Fidel, l’informazione e l’università

Luis A. Montero Cabrera www.cubadebate.cu

L’università è una delle creazioni più umane. La nostra specie è la più efficiente nella gestione dell’informazione dell’intero universo conosciuto. I mezzi naturali dei sensi (udito, vista, voce, tatto, gusto, olfatto) che la natura ha selezionato ci permettono la sua utilizzazione e comunicazione in modo ottimale per sopravvivere. Abbiamo anche rafforzato quell’efficienza nel tempo.

Per prima cosa abbiamo inventato, a tal fine, la scrittura e quindi abbiamo registrato in tavolette di argilla e pietra la informazione che prima era solo parlata. In questo modo abbiamo ottenuto che le idee e le conoscenze acquisite da alcuni trascendevano la loro vita individuale e venivano trasmesse ad altri senza modifiche, inclusi gli esseri che sarebbero nati millenni dopo essere state scritte.

Una volta intrapreso questa strada, non abbiamo smesso di perfezionare e rendere più utili i mezzi disponibili per negoziare l’ informazione. La carta, il libro, la telegrafia, il telefono, la televisione e molti altri dispositivi oggi onnipresenti fanno parte di questa lotta. L’elaborazione dell’informazione, attualmente tramite il calcolo elettronico, e la sua trasmissione a velocità molto più elevate rispetto ai nostri processi vitali, significano la più grande realizzazione, finora, di gran parte del più umano e bello della nostra esistenza.

Ma questo ha richiesto che ciò che nella nostra alba come specie fosse solo un addestramento dei genitori alla loro prole affinché si adattassero alle loro condizioni di vita, alimentazione e riproduzione, ora richiede almeno da 8 a 12 anni di studio nelle istituzioni specializzate: le scuole. E che la conoscenza più specializzata e attuale può solo essere insegnata nelle università e altre entità della cosiddetta istruzione superiore con anni di studio aggiuntivi.

Noi esseri umani dobbiamo imparare a gestire l’informazione che abbiamo accumulato come specie e questo viene fatto durante una parte importante ed iniziale delle nostre vite nella scuola e all’università. Ciò significa anche che le istituzioni di istruzione superiore che preparano coloro che sono destinati ad essere impiegati nei compiti più complessi, diventano essi stessi generatori di informazioni, facendo scienza e tecnologia e insegnando ai loro studenti a farle. Guillermo de Humboldt disse nel 1810:”Il corso della scienza funziona, manifestamente, più veloce e vivo in un’università, dove, continuamente. Si dispone in gran quantità di intelligenze davvero più forti, vigorose e giovani.” [1]

Si è convertita in luogo comune dei nostri media la giusta affermazione che Fidel è stato un leader eccezionale è diventata un luogo comune nei nostri media. Ciò che non è così comune è scoprire quanto fosse intensa la loro interazione con le istituzioni universitarie. Un maestro nella gestione della informazione ha avuto una permanente ed obbligata associazione con i templi della creazione della conoscenza e dei conoscitori.

Terminò la sua formazione accademica giovanile in una Università di L’Avana che lo rese un rivoluzionario come affermava lui stesso, nonostante tutti i problemi sociali in cui navigava quando era suo allievo. Generazioni di scienziati cubani lo hanno visto visitare e interagire attivamente con le università, i loro professori e studenti, durante tutta la fine del XX secolo. Sfortunatamente quelle interazioni sono relativamente poco documentate, ma erano significative in termini di frequenza ed intenzionalità per molto tempo. Quelli di noi che hanno avuto il privilegio di partecipare ad alcune di esse, non le abbiamo dimenticate, neppure le sue polemiche notturne, sagge e spregiudicate polemiche in gruppi informali che si formavano intorno a lui.

Fidel realizzò i migliori postulati della riforma universitaria del 1962 in quel lungo periodo. Ha dato vita a grandi centri di ricerca in tutto il paese, a un computer cubano, all’industria del software, nonché ad un’industria biotecnologica, tra molte azioni per la scienza. Ma soprattutto ha provocato che disponessimo di molte menti appassionate della scienza in un paese che quasi nessuno considera predestinato a qualcosa di diverso dalla produzione di materie prime, buona musica e divertimenti associati al suo clima ed alle sue incontaminate spiagge.

Come tocco finale, ci ha regalato, il 17 novembre 2005, ciò che potrebbe essere considerato il suo testamento politico, nell’Aula Magna dell’Università dell’Avana. Espressioni tanto importanti come:

“Stiamo parlando della vita, perché quando parliamo di università parliamo di vita. Cosa siete voi? Se mi facessero una domanda in questo momento, direi che voi siete vita, voi (gli studenti) siete simboli di vita.

“Del muro di Berlino l’impero parlava ogni giorno; di quello che sorge tra il Messico e USA, dove muoiono già più di 500 persone ogni anno, pensando di fuggire dalla povertà e dal sottosviluppo, non dicono una sola parola. Questo è il mondo in cui stiamo vivendo.

“Una conclusione che ho tratto dopo molti anni: tra i tanti errori che abbiamo commesso tutti, l’errore più importante è stato credere che qualcuno conoscesse il socialismo o che qualcuno sapesse come costruire il socialismo.

“Ma siamo idioti se crediamo, per esempio, che l’economia-e che mi perdonino le decine di migliaia di economisti nel paese- sia una scienza esatta ed eterna e che esisteva dai tempi di Adamo ed Eva. Si perde tutto il senso dialettico quando qualcuno crede che quella stessa economia di oggi sia uguale a quella di 50 anni fa o 100 anni fa, o 150 anni fa, o sia uguale al tempo di Lenin, o al tempo di Karl Marx.

“In questo mondo reale, che deve essere cambiato, ogni stratega e tattico rivoluzionario ha il dovere di concepire una strategia ed una tattica che conducano all’obiettivo fondamentale di cambiare quel mondo reale. Nessuna tattica o strategia che disunisca sarebbe buona.

“È tremendo il potere che ha un dirigente quando gode della fiducia delle masse, quando confidano nelle sue capacità. Sono terribili le conseguenze di un errore di coloro che hanno più autorità e ciò è accaduto più di una volta nei processi rivoluzionari.

“Questo paese può autodistruggersi da sé; questa Rivoluzione può distruggersi, quelli che non possono distruggerla oggi sono loro; noi sì, noi possiamo distruggerla, e sarebbe colpa nostra.

“Permettetemi dirvi che oggi, praticamente, il capitale umano è, o avanza rapidamente per essere, la risorsa più importante del paese, molto al di sopra di quasi tutti gli altri insieme.

“Che non ci sia mai l’URSS qui, né campi socialisti dissolti, dispersi!

“Vi avverto che la nostra società sarà una società completamente nuova.

“… dobbiamo usare tutte le nostre energie, tutti i nostri sforzi, tutto il nostro tempo per poter dire con la voce di milioni o centinaia o miliardi: vale la pena essere nato! Vale la pena aver vissuto! “[2]

note:

1. HUMBOLDT, W. V., Sull’organizzazione interna ed esterna delle istituzioni scientifiche superiori a Berlino. LOGOS. Annali del Seminario di Metafisica 2005, 38, 283-291.

2. Castro Ruz, F. Discorso di Fidel Castro Ruz, Presidente della Repubblica di Cuba, in occasione della cerimonia per il 60° anniversario della sua ammissione all’università, tenutosi presso l’Aula Magna dell’Università de L’Avana, il 17 novembre 2005. http://www.cuba.cu/gobierno/discursos/2005/esp/f171105e.html (accesso 01/10/2011).


Fidel, la información y la universidad

Por: Luis A. Montero Cabrera

La universidad es una de las creaciones más humanas. Nuestra especie es la más eficiente en la gestión de información de todo el universo conocido. Los medios naturales de los sentidos (el oído, la vista, la voz, el tacto, el gusto, el olfato) que seleccionó la naturaleza nos permiten su utilización y comunicación óptimas para supervivir. También hemos venido reforzando esa eficiencia a través del tiempo.

Primero inventamos con ese fin la escritura y así registramos en tabletas de barro y piedra la información que antes solo se hablaba. De esta forma logramos que las ideas y los saberes adquiridos por unos trascendieran su propia vida individual y se trasmitieran a otros sin modificaciones, incluyendo a seres que nacerían milenios después de ser escritas.

Una vez emprendido ese camino no hemos cesado de perfeccionar y hacer más útiles los medios disponibles para negociar información. El papel, el libro, la telegrafía, el teléfono, la televisión, y muchos otros dispositivos hoy ubicuos, forman parte de este bregar. El procesamiento de información, actualmente por medios de cómputo electrónico, y su trasmisión a velocidades muy superiores a las de nuestros propios procesos vitales, significan la mayor realización hasta el momento de mucho de lo más humano y hermoso de nuestra existencia.

Pero esto ha requerido que lo que en nuestra aurora como especie era solo un entrenamiento de los padres a su descendencia para que se adaptaran a sus condiciones de vida, alimentación y reproducción, ahora requiere por lo menos de 8 a 12 años de estudio en instituciones especializadas: las escuelas. Y que el saber más especializado y actual solo se pueda impartir en las universidades y otras entidades de la llamada educación superior con años de estudio adicionales.

Los seres humanos tenemos que aprender a gestionar la información que hemos ido acumulando como especie y eso se realiza durante una parte importante e inicial de nuestras vidas en la escuela y en la universidad. Esto también ha conllevado que las instituciones de educación superior que preparan a los destinados para emplearse en las tareas más complejas, se conviertan ellas mismas en generadoras de información, haciendo ciencia y tecnología y enseñando a sus alumnos a hacerlas. Decía Guillermo de Humboldt en 1810: “El curso de la ciencia discurre de modo manifiestamente más veloz y vivo en una universidad, donde continuamente se dispone en gran cantidad de inteligencias en verdad más fuertes, vigorosas y jóvenes.” [1].

Se ha convertido en un lugar común de nuestros medios la justa afirmación de que Fidel fue un líder excepcional. Lo que no es tan común es descubrir cuan intensa fue su interacción con las instituciones universitarias. Un maestro en la gestión de información tenía una asociación permanente y obligada con los templos de la creación de conocimientos y de conocedores.

Terminó su formación académica juvenil en una Universidad de La Habana que lo hizo un revolucionario como él mismo afirmara, a pesar de todos los problemas sociales en los que navegaba cuando fue su alumno. Generaciones de científicos cubanos lo vieron visitar e interactuar activamente con las universidades, sus profesores y estudiantes, durante todo el final del siglo XX. Desafortunadamente esas interacciones están relativamente poco documentadas, pero eran cuantiosas en cuanto a su frecuencia e intencionalidad durante mucho tiempo. Los que tuvimos el privilegio de participar en algunas, no las olvidamos, ni tampoco sus nocturnales, sabias y desprejuiciadas polémicas en grupos informales que se formaban en torno a él.

Fidel realizó los mejores postulados de la reforma universitaria de 1962 en ese largo período. Dio lugar a grandes centros de investigaciones en todo el país, a una computadora cubana, a la industria del software, así como a una industria biotecnológica, entre muchas acciones para la ciencia. Pero sobre todo provocó que dispusiéramos de muchas mentes apasionadas por la ciencia en un país que casi nadie consideraba predestinado a otra cosa que producir materias primas, buena música y divertimentos asociados con su clima y sus playas prístinas.

Como colofón, nos regaló el 17 de noviembre de 2005 lo que podría considerarse su testamento político, en el Aula Magna de la Universidad de La Habana. Expresiones tan trascendentales como:

Estamos hablando de la vida, porque cuando hablamos de universidades hablamos de la vida. ¿Qué son ustedes? Si me hicieran una pregunta ahora mismo, yo diría que ustedes son vida, ustedes (los estudiantes) son símbolos de la vida.

Del muro de Berlín el imperio hablaba todos los días; del que se levanta entre México y Estados Unidos, donde mueren ya más de 500 personas por año, pensando escapar de la pobreza y el subdesarrollo, no hablan una sola palabra. Ese es el mundo en que estamos viviendo.

Una conclusión que he sacado al cabo de muchos años: entre los muchos errores que hemos cometido todos, el más importante error era creer que alguien sabía de socialismo, o que alguien sabía de cómo se construye el socialismo.

Pero somos idiotas si creemos, por ejemplo, que la economía —y que me perdonen las decenas de miles de economistas que hay en el país— es una ciencia exacta y eterna, y que existió desde la época de Adán y Eva. Se pierde todo el sentido dialéctico cuando alguien cree que esa misma economía de hoy es igual a la de hace 50 años, o hace 100 años, o hace 150 años, o es igual a la época de Lenin, o a la época de Carlos Marx.

En este mundo real, que debe ser cambiado, todo estratega y táctico revolucionario tiene el deber de concebir una estrategia y una táctica que conduzcan al objetivo fundamental de cambiar ese mundo real. Ninguna táctica o estrategia que desuna sería buena.

Es tremendo el poder que tiene un dirigente cuando goza de la confianza de las masas, cuando confían en su capacidad. Son terribles las consecuencias de un error de los que más autoridad tienen, y eso ha pasado más de una vez en los procesos revolucionarios.

Este país puede autodestruirse por sí mismo; esta Revolución puede destruirse, los que no pueden destruirla hoy son ellos; nosotros sí, nosotros podemos destruirla, y sería culpa nuestra.

Permítanme decirles que hoy prácticamente el capital humano es, o avanza aceleradamente para ser el más importante recurso del país, muy por encima de casi todos los demás juntos.

¡Que no haya URSS jamás aquí, ni campos socialistas disueltos, dispersos!

Les advierto que nuestra sociedad va a ser en realidad una sociedad enteramente nueva.

“…debemos emplear todas nuestras energías, todos nuestros esfuerzos, todo nuestro tiempo para poder decir en la voz de millones o de cientos o de miles de millones: ¡Vale la pena haber nacido! ¡Vale la pena haber vivido!” [2]

Notas:

1. HUMBOLDT, W. V., Sobre la organización interna y externa de las instituciones científicas superiores en Berlín. LOGOS. Anales del Seminario de Metafísica 2005, 38, 283-291.

2. Castro Ruz, F. Discurso pronunciado por Fidel Castro Ruz, Presidente de la República de Cuba, en el acto por el aniversario 60 de su ingreso a la universidad, efectuado en el Aula Magna de la Universidad de La Habana, el 17 de noviembre de 2005. http://www.cuba.cu/gobierno/discursos/2005/esp/f171105e.html (accessed 01/10/2011).

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