Bolivia: cultura e rivoluzione

Fernando Buen Abad – http://www.cubadebate.cu/opinion

Nel sempre difficile compito di comprendere il concetto di cultura, per non soccombere al riduzionismo che sempre lo affliggono, a non fondersi tra nozioni flaccide né redditizie ambiguità, bisogna aggiungere la molto particolare e storica battaglia dello Stato Plurinazionale della Bolivia per rendere visibile la sua lotta culturale negli epicentri della dignità, dell’integrazione, della diversità e dei diritti fondamentali. Qualcuno non se ne è accorto?

In alcuni anni la rivoluzione culturale della Bolivia avanzò come non era avanzata nei secoli. Ha posto davanti agli occhi del mondo ciò che sembra impossibile con il consolidamento di uno Stato Plurinazionale che, con tutti i suoi problemi e compiti in sospeso, è riuscito a gettare le basi di un immaginario impensabile in paesi dove regna a suo agio l’ intolleranza e l’esclusione con tutti i mezzi. In alcuni anni la Bolivia ha rotto l’idiosincrasia borghese e ha dimostrato che quando un popolo si decide può amministrarsi per l’emancipazione. La Bolivia ha dimostrato a tempo di record che è possibile dar forza all’unità con base sulla diversità e sull’inclusione. E ciò implica una grande rivoluzione culturale che a livello planetario segna successi, definisce percorsi e fissa punti di non ritorno.

Direttamente ed indirettamente, il governo del presidente Evo Morales ha sviluppato paradigmi che, come vengono presentati, sono grandi trasformazioni nelle teste e nelle testoline dei nostri e degli estranei. Ciò è percorso nell’abbigliamento del presidente, il suo modo di parlare, la sintassi ufficiale dei suoi discorsi e certamente la gestualità che esprime differenze di ogni tipo, soprattutto se lo si confronta con i rituali avvizziti della diplomazia professionale basata, proverbialmente, nelle ipocrisie commerciali. Evo ha assunto il compito di rendere visibile il suo popolo rendendosi visibile lui stesso, con i suoi processi e trasformazioni personali incluse, anche se non gli piace.

Evo saluta fraternamente, sorride con sincerità, abbraccia con rispetto e spiega senza l’arroganza dei saggi. Ciò costruisce un campo di disputa simbolica che, agli occhi dei popoli, è sempre vittorioso perché è l’espressione di un essere umano profondamente interessato all’umano. E lo si nota. Contro la cultura borghese della rigidità cerimoniale, contro l’odore burocratico mascherato da profumi e abiti costosissimi. Contro la semiotica del potere e la demagogia di non poche convenzioni, dichiarazioni e protocolli internazionali, il presidente Evo Morales esercita il potente argomento dell’amicizia tra i popoli, la loro fraterna solidarietà e l’urgenza di una grande rivoluzione economica, comunicativa e culturale … inclusiva, dignitosa e permanente.

Ciò ha convertito Evo in un leader mondiale che è stato accolto nella base di tutti i popoli. Rispettato. Uno di quei leader che sono molto simili ai popoli. Uno di quei pochi riferimenti politici di cui non si hanno dubbi, da cui solo ci si aspetta una ferma lotta e gentilezza da fratello. Uno di quei militanti della rivoluzione che ispira ed incoraggia la gioventù oltre alle apparenze perché spinge nei giovani la necessità di comprendere le chiavi profonde della prassi rivoluzionaria quotidiana. Ed Evo è così, non per opera di consulenti d’immagine né per operazione di spettacolo o di marketing, è così perché così è il suo popolo. Basta percorrere le strade della Bolivia plurinazionale e vedere i volti sempre amabili e sempre amicali di quel popolo che ha dato vita a Evo. Nacque in Bolivia una cultura della dignità che percorre le strade e va lottando tutti i giorni non solo contro una storia di emarginazione, saccheggio e sfruttamento, ma anche per una storia di disprezzo, razzismo, xenofobia e schiavitù. E anche tutto insieme.

Ed è una rivoluzione culturale perché ha permesso a molti di vedere la Bolivia con rispetto, di vederla come un baluardo di dignità e come fonte di amicizia a tutta prova. Ecco perché Evo non manca ad uno solo degli scenari cruciali per la Patria Grande. Per le celebrazioni o per i dolori. Evo incarna tale Bolivia che ha accompagnato Chávez fino alla sua ultima dimora; Evo rende visibile la Bolivia più profonda che celebra con i suoi fratelli tutti il ​​vero trionfo in politica come nelle scienze, le arti o gli sport. La Bolivia che 12 anni fa solo serviva per esemplificare episodi di desolazione, fame, saccheggio e umiliazione senza limiti, è ora protagonista centrale che apporta la sua parola guida e degna nei momenti chiave per le lotte dei popoli. E non c’è limite alla sua voce libera, lo stesso nei forum internazionali come nelle piazze e nelle marce pubbliche. Dodici anni dopo, la Bolivia è uno dei più forti bastioni della lotta per la vera indipendenza della Patria Grande. In tempo record.

Volteggiano gli avvoltoi ed i criminali. La Bolivia non è al sicuro. Abbiamo già visto come si testano e si accaniscono le perversioni imperiali che, con l’aiuto di alcuni dall’interno, cercano di annientare i migliaia di trionfi della rivoluzione boliviana. Arrivano tempi difficili ma questa volta si hanno forze migliori. Quella Bolivia che si 12 anni fa si erse oggi deve continuare la sua carriera meteorica nel consolidamento della sua sovranità e della sua rivoluzione che è anche nostra. Bisogna imparare a far attenzione a tutti i nemici che, dentro e fuori, accumulano offensive di ogni tipo e con ogni mezzo. Dobbiamo prenderci cura di Evo, tra tutti noi, perché da tempo ha smesso di essere solo il leader della nuova e rinata Bolivia. E’ da un pò che Evo è leader mondiale e leader continentale e questo ci obbliga a difenderlo e sostenerlo. Siamo dove siamo. Non per culto della personalità, non per riduzionismo né per fanatismo, dobbiamo difendere l’Evo che ha dato vita ad un popolo in rivoluzione e di conseguenza dobbiamo difendere la rivoluzione e a tutti i nuovi Evo che, in soli 12 anni, hanno proliferato in Bolivia per la gioia della Patria Grande e per la tranquillità della specie umana. Con soli 12 anni, questa fase della rivoluzione boliviana è una rivoluzione culturale che deve conoscersi in tutto il mondo, che deve rendersi visibile per quanto più la nascondano l’insultino e la deturpino i campioni dell’oblio e della sconfitta. Quella rivoluzione culturale che ha dato nuova identità alla Bolivia l’ha data anche a tutti noi. Te ne sei accorto?

(Tratto da La Jornada)


Bolivia: cultura y revolución

Por: Fernando Buen Abad

A la siempre ardua tarea de entender el concepto cultura, de no sucumbir a los reduccionismos que siempre lo acosan, a no derretirse entre nociones flácidas ni ambigüedades rentables, hay que añadir la muy particular e histórica batalla del Estado Plurinacional de Bolivia por hacer visible su lucha cultural en los epicentros de la dignidad, la integración, la diversidad y los derechos fundamentales. ¿Alguien no se ha enterado?

En unos cuantos años la revolución cultural de Bolivia avanzó lo que no se avanzó en siglos. Ha puesto ante los ojos del mundo lo que parece imposible con la consolidación de un Estado Plurinacional que, con todos sus problemas y tareas pendientes, ha conseguido sentar las bases de un imaginario impensable en países donde reina a sus anchas la intolerancia y la exclusión por todos los medios. En unos cuantos años Bolivia ha quebrado la idiosincrasia burguesa y ha demostrado que cuando un pueblo se decide puede administrarse para la emancipación. Bolivia ha demostrado en tiempo récord que es posible dar fuerza a la unidad con base en la diversidad y en la inclusión. Y eso implica una gran revolución cultural que a nivel planetario marca logros, define rutas y fija puntos de no retorno.

De manera directa e indirecta, el gobierno del presidente Evo Morales ha desarrollado paradigmas que, según se presenten, son grandes transformaciones en las cabezas y las cabecitas de propios y extraños. Eso recorre la vestimenta del presidente, su manera de hablar, la sintaxis oficial de sus alocuciones y desde luego la gestualidad que expresa diferencias de todo tipo, especialmente si se lo compara con los rituales acartonados de la diplomacia profesional basada proverbialmente en hipocresías comerciales. Evo se ha puesto a hombros la tarea de hacer visible a su pueblo haciéndose visible él mismo, con sus procesos y transformaciones personales incluidos, aunque no le guste.

Evo saluda fraternalmente, sonríe con sinceridad, abraza con respeto y explica sin altanería de sabiondos. Eso construye un campo de disputa simbólico que, ante los ojos de los pueblos, resulta siempre victorioso porque es la expresión de un ser humano interesado hondamente por lo humano. Y se le nota. Contra la cultura burguesa del acartonamiento ceremonial, contra el tufo burocrático disimulado con perfumes y trajes costosísimos. Contra la semiótica del poder y la demagogia de no pocas convenciones, declaraciones y protocolos internacionales, el presidente Evo Morales esgrime el argumento poderoso de la amistad entre los pueblos, su solidaridad fraterna y la necesidad urgente de una gran revolución económica, comunicacional y cultural… inclusiva, dignificante y permanente.

Eso ha convertido a Evo en un líder mundial que es abrazado en las bases de todos los pueblos. Respetado. Uno de esos líderes que se parecen mucho a los pueblos. Uno de esos pocos referentes políticos de los que no se tienen dudas, de los que sólo se espera lucha firme y bondad de hermano. Uno de esos militantes de la revolución que inspira y anima a la juventud más allá de las apariencias porque mueve en los jóvenes la necesidad de entender las claves hondas para la praxis revolucionaria diaria. Y Evo es así no por obra de asesores de imagen ni por operaciones de farándula o mercadotecnia, es así porque así es su pueblo. Basta recorrer las calles de la Bolivia plurinacional y ver los rostros siempre amables y siempre amigos de ese pueblo que parió a Evo. Nació en Bolivia una cultura de la dignidad que recorre las calles y va luchando diariamente no sólo contra una historia de marginación, saqueo y explotación sino también por una historia de desprecio, racismo, xenofobia y esclavismo. Y todo junto también.

Y es una revolución cultural porque ha permitido a muchos ver a Bolivia con respeto, verla como bastión de dignidad y como fuente de amistad a toda prueba. Por eso Evo no falta a uno solo de los escenarios cruciales para la Patria Grande. Por los festejos o por los dolores. Evo encarna esa Bolivia que acompañó a Chávez hasta su última morada; Evo hace visible a la Bolivia más honda que celebra con sus pueblos hermanos todo triunfo verdadero en la política como las ciencias, las artes o los deportes. La Bolivia que hace 12 años sólo servía para ejemplificar episodios de desolación, hambrunas, despojos y humillación sin límite, es hoy protagonista central que aporta su palabra orientadora y digna en los momentos claves para las luchas de los pueblos. Y no hay límite para su voz libre, lo mismo en los foros internacionales que en las plazas y en las marchas públicas. Doce años después Bolivia es uno de los bastiones más sólidos de la lucha por la independencia verdadera de la Patria Grande. En tiempo récord.

Rondan los buitres y los criminales. Bolivia no está a salvo. Ya hemos visto cómo se ensayan y se ensañan las perversiones imperiales que, con ayuda de algunos desde dentro, intentan aniquilar los miles de triunfos de la revolución boliviana. Vienen tiempos difíciles pero esta vez se tienen fuerzas mejores. Esa Bolivia que hace 12 años se puso en pie hoy debe continuar su carrera meteórica en la consolidación de su soberanía y su revolución nuestra. Hay que saber cuidarse de todos los enemigos que, dentro y fuera, amasan ofensivas de todo tipo y por todos los medios. Hay que cuidar a Evo, entre todos, porque hace rato que dejó de ser sólo el líder de la Bolivia nueva y renacida. Hace rato que Evo es líder mundial y líder continental y eso nos obliga a defenderlo y apoyarlo. Estemos donde estemos. No por culto a la personalidad, no por reduccionismo ni por fanatismo, hay que defender al Evo que parió un pueblo en revolución y por tanto hay que defender a la revolución y a todos los Evo nuevos que, en tan sólo 12 años, han proliferado en Bolivia para alegría de la Patria Grande y para tranquilidad de la especie humana. Con sólo 12 años, esta etapa de la revolución boliviana es una revolución cultural que debe conocerse en todo el mundo, que debe hacerse visible por más que la escondan, la insulten y la desfiguren los adalides de la desmemoria y la derrota. Esa revolución cultural que ha dado nueva identidad Bolivia también nos la ha dado a todos nosotros. ¿Te enteraste?

(Tomado de La Jornada)

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