglie non solo l’aspetto della vita politica come la costituzione della nuova Camera, le relazioni con l’Italia, temi nei quali approfondisce e offre analisi che incoraggiano e aiutano a comprendere l’universo dell’epoca, e soprattutto le relazioni d’espansione e resistenza a questa che iniziano già. Lui tocca anche altri argomenti come quelli scientifici, senza tralasciare il fascino della vita culturale parigina espressa nella ricchezza teatrale, nella sua letteratura, nelle personalità.

In senso generale in queste scene l’Apostolo mostra la sua ammirazione per i francesi e per la loro cultura, al di là delle arti, perchè per lui il lavoro umano non aveva una miglior tenda, nè la scienza aveva mai occupato un laboratorio, nè le lettere un più assiduo devoto di Parigi.

Dalla mano di Martì assistiamo alla resa di un gruppo di bonapartisti, alla rivolte a Tunisi, alla caduta di un governo. Dalla sua mano viaggiamo nel dolore della catastrofe e delle febbri alle deliziose pazzie dei teatri. Scopriamo l’incanto di Sarah Bernhardt e viviamo l’80º compleanno di Víctor Hugo.

Martí descrive in un modo tale le celebrazioni per l’anniversario del poeta francese che è come se ci trasportasse verso le strade di Parigi, con i loro colori, con il chiasso degli evviva, come se fossimo stati presenti alla festa degli artisti, nel movimento nei teatri. È che nelle sue lettere si traduce l’allegria che sente la gente e riempie il suo cuore perchè anche per lui il 25 febbraio è un bel giorno.

Dalla mano di Martí conosciamo Victor Hugo e apprendiamo ad amarlo come un buon amico e a rispettarlo come un padre.

L’INCONTRO

A 21 anni e con il dolore di Cuba in mezzo al petto, giunse José Martí in Francia. Così presto quel giovane aveva conosciuto i rigori della prigione e aveva forgiato il suo spirito nella fragua del sacrificio per diventare uno di quegli esseri umani che abbracciano la luce, la stella accecante che illumina e uccide e sono capaci di dare tutto, di abbandonare tutti gli amori, le comodità del mondo, per un amore più grande alla Patria, amore per gli altri uomini, perchè questo è anche la difesa del bene e della giustizia.

Aveva appena terminato i suoi studi nell’università di Zaragoza e aspettava con ansia di potersi riunire con la sua famiglia, cosa che avvenne più tardi in Messico. Fu allora che Parigi gli aperse le porte, e apprezzò i musei, i teatri, i monumenti, i giardini e i boulevards, ma nessun avvicinamento alla Francia sarebbe stato completo senza conoscere Vctor Hugo, lo scrittore, l’umanista, il difensore degli oppressi, l’uomo che in se stesso incarnava lo spirito francese che il futuro Apostolo dell’indipendenza cubana tanto ammirava.

L’età li separa, ma non le circostanze della vita. I due si sono dibattuti nel conflitto famiglia e Patria, i due hanno vissuto l’esilio, i due amano la poesia, le arti e chissà per queste somiglianze crescono in Martí il rispetto e l’affetto compresi nella convinzione che Hugo è un uomo che ha abbracciato le sue cause per la libertà e la giustizia e tra quelle la lotta dei cubani per la loro indipendenza.

Il giovane Martí lo sa.

E la sua venerazione proviene anche da questa conoscenza.

In vari momenti l’autore dei Miserabili parlò a favore del diritto dei cubani di decidere il loro destino.

Poco dopo l’inizio della Guerra dei Dieci Anni le cubane che vivevano a New York avevano fondato la Lega delle Figlie di Cuba e gli scrivevano per dargli dettagli della guerra contro la metropoli spagnola. A loro rispose nel 1870 : “Donne di Cuba ascolto le vostre proteste e parlerò di Cuba. Nessuna nazione ha il diritto di mettere il suo artiglio su un’altra. Un popolo tiranneggiando un altro popolo, una razza succhiando la vita di un’altra razza. È la suzione mostruosa del polpo questo assorbimento spaventoso, è uno dei piu terribili del XIX secolo. Donne di Cuba, non dubitate: la vostra Patria perseverante riceverà il premio del suo sforzo. Tanto sangue non sarà stato versato invano e la magnifica CUba si ergerà un giorno libera e sovrana tra le sue auguste sorelle, le repubbliche d’America”.

Forse pensava a tutto questo Martí, quando finalmente gli si presentò l’opportunità di conoscere il grande uomo.

Il poeta Auguste Vacquerie facilitò l’incontro. Il cubano aveva tradotto alcuni dei suoi versi, per cui non va escluso che forse i suoi elogi del giovane accentuati dalla sua simpatia naturale, avrebbero terminato per convincere Hugo a dargli la sua opera Mes fils, dedicata ai suoi figli morti, Charles e François Víctor, perche realizzasse la traduzione anche se non si trattava di un professionista sperimentato.

Nelle parole che introducono la traduzione di Mes fils, Martí esprime le ragioni letterarie e umane per cui Victor Hugo lo conquista e segnala l’universalità dell’ opera dell’autore, scoprendo in questa un’intelligenza che va al di là delle lingue.

Martí traduce Víctor Hugo dall’anima, come se leggendo la sua letteratura stesse leggendo nel suo stesso cuore.

Non si videro mai più dopo l’incontro del quale nacque la traduzione di questo libro il patriota cubano e il patriarca francese, ma senza dubbio, una e un’altra volta incontriamo il poeta tra le pagine dell’Apostolo, come una presenza vitale, come una guida.

Martí lo considerava uno degli uomini più grandi del XIX secole e lo paragonava al combattente per la libertà Giuseppe Garibaldi.

Quando si guarderà indietro dall’avvenire, si vedranno nella cuspide di questo secolo grandioso come un cavaliere canuto, con un’alta fronte, lo sguardo acceso e la barba irsuta, vestito di volgari panni neri. Victor Hugo e un cavaliere splendente con un cavallo bianco e la spada ffiammeggiante: Garibaldi”.

Probabilmente questa è la ragione per cui alcuni investigatori sostengono che l’elogio più apprezzato da Martí fu quello dello scrittore argentino Domingo Faustino Sarmiento, che dalla cupola della sua fama raccomandava a Paul Groussac di tradurre Martí al francese, con queste ragioni: “In spagnolo non c’è nulla che somigli all’uscita di bramiti di José Martí, e dopo Víctor Hugo niente presenta la Francia con questa risonanza di metallo”.

Senza dubbio non fu solo il genio letterario di Victor Hugo che svegliò in José Martí una così grande ammirazione,fu soprattutto il suo profondo umanesimo e la generosità espressi in azioni come la donazione di denaro ai poveri di Parigi – 10.000 franchi- fatto a cui allude in uno dei suoi lavori per La Opinión Nacional.

Per Martí la lettura dell’opera di Hugo è liberatrice del pensiero e dell’arte incanalata nelle lotte dell’uomo, come tale imprescindibile per i popoli d’America che hanno consultato la libertà, ma non hanno ancora una letteratura propria.

Non va dimenticato allora che lui parla di Victor Hugo ai bambini del continente attraverso la “Età d’Oro”, ossia di una personalità scelta, da presentare in “Musicisti, poeti e pittori”.

Ma non è solo nella sua condizione di poeta che l’autore di “Los castigos” si trasforma in un riferimento, ma essenzialmente per le sue qualità come essere umano che si rivelano nella sua opera, nelle sue azioni.

L’Apostolo colloca Hugo nel luogo del modello ideale, del poeta che compie la missione alla quale lo impegna il suo talento e l’impegno di migliorare il mondo.

Questo è il punto principale dell’approssimazione delle poetiche di Martí e di Hugo: il concetto comune del poeta come anticipatore del futuro, come uomo impegnato eticamente con l’umanità.

È così che la lira fatta di robusti tronchi e corde d’oro, le aquile e le colombe, la forza d’immaginazione che dà alla vita cose colossali, i romanzi con i quali vendicò la libertà assassinata, trasformano Victor Hugo nell’ uomo poetico dell’epoca in cui gli toccò vivere, in un padre.

Víctor Hugo è stato lo specchio nel quale si è specchiato Martí per vedere se stesso? Sì, incarnò lo spirito del suo tempo e non c’era per il più universale dei cubani un modo migliore di servire gli altri. No in quanto lui non aspirò mai di vedersi come una rinnovatore della lingua e come il più grande esponente di un movimento letterario, anche se successivamente la sua genialità gli accattivò un qualificativo somigliante.

Martí, essenza stessa dell’anima cubana beve l’universalità di Hugo dalla sua forza immaginativa e dalla parola rinnovatrice, dove il poeta romantico è un riferimento obbligatorio.

Così si vincolano il più genuino di Cuba e uno dei patriarchi francesi, così restano gemellate Cuba e la Francia in un incontro che ha superato il 1874 ed è divenuto eterno nelle parole di un Martí che è divenuto immortale come il suo maestro.

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