Venezuela: postergazione delle elezioni presidenziali

 la MUD sigilla la sua morte politica

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Su mandato del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) le elezioni presidenziali in Venezuela furono postergate al 20 maggio del presente anno

Caratteristiche della convocazione elettorale

L’elezione dei consigli legislativi statali e municipali, secondo l’ente elettorale, si terranno nella stessa data della scelta della principale magistratura dello Stato venezuelana.

Un processo ampio che coinvolge la rinnovazione di oltre 2400 cariche pubbliche del potere esecutivo a livello nazionale, che prevede la partecipazione del 98% delle organizzazioni con fini politici in Venezuela. Un totale di 14 partiti, su 18 regolarmente registrati, hanno manifestato l’intenzione di proporre candidati per i diversi incarichi di elezione popolare.

La decisione è stata presa in mezzo alla firma di un “Accordo di garanzie elettorali” tra il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) ed i partiti di opposizione Avanzata Progressista (AP), MAS e COPEI, che ieri hanno formalizzato l’iscrizione dell’ex governatore di Lara Henri Falcón.

L’accordo suppone riaffermare l’apertura del Registro Elettorale all’estero, accordare una missione di osservazione elettorale con le Nazioni Unite (ONU), tra le altre condizioni del processo stesso, come il sorteggio dei membri del consiglio ed il coordinamento con gli effettivi del Piano Repubblica.

Firma dell’accordo finale nella Repubblica Dominicana avviene a Caracas

Queste condizioni richieste da partiti dell’opposizione, vale notare, erano già contenute nell’accordo finale della Repubblica Dominicana, che la coalizione di opposizione, rappresentata da Julio Borges, ha rifiutato di firmare per pressioni esterne dell’ Amministrazione Trump, che giorni prima aveva mandato il suo segretario di Stato, Rex Tillerson, in tour in America Latina per coordinare, con i paesi del Gruppo di Lima, il non riconoscimento dei risultati elettorali in Venezuela.

In termini politici, questo accordo non rappresenta in alcun modo, al di là del rinvio delle elezioni presidenziali e la somma delle elezioni per i consigli municipali e legislative, né un accordo diverso da quello della Repubblica Dominicana né una torsione del braccio governativo da parte di partiti oppositori

La posizione iniziale, da parte del Governo bolivariano, negli inizi del dialogo nella Repubblica Dominicana per lavorare al consolidamento congiunto delle garanzie elettorali continua ed ora con la firma l’effetto immediato è la ri-legittimazione di un forum di dialogo sostenuto da attori internazionali.

Quello che è successo è che il vuoto lasciato da Julio Borges e dalla Mesa de la Unidad Democrática (MUD), al non firmare l’accordo finale, è stato preso da settori periferici della coalizione anti-chavista, che negli ultimi anni hanno fortemente criticato il sequestro del marchio di “Unità” dai partiti come Primero Justicia (PJ), Acción Democrática (AD), Voluntad Popular (AD) e in misura minore Un Nuevo Tiempo (UNT).

Il partito AP di Henri Falcón è stato enfatico nel criticare l’agenda di violenza e caos guidata da fattori estremisti della MUD. A suo avviso, queste azioni hanno contribuito all’erosione della base dell’opposizione e all’impossibilità di un cambio di governo.

Una crisi esistenziale nell’anti-chavismo

Il lancio della candidatura di Henri Falcón ha scatenato una forte campagna contro di lui da PJ, AD, VP, che avevano deciso subordinarsi, appropriandosi del marchio MUD, agli ordini USA e del Gruppo di Lima di non partecipare alle elezioni per presunte mancanze di garanzie elettorali.

Dietro questa decisione dei conduttori del fronte internazionale contro il Venezuela c’è l’obiettivo politico di generare le condizioni di delegittimazione necessarie per applicare un embargo petrolifero e intensificare il blocco finanziario.

“È molto difficile che ci espellano da qualcosa che da tempo ha cessato di esistere”, ha detto Luis Romero, segretario generale dell’AP sulla MUD.

La costituzione di un fronte astensionista era presente anche nelle ultime elezioni comunali, in cui proprio il partito AP e le altre formazioni che hanno lanciato la candidatura di Falcon, hanno optato per non rispettare l’ordine del Gruppo di Lima e degli USA per misurarsi e cercare di capitalizzare il vuoto lasciato da grandi partiti come PJ, VP e AD.

Questa azione ha generato una profonda crepa che oggi spiega che la decisione di Falcon stia generando massicce reazioni di odio nei social network.

Il conflitto interno dell’opposizione, tuttavia, sembrerebbe avere tratti esistenziali. PJ e VP non esistono più come partiti formali, poiché sono rimasti fuori dalla legalità dopo non aver adempiuto ai requisiti richiesti dal CNE per le strutture che si erano isolate dal precedente processo elettorale.

La deriva della leadership di VP e PJ rispetto alle azioni violente che caotizzarono il Venezuela, a metà del 2017, e il loro ruolo di gestori nelle sanzioni finanziarie applicate contro il paese, hanno avuto un impatto negativo sulla lora credibilità interna.

Al momento, non possono candidarsi per cariche e non godono di spazi politici importanti a livello nazionale, regionale e locale, ad eccezione dei deputati che siedono in un’Assemblea Nazionale in una situazione (ancora) di ribellione. Un contesto in cui il suo unico capitale politico dipende dal continuare ad essere i gestori delle pressioni diplomatiche e finanziarie coordinate dagli USA; mentre tutta l’opposizione deve sostenere i costi di questi attacchi.

Opportunità e paradossi

Di fronte a questo scenario, i partiti periferici dell’antichavismo non solo vedono un’opportunità di convertirsi nella reale leadership dell’opposizione, ottenendo posizioni di potere nel quadro di una riconfigurazione della mappa politica nazionale, ma anche un modo per proteggersi dai costi politici che porterebbero con sé nuove sanzioni finanziarie contro il Venezuela.

Su questo il segretario generale dell’AP ha detto: “Ci sono settori nazionali ed internazionali molto potenti che esercitano pressioni a favore dell’astensione nelle future elezioni presidenziali”.

Al non lanciarsi, ad Henri Falcon l’attendeva una molto probabile morte politica, visto che ha perso la sua roccaforte di Lara contro i chavismo, il 15 ottobre 2017. Lo stesso vale per Julio Borges e Maria Corina Machado o i resti di VP, che anche con proprie sfumature, dipendono da un maggiore assedio finanziario e politico contro il paese per mantenere a galla la loro leadership.

Ciò che è in gioco è chi prende per sé la leadership totale dell’opposizione venezuelana e, di conseguenza, chi raccoglie, in ultima istanza, i finanziamenti dagli USA. Una crisi esistenziale che promette di diffondersi.

In primo luogo, con la decisione di Falcon, USA, Gruppo di Lima e altre istanze che fanno pressioni contro il Venezuela, come l’OSA, rimangono parzialmente spiazzate dopo le loro “richieste” di “migliori condizioni elettorali” (compresa la data delle elezioni) solo pochi giorni fa. Dove rimane il sostegno del Dipartimento di Stato, per la MUD, dopo aver deciso di appellare al boicottaggio delle elezioni?

Il punto che genera maggior rottura in tutti i livelli della vita politica dell’opposizione è che la convocazione di queste elezioni risiede nel Assemblea Nazionale Costituente (ANC), argomento usato dalle grida del fronte esterno per cercare di delegittimare le elezioni.

Henri Falcón ha cercato, falsamente, di dimostrare che le condizioni elettorali concordate sono state il prodotto della sua pressione, quando in realtà avevano i loro antecedenti nella Repubblica Dominicana. Tuttavia, in nessun momento ha criticato che la convocazione sia avvenuta attraverso l’ANC, rompendo inizialmente il minimo consenso di pressione degli USA e di suoi logori affiliati locali.


Postergación de las presidenciales: la MUD sella su muerte política

Por mandato del Consejo Nacional Electoral (CNE) las elecciones presidenciales en Venezuela fueron postergadas para el 20 de mayo del presente año.

Características de la convocatoria electoral

La elección de consejos legislativos estadales y municipales, según el ente comicial, se llevarán a cabo en la misma fecha de escogencia de la principal magistratura del Estado venezolano.

Un proceso amplio que supone la renovación de más de 2 mil 400 cargos públicos del poder ejecutivo a nivel nacional, el cual incluye la participación de 98% de las organizaciones con fines políticos en Venezuela. Un total de 14 partidos de 18 debidamente registrados han mostrado su intención de postular candidatos para los distintos cargos de elección popular.

La decisión fue tomada en medio de la firma de un “Acuerdo de garantías electorales” entre el Partido Socialista Unido de Venezuela (PSUV) y los partidos opositores Avanzada Progresista (AP), MAS y Copei, quienes el día de ayer formalizaron la inscripción del ex gobernador de Lara Henri Falcón.

El acuerdo supone reafirmar la apertura del Registro Electoral en el extranjero, acordar una misión de observación electoral con la Organización de Naciones Unidas (ONU), entre otras condiciones sobre el proceso en sí, como el sorteo de los miembros de mesa y la coordinación con los efectivos del Plan República.

Firma del acuerdo final en República Dominicana se da en Caracas

Estas condiciones exigidas por factores opositores, vale destacar, ya se encontraban consignadas en el acuerdo final de República Dominicana, el cual la coalición opositora representada por Julio Borges se negó a firmar por presiones externas de la Administración Trump, quien días antes había enviado a su secretario de Estado, Rex Tillerson, de gira por Latinoamérica para coordinar con los países del Grupo de Lima el no reconocimiento de los resultados electorales en Venezuela.

En términos políticos, este acuerdo no representa de ninguna forma, más allá de la postergación de las elecciones presidenciales y la suma de las elecciones a concejos legislativos y municipales, ni un acuerdo distinto al de República Dominicana ni una torcedura del brazo gubernamental por parte de factores opositores.

La postura inicial por parte del Gobierno Bolivariano en los inicios del diálogo en República Dominicana para trabajar en la consolidación conjunta de garantías electorales se mantiene, y ahora con la firma el efecto inmediato es la relegitimación de una instancia de diálogo respaldada por actores internacionales.

Lo que ha ocurrido es que el vacío dejado por Julio Borges y la Mesa de la Unidad Democrática (MUD), por no firmar el acuerdo final, ha sido tomado por sectores periféricos de la coalición antichavista, que en los últimos años han criticado fuertemente el secuestro del sello de la “Unidad” por los partidos como Primero Justicia (PJ), Acción Democrática (AD), Voluntad Popular (AD) y en menor medida Un Nuevo Tiempo (UNT).

El partido AP de Henri Falcón ha sido enfático en criticar la agenda de violencia y caos impulsada por factores extremistas de la MUD. A su criterio estas acciones han contribuido al desgaste de la base opositora y a la imposibilidad de un cambio de gobierno.

Una crisis existencial en el antichavismo

El lanzamiento de la candidatura de Henri Falcón ha desatado una fuerte campaña en su contra por parte de PJ, AD, VP, quienes habían decidido subordinarse, apropiándose del sello de la MUD, a la orden de Estados Unidos y el Grupo de Lima de no participar en las elecciones por supuestas faltas de garantías electorales.

Detrás de esta decisión de los conductores del frente internacional contra Venezuela se encuentra el objetivo político de generar las condiciones de deslegitimación necesaria para aplicar un embargo petrolero e intensificar el bloqueo financiero.

“Es muy difícil que nos expulsen de algo que hace tiempo dejó de existir”, expresó Luis Romero, secretario general de AP sobre la MUD.

La constitución de un frente de abstencionistas se hizo presente también en las pasadas elecciones municipales, donde precisamente el partido AP y las otras formaciones que lanzaron la candidatura de Falcón, optaron por irrespetar la orden del Grupo de Lima y Estados Unidos para medirse e intentar capitalizar el vacío dejado por partidos grandes como PJ, VP y AD.

Esta acción generó una grieta profunda que hoy explica que la decisión de Falcón esté generando reacciones de odio masivas en redes sociales.

El conflicto interno de la oposición, sin embargo, pareciera tener rasgos existenciales. PJ y VP ya no existen como partidos formales, pues quedaron ilegalizados tras no cumplir con los requisitos exigidos al CNE para estructuras que se habían aislado del proceso electoral anterior.

La deriva del liderazgo de VP y PJ sobre las acciones violentas que caotizaron a Venezuela a medidos de 2017 y su papel de gestores en las sanciones financieras aplicadas contra el país, han repercutido negativamente en su credibilidad interna.

Actualmente no pueden postular cargos y no gozan de espacios políticos de importancia a nivel nacional, regional y local, salvo por los diputados que ostentan curules en una Asamblea Nacional en situación (aún) de desacato. Un contexto en el que su único capital político depende de seguir siendo los gestores de las presiones diplomáticas y financieras coordinadas por Estados Unidos, mientras toda la oposición tiene que asumir los costos de esas arremetidas.

Oportunidades y paradojas

Ante ese escenario, los partidos periféricos del antichavismo no sólo ven una oportunidad de convertirse en el liderazgo real de la oposición, logrando espacios de poder en el marco de una reconfiguración del mapa político nacional, sino también como una forma de protegerse de los costos políticos que traerían consigo nuevas sanciones financieras contra Venezuela.

Sobre esto dijo el secretario general de AP: “Hay sectores nacionales e internacionales muy poderosos que ejercen presión a favor de la abstención en las venideras presidenciales”.

De no lanzarse Henri Falcón, le esperaba una muy probable muerte política, debido a que perdió su bastión de Lara contra el chavismo el pasado 15 de octubre de 2017. Lo mismo ocurre con Julio Borges y María Corina Machado o los rezagos de VP, que aún con sus matices, dependen de un mayor cerco financiero y político contra el país para mantener a flote su liderazgo.

Lo que está en juego es quién toma para sí el liderazgo total de la oposición venezolana y, en consecuencia, quién cobra en última instancia el financiamiento desde Estados Unidos. Una crisis existencial que promete extenderse.

En las primeras de cambio con la decisión de Falcón, Estados Unidos, el Grupo de Lima y otras instancias que ejecutan presiones contra Venezuela, como la OEA, quedan parcialmente descolocadas luego de su “exigencia” de “mejores condiciones electorales” (incluyendo la fecha de los comicios) hace tan sólo pocos días. ¿Dónde queda el respaldo del Departamento de Estado hacia la MUD tras decidir llamar al boicot de las elecciones?

El punto que genera mayor quiebre en todos los niveles de la vida política opositora es que la convocatoria a estas elecciones reside en la Asamblea Nacional Constituyente (ANC), argumento que ha sido utilizado por las vocerías del frente externo para intentar deslegitimar las elecciones.

Henri Falcón ha intentado mostrar falsamente que las condiciones electorales acordadas fueron producto de su presión, cuando en realidad tenían su antecedente en República Dominicana. Sin embargo, en ningún momento ha criticado que la convocatoria haya sido por la vía de la ANC, rompiendo inicialmente el consenso mínimo de presión de Estados Unidos y sus desgastadas franquicias locales.

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