Persecuzione implacabile…

La caccia ai dirigenti popolari di sinistra dell’America Latina risponde ad un piano ben strutturato in cui si vincolano i poteri giudiziario, parlamentare e mediatico per rovesciare governi progressisti

Elson Concepción Pérez  www.granma.cu

Niente sembra fortuito. Tutto è ben calcolato e strutturato. Consulenti a iosa, principalmente dagli USA. Avvocati corrotti preferiscono “fabbricare prove” contro altri, prima che la verità li condanni.

La trama è espressa in tutte le sue forme. Nei casi in cui gli accusati con prove sono coloro che ora governano, la cosiddetta giustizia chiude gli occhi e concentra i suoi dardi avvelenati contro dirigenti come Luiz Inácio Lula da Silva, Cristina Fernandez, Rafael Correa e Dilma Rousseff, tra altri.

In scenari diversi, dove hanno provato tutte le armi ed hanno sempre fallito, come Cuba, continuano a cucinarsi nel loro brodo, compiendo gli ordini di Washington e come alleati del peggior covo mercenario di Miami.

Ogni giorno inventano qualcosa di nuovo, ripetono trite accuse relative ai diritti umani, ma la forza del nostro popolo mostra il suo vero volto, quello della dignità e della resistenza, quello che, in questi 60 anni, ci ha convertito in un esempio per molti popoli del mondo.

Contro il Venezuela non trovano quale azione intraprendere e minacciano quella militare. In tale campagna, il potere mediatico e alcuni dei più recalcitranti difensori del neoliberlismo nella regione, sono utilizzati da Washington in un piano diabolico per rovesciare la Rivoluzione Bolivariana.

Accade anche contro il Nicaragua, dove il governo sandinista è riuscito a rovesciare secoli di miseria e segna oggi direttive per i suoi progressi sociali ed economici degli ultimi anni.

Le notizie relative alla caccia di dirigenti popolari e di sinistra in America Latina hanno avuto uno dei suoi esponenti, nel 2017, con il caso Lula.

Un dispaccio di notizie di efe-afp informava il 12 luglio 2017: l’ex presidente del Brasile (2003-2010), Luiz Inácio Lula da Silva, è stato condannato in primo grado a nove anni e sei mesi di carcere per corruzione. È accusato di aver ricevuto un appartamento sul litorale di Sao Paulo in cambio di favorire società di costruzioni in contratti con Petrobras.

Nessuna di queste accuse è stata provata, tuttavia, e come parte dell’accanimento contro Lula, la sentenza è stata aumentata a 12 anni ed un mese da una corte d’appello.

L’obiettivo era più che chiaro: si stavano avvicinando le elezioni presidenziali in Brasile nel 2018; Lula superava di molto gli altri candidati e sarebbe stato il sicuro presidente. Quindi si doveva toglierlo dal gioco e, per questo, congressisti e giudici, accompagnati dai principali media -oligarchici per giunta-, hanno creato una corrente di opinione che, benché falsa, ha realizzato il suo obiettivo. Lula è stato portato dietro le sbarre e, con lui, la sua sicura vittoria alle elezioni.

Così è stato, ed il popolare dirigente brasiliano ha dovuto rassegnarsi a conoscere l’inganno elettorale, dietro le sbarre dell’ingiustizia che lo ha imprigionato a Curitiba.

In precedenza, nell’agosto 2016, e utilizzando lo stesso procedere mediatico e giudiziario contro Lula, avevano realizzato un colpo di stato contro la presidentessa Dilma Rousseff, che il Senato ha dichiarato colpevole di non aver rispettato la legge sulla responsabilità fiscale, per aver emesso tre decreti che hanno modificato i bilanci senza autorizzazione del Congresso, e perché il Governo ha preso crediti dalla banca pubblica.

Tuttavia, nulla è successo a Michel Temer, l’usurpatore della carica alla Presidenza brasiliana, a cui, secondo un dispaccio dell’agenzia efe del 19 dicembre 2018, il Procuratore Generale del Brasile, Raquel Dodge, ha presentato una denuncia di corruzione e riciclaggio di denaro, così come ad altre cinque persone per presunta partecipazione ad un complotto che ha beneficiato il settore portuale in cambio di tangenti.

Dopo il colpo di stato del 2016, Temer è stato oggetto di varie accuse di corruzione, che persino in due occasioni si sono materializzate in formali denunce presentate dalla Procura Generale dinanzi alla Corte Suprema.

Ma, in tutte le occasioni, né il potere giudiziario, né il senato, né il potere mediatico brasiliano hanno fatto nulla affinché si giudichi e condanni l’usurpatore presidente.

Lula, tuttavia, è ancora dietro le sbarre e neppure gli si permettono visite per Natale. Ogni volta che si tenta di realizzare la sua liberazione, in una sorta di gioco politico come se si trattasse di una partita a poker, gli stessi giudici fanno marcia indietro ed il dirigente del Partito dei Lavoratori viene mantenuto, illegalmente, dietro le sbarre.

In un’altra nazione sudamericana, l’Argentina, l’ex presidentessa Cristina Fernandez, a cui i sondaggi danno la preferenza per le elezioni del 2019, gli stessi poteri che in Brasile, il Giudiziario, il Parlamentare ed il Mediatico, hanno fissato direttive di ingiustizia e la si pretende imprigionare in modo che stia lontano da tutta la possibile competizione presidenziale il prossimo anno.

Lì, un Mauricio Macri che ha consegnato il suo paese ai piani del Fondo Monetario Internazionale, si aggrappa ad imporre un neoliberalismo selvaggio, abbattendo i progressi sociali realizzati durante i governi di Nestor e Cristina Kirchner.

L’ultima notizia di BBC-World, questo 20 dicembre, riflette che un tribunale ha confermato il processo, con prigione preventiva, contro l’ex presidentessa ed attuale senatrice argentina Cristina Fernandez, come presunta dirigente di un sistema di raccolta illegale di denaro in cambio dell’assegnazione di opere pubbliche.

La Camera Federale di Buenos Aires ha avallato l’accusa formale rilasciata, a settembre, dal giudice federale Claudio Bonadío contro Fernández.

Infine, una notizia dall’Ecuador: Quito, 19 dic. (EFE) – Il politico ecuadoriano d’opposizione, Fernando Balda, ha oggi presentato una seconda petizione per sollecitare la Giustizia del suo paese affinché continui ad insistere davanti all’Interpol ed esegua l’arresto dell’ex presidente Rafael Correa per un presunto coinvolgimento nel suo rapimento nel 2012.

Anche Correa, un brillante nel compito di portare il suo paese ad una maggiore fase di programmi sociali e sviluppo, è vittima della più incisiva persecuzione.

In questo contesto latinoamericano è molto importante non peccare d’ingenuità, né credere nelle presunte politiche anticorruzione, che riescono solo a rimuovere i dirigenti di sinistra dal potere e sostituire i loro programmi sociali con il più feroce neoliberalismo, come si vede rifiorire nelle nazioni ante menzionate.


Persecución implacable…

La cacería de líderes populares de izquierda de América Latina responde a un plan bien estructurado donde se vinculan los poderes judicial, parlamentario y mediático para derribar gobiernos progresistas

Autor: Elson Concepción Pérez

Nada parece fortuito. Todo está bien calculado y estructurado. Asesores sobran, fundamentalmente desde Estados Unidos. Abogados corruptos prefieren «fabricar pruebas» contra otros, antes que la verdad los condene a ellos.

La trama se expresa en todas sus formas. En los casos donde los acusados con pruebas son quienes ahora gobiernan, la llamada justicia se hace de la vista gorda y concentra sus dardos envenenados contra líderes como Luiz Inácio Lula da Silva, Cristina Fernández, Rafael Correa y Dilma Rousseff, entre otros.

En escenarios diferentes, donde han probado todas las armas y han fracasado siempre, como Cuba, siguen cocinándose en su propia salsa, cumpliendo órdenes de Washington y como aliados de lo peor del escondite mercenario de Miami.

Todos los días inventan algo nuevo, repiten acusaciones manidas relacionadas con los derechos humanos, pero la fortaleza de nuestro pueblo exhibe su verdadera cara, la de la dignidad y la resistencia, esa que en estos 60 años nos han convertido en ejemplo para muchos pueblos del mundo.

Contra Venezuela no hallan qué acción emprender y amenazan con la militar. En esa campaña, el poder mediático y algunos de los más recalcitrantes defensores del neoliberalismo en la región, son usados desde Washington en un diabólico plan para echar abajo la Revolución Bolivariana.

También sucede contra Nicaragua, donde el gobierno sandinista ha logrado revertir siglos de miseria y marca pautas hoy por sus avances sociales y económicos de los últimos años.

Las noticias relacionadas con la cacería de líderes populares y de izquierda en América Latina tuvo uno de sus exponentes en el 2017 con el caso de Lula.

Un despacho noticioso de efe-afp, reflejaba el 12 de julio de 2017: El expresidente de Brasil (2003-2010), Luiz Inácio Lula da Silva, fue condenado en primera instancia a nueve años y seis meses de prisión por corrupción. Es acusado de haber recibido un apartamento en el litoral de Sao Paulo a cambio de favorecer a constructoras en contratos con Petrobras.

Ninguna de estas acusaciones ha sido probada, sin embargo, y como parte del ensañamiento contra Lula, la sentencia fue aumentada a 12 años y un mes por un tribunal de apelación.

El objetivo estaba más que claro: se acercaban las elecciones presidenciales en Brasil en el 2018; Lula aventajaba ampliamente a los demás candidatos y sería el seguro presidente. Entonces había que sacarlo del juego y, para ello, congresistas y jueces, acompañados de los grandes medios de comunicación –oligárquicos además–, crearon una matriz de opinión que, aunque falsa, cumplió su objetivo. Lula fue llevado tras las rejas y junto a él, su segura victoria en los comicios.

Así fue, y el popular líder brasileño tuvo que conformarse con conocer de la patraña electoral, tras las rejas de la injusticia que lo encarceló en Curitiba.

Antes, en agosto de 2016, y con el empleo del mismo proceder mediático y judicial contra Lula, habían dado un golpe de Estado a la presidenta Dilma Rousseff, a quien el Senado halló culpable de haber incumplido la ley de responsabilidad fiscal, por haber emitido tres decretos que alteraron los presupuestos sin autorización del Congreso, y porque el Gobierno tomó créditos de la banca pública.

Sin embargo, nada ha pasado con Michel Temer, el usurpador del puesto de la Presidencia de Brasil, a quien, de acuerdo con un despacho de la agencia efe del 19 de diciembre de 2018, la fiscal general de Brasil, Raquel Dodge, presentó una denuncia por corrupción y lavado de dinero, así como a otras cinco personas por supuesta participación en una trama que benefició al sector portuario a cambio de sobornos.

Desde el golpe de Estado en el 2016, Temer ha sido objeto de diversas ­acusaciones por corrupción, que incluso en dos ocasiones llegaron a materializarse en denuncias formales presentadas por la Fiscalía General ante la Corte Suprema.

Pero, en todas las ocasiones, ni el Poder Judicial, ni el Senado, ni el poder mediático brasileño han hecho algo para que se juzgue y condene al usurpador mandatario.

Lula, sin embargo, sigue tras las rejas y ni siquiera le permiten visita por la Navidad. Cada vez que se hacen intentos por concretar su liberación, en una especie de juego político como si se tratara de un partido de póker, los mismos jueces dan marcha atrás y el líder del Partido de los Trabajadores es mantenido ilegalmente tras las rejas.

En otra nación sudamericana, Argentina, la expresidenta Cristina Fernández, a quien las encuestas dan preferencia para los comicios del año 2019, los mismos poderes que en Brasil, el Judicial, el Parlamentario y el mediático, han sentado pautas de injusticia y se le pretende encarcelar de manera que esté alejada de toda posible competencia presidencial el próximo año.

Allí, un Mauricio Macri que ha entregado a su país a los designios del Fondo Monetario Internacional, se aferra a imponer un neoliberalismo salvaje, echando abajo los avances sociales alcanzados durante los gobiernos de Néstor y Cristina Kirchner.

La última de las noticias, de BBC-Mundo, de este 20 de diciembre, refleja que un tribunal confirmó el procesamiento con prisión preventiva de la expresidenta y actual senadora argentina Cristina Fernández, como presunta líder de un sistema de recaudación ilegal de dinero a cambio de la adjudicación de obras públicas.

La Cámara Federal de Buenos Aires avaló la acusación formal que dictó en septiembre el juez federal Claudio Bonadío contra Fernández.

Por último, una noticia de Ecuador: Quito, 19 de diciembre (EFE).–El político opositor ecuatoriano Fernando Balda presentó hoy una segunda petición para instar a la Justicia de su país a que siga insistiendo ante Interpol y ejecute el arresto del expresidente Rafael Correa por presunta implicación en su secuestro en el 2012.

También a Correa, un aventajado en la tarea de llevar a su país a un estadío mayor de programas sociales y desarrollo, está siendo víctima de la más incisiva persecución.

En este contexto latinoamericano es muy importante no pecar de ingenuos, ni creer en las supuestas políticas anticorrupción, que solo consiguen alejar a los líderes de izquierda del poder y sustituir sus programas sociales por el más feroz neoliberalismo, como se ve reverdecer en las naciones antes mencionadas.

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