Duque, Bolsonaro e Piñera: tra tutela e crimini contro l’umanità

Mision Verdad,

Giorni fa alcuni portali riferivano che il presidente colombiano Iván Duque fu denunciato alla Corte penale internazionale (CPI) per crimini contro l’umanità. Questo rapporto fu realizzato dal senatore Iván Cepeda e dalle organizzazioni sociali a causa delle manifestazioni nel contesto dello sciopero nazionale iniziato il mese scorso ed ancora in corso in Colombia.

Duque si aggiunge alla lista dei presidenti denunciati al tribunale internazionale del decaduto gruppo di Lima, poiché la triade degli accusati è guidata da Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, e Sebastián Piñera, suo omologo cileno. Questi fatti appaiono a stento sulla stampa globale; caso diverso se fosse stato il Venezuela. Distribuiamo alcune chiavi della cartella clinica di ciascuno di tali personaggi, connessioni, interessi e ciò che li porta in questa arena giudiziaria.

Duque: violenza Made in the USA

Iván Duque, allievo di Álvaro Uribe Vélez e presidente della Colombia, non fermava attacchi, accuse e minacce al Venezuela. Era il 2017 quando Duque denunciò, insieme ai parlamentari cileni e colombiani, il Presidente Nicolás Maduro presso la Corte penale internazionale per “violazioni del diritto internazionale”. La storia è diversa: a seguito del progetto di riforma fiscale, costituito dalla “Legge di solidarietà sostenibile”, che colpirà il popolo colombiano a causa dell’aumento delle tasse sui servizi e altro, l’opposizione a Duque più i sindacati nello sciopero nazionale del 28 aprile. Quindi gli eventi si sono sviluppati in questo modo:

– Le manifestazioni si sono diffuse in tutto il territorio, nella capitale e in città come Cali, Bucaramanga e Medellín.
– La vicepresidentessa colombiana Marta Lucía Ramírez visitò la Corte penale internazionale nel tentativo di calmare le acque.
– Duque ritirava la riforma fiscale , dando come opzione la volontà di “concordare” con tutti gli attori politici una nuova riforma. Ma le manifestazioni continuano e la crisi sociale e sanitaria che la Colombia vive per mano di Duque si è aggravata dall’inizio della pandemia.
– Quasi al termine di una settimana di proteste, si dimetteva Alberto Carrasquilla , ministro delle Finanze e promotore della riforma in questione. Quindi la cancelliera Claudia Blum si dimetteva. Juan Alberto Londoño fu nominato alla posizione dimettendosi dopo pochi giorni, lasciando Juan Manuel Restrepo titolare.
– Il gruppo Anonymous violava il sito dell’esercito colombiano, rivelando e-mail e password di oltre 100 funzionari. Tutto questo in segno di rifiuto delle violazioni dei diritti umani nelle manifestazioni in Colombia.
– Lenín Moreno dell’Ecuador e Marta Lucía Ramírez accusavano il Presidente Maduro di presunte “interferenze” nelle manifestazioni in Colombia. Questi erano i pezzi mossi dall’esterno, ma nel frattempo delle proteste, molteplici atti di repressione e violenza contro il popolo colombiano sono quotidiani.
Il 10 maggio la polizia nazionale colombiana, con infiltrati armati e civili, decise di attaccare un gruppo di indigeni che manifestava alla periferia di Cali. L’Associazione degli indigeni Cabildos del Norte del Cauca (ACIN) riferiva che “molestie da civili armati persistono, con la complicità di esercito, polizia ed Esmad (Squadra mobile anti-sommossa)”. Allo stesso modo, il Consiglio regionale indigeno del Cauca (CRIC) sostiene che l’attacco di “civili” armati ai manifestanti è una tattica repressiva tipica del paramilitarismo. L’11 maggio, l’Istituto per lo sviluppo e gli studi sulla pace (Indepaz) pubblicava i dati su queste proteste e sfortunati esiti:
– Ad oggi, le proteste si sono svolte in 800 comuni dei 1122 del territorio colombiano.
– Si stima che abbiano partecipato più di 15 milioni di persone e secondo i sondaggi hanno il sostegno di oltre “il 70% della popolazione sopra i 16 anni, in tutti i settori sociali e soprattutto tra i più poveri e nelle classi medie”.
– La risposta di Iván Duque fu la brutale repressione e stigmatizzazione della protesta. Tra il 28 aprile e il 10 maggio, nel pieno delle mobilitazioni, furono uccise 47 persone, 39 delle quali a causa della violenza della polizia e 28 omicidi di giovani a Cali.
– L’ufficio del procuratore generale riconosce più di 540 manifestanti scomparsi.
– Indepaz al 12 maggio registrava 2110 casi di violenza della forza pubblica colombiana. Di cui 30 vittime di accecamenti e 16 di violenza sessuale.
Pochi giorni dopo l’inizio delle proteste, il portavoce delle Nazioni Unite, Stéphane Dujarric, riferì che il segretario generale di quell’istanza multilaterale, António Guterres, “segue la situazione in Colombia con grande preoccupazione, compresa la violenza che abbiamo visto, le violazioni dei diritti umani segnalate nel contesto di queste proteste”.
Falsi, omicidi di leader contadini, legami con paramilitari e traffico di droga, irrorazione di glifosato e consenso alla presenza militare statunitense nel territorio colombiano fanno parte del curriculum di Iván Duque. La riforma fiscale, applaudita dal Fondo monetario internazionale (FMI), fu solo la ciliegina sulla torta aziendale che Duque cucina da tempo, dato che la sua formazione e connessioni con la lobby economica degli Stati Uniti vanno avanti da anni. Nel dicembre 2020, Duque dichiarò all’American Jewish Committee (AJC) che “la Colombia è l’alleato numero uno di Israele in America Latina e nei Caraibi (…) Vogliamo che la Colombia diventi la Silicon Valley dell’America Latina”. La Colombia recentemente firmava un accordo di libero scambio con Israele e intende aprire presto un ufficio per l’innovazione a Gerusalemme. Nonostante le dichiarazioni di rigetto del sistema internazionale siano state contenute, la posizione moderata degli Stati Uniti in tale situazione non sorprende: le dichiarazioni della viceportavoce del dipartimento di Stato, Jalina Porter, era a sostegno del governo di Duque. Gli Stati Uniti hanno forti legami con la Colombia. E le prove lo riferiscono: solo per citarne alcuni, si ricorda come nel 2007 Chiquita Brands International (ex-United Fruit Company) abbia dovuto pagare una multa di 25 milioni di dollari per aver fatto affari coi paramilitari in Colombia, che secondo il patteggiamento, tale società statunitense diede più di 1,7 milioni di dollari dal 1997 alle Forze di autodifesa unite della Colombia (AUC). Tuttavia, la multa non basta l’omicidio di più di 10000 persone delle UAC finanziate da quella società. Va ricordato che l’United Fruit Company compì il massacro dei bananieri del 1928 in Colombia, risultato delle minacce allo sciopero dei lavoratori, che rifiutandosi di ritirare la protesta, a cui l’esercito colombiano sparò, uccidendo migliaia di persone. Ciò viene sollevato coll’intenzione di riaffermare che il modus operandi non è cambiato, e nemmeno il finanziamento della grandi società a gruppi armati irregolari, l’oligarchia colombiana continua coll’approvazione degli Stati Uniti a perpetrare abusi contro il popolo della Colombia. O meglio, continuano a seguire le istruzioni dei boss nordamericani.
Tali legami cogli Stati Uniti furono stabiliti all’inizio del secolo. Proprio come il Piano Marshall esisteva come pacchetto di “aiuti” statunitensi ad altre nazioni, la Colombia ne ricevette uno esclusivo: il Piano Colombia, incentrato sull’assistenza militare che dava alla Colombia in questi anni, e anche di più, quando Álvaro Uribe Vélez entrò nella scena presidenziale. Solo nel 2003, Mario Murillo indica nel suo libro Colombia e Stati Uniti che il bilancio degli Stati Uniti per le operazioni estere comprendeva più di 500 milioni di dollari per la Colombia, di cui il 70% ad esercito e polizia. La Colombia attualmente ospita almeno sette basi militari statunitensi. Da tali concezione e finanziamento è nata Esmad, forza di sicurezza controinsurrezionale in Colombia che commette innumerevoli violazioni dei diritti umani. Anno dopo anno tali legami bellicosi si rafforzavano. Nel 2018, l’ingresso della Colombia a partner globale dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO) si intensificò ed fu formalizzato, essendo il primo Paese sudamericano ad aderire a tale organizzazione. Oggi, Duque è denunciato alla CPI per crimini contro l’umanità, nel cataclisma politico e sociale, conseguenza della sua gestione estranea al benessere della popolazione colombiana.

Bolsonaro: l’Amazzonia, le multinazionali e la pandemia

In ambito mediatico fimì sotto i riflettori nel 2019 coll’evento a New York in onore di Jair Bolsonaro, presidente del Brasile, dove andava premiato come persona dell’anno. Tale evento fu organizzato dalla Camera di Commercio brasiliano-statunitense riunendo grandi società, come Delta Air Lines, The Financial Times e Bain & Co., che agivano da sponsor del gala. In tale contesto, altre entità si rifiutarono di commentare se si fossero ritirate dall’evento, tra cui Bank of America, Merrill Lynch, Morgan Stanley, HSBC, BNP Paribas, Credit Suisse, Citigroup Inc e JPMorgan Chase & Co. Successivamente, la Camera di Commercio brasiliano-americana pubblicò sul proprio sito di aver scelto Bolsonaro come persona dell’anno a causa della sua “intenzione di promuovere legami commerciali e diplomatici più stretti tra Brasile e Stati Uniti “. Bolsonaro fu costretto a cancellare il viaggio negli Stati Uniti a causa delle proteste di gruppi e organizzazioni ambientaliste che posero il rifiuto della distruzione dell’Amazzonia, guidata e accelerata dal presidente brasiliano. Ciò che conta nel racconto, tuttavia, sono gli ovvi collegamenti di Bolsonaro coll’élite economica nordamericana. In un’indagine del Guardian sul business della deforestazione e del bestiame in Brasile, vengono evidenziate alcune chiavi che orbitano nelle dinamiche finanziarie delle risorse del Paese latinoamericano:
– AgroSB ha grandi ettari che divorano la foresta pluviale del Brasile.
– AgroSB fornisce bestiame a JBS, che è la più grande azienda di confezionamento di carne al mondo e il più grande fornitore mondiale di carne di manzo, pollo e cuoio, con 350000 clienti in più di 150 Paesi.
– L’inchiesta indica che AgroSB è un potente impero agricolo di proprietà del gruppo Opportunity, co-fondato da Daniel Dantas, controverso uomo d’affari che Bloomberg descrive come il “cattivo” della finanza brasiliana.
– JBS ha l’approvazione di Bolsonaro per disboscare l’Amazzonia.
Questa è una delle tante aziende che promuovono i propri affari e interessi sull’oro verde del Brasile. Grandi aziende hanno sostenuto la presidenza di Bolsonaro. Americas Society, il think tank di Wall Street il cui fondatore era David Rockefeller, pubblicò un articolo di Brian Winter, in cui le lodi del governo Bolsonaro andavano oltre le linee del portale. Winter dichiarò al World Economic Forum che Paulo Guedes, l’architetto economico delle politiche brasiliane, era “un uomo che sembra destinato a cambiare il Brasile in meglio. Brillante e disciplinato”. Di fronte alla pandemia, Guedes notò che le sue riforme ultraliberali erano la soluzione, e fu accompagnato dal ministro dell’Ambiente Ricardo Salles, che vedeva la pandemia come un’opportunità per l’abbandono accelerato delle norme che proteggevano l’Amazzonia. Un’altra azienda nella lista pro-Bolsonaro, la Cargill Corporation, società straniera più attiva nell’agrobusiness amazzonico, annunciò il sostegno all’ormai presidente sin dalla campagna presidenziale, lo conoscevano benissimo dal Congresso. Tale società è la punta di diamante della produzione di soia in Brasile. Allo stesso modo, Cargill annunciò esplicito sostegno alla deforestazione in una lettera aperta ai produttori di soia in Brasile e la sua opposizione ai progetti di protezione ambientale. Anche Barings Bank applaudiva la vittoria di Bolsonaro alle elezioni presidenziali, perché avere Sergio Moro e Paulo Guedes nel gabinetto assicurava fluidità ai suoi affari. La Barings Bank ha descritto il Brasile come “nuova frontiera ” dell’economia mondiale.
Da quando Michel Temer prese il potere, nel 2016 fu preparato il terreno per allentare l’applicazione delle leggi federali contro la deforestazione, oltre a tagliare il bilancio del Ministero dell’Ambiente. L’incendio che successivamente si ebbe catalizzò il cannibalismo aziendale delle risorse dello spazio amazzonico. Le risorse della regione amazzonica sono molto ambite, il potenziale agricolo e la ricchezza mineraria non hanno eguali. L’accesso ad essi al capitale straniero sotto il governo di Bolsonaro, alleato di Wall Street, non ha eguali. Attualmente, Bolsonaro non ha una causa nella Corte penale internazionale, ma quattro:
– Nel 2020 fu denunciato per crimini contro l’umanità e genocidio, a causa della sua posizione irresponsabile sulla pandemia. Questa denuncia fu presentata da organizzazioni composte da professionisti del settore sanitario.
– Tre delle denunce sono legate al ruolo del presidente nella crisi sanitaria provocata dal nuovo coronavirus.
– La restante denuncia fu presentata dal leader indigeno Raoni Metuktire, difensore dell’Amazzonia, per crimini contro l’umanità e atti che comportano il genocidio delle comunità indigene e native, oltre alla distruzione dell’habitat nella foresta pluviale amazzonica.
Bolsonaro non solo affronta la denuncia della Corte penale internazionale, il Senato brasiliano avviava indagini sull’assenza di una direzione per controllare il contagio e la diffusione del Covid-19. Ad oggi la crisi sanitaria in Brasile registra oltre 400mila morti a causa della pandemia, per non parlare della variante brasiliana che si è generata quest’anno.

Pinhera: al crocevia

Sebbene le denunce alla Corte penale internazionale e la vicinanza agli Stati Uniti uniscano tali capi, un altro fattore di unione tra Bolsonaro e Sebastián Pinhera è l’ammirazione per il dittatore Augusto Pinochet. Nel 2019, le proteste divamparono in Cile per l’aumento del pezzo dei trasporti pubblici. Di fronte alle proteste che iniziavano, Sebastián Pinhera, presidente del Cile, decretò lo stato di emergenza nella capitale e il coprifuoco. Ciò non fermò le manifestazioni, che si ripeterono anche in altre città come Valparaíso, ma fu il 25 ottobre 2020 quando più di un milione di persone si radunò a Santiago del Cile per respingere tali nuove politiche. Prima di questo evento, gli indigeni mapuche denunciarono il governo cileno alla Corte penale internazionale per violenza, genocidio e sottrazione dei bambini mapuche destinati all’adozione da famiglie straniere. Sulle proteste scoppiate quell’anno, la polizia nazionale cilena, nota come Carabineros, commise gravi violazioni dei diritti umani e abuso della forza. Alcune settimane dopo, il processo per una nuova costituzione fu convocato da un congresso costituente. Ad aprile, l’ex-giudice spagnolo Baltasar Garzón, della Commissione cilena per i diritti umani (CHDH), chiese alla CPI di indagare, accusare e avviare un processo contro il presidente cileno, a causa degli eventi iniziati nel 2019. L’argomento principale, come scritto nel documento consegnato alla Corte penale internazionale, è che ci sono “3050 cause di violazioni dei diritti umani che dovrebbero essere indagate dal pubblico ministero”. Nella pratica consegnata erano specificate più di 400 persone ferite agli occhi dai Carabineros. Giorni fa, alle elezioni per la Convenzione Costituente, le forze progressiste compirono un progresso significativo, al contrario del partito di Pinhera, che ottenne solo 38 seggi. D’altra parte, se un presidente viola i diritti umani e la copertura mediatica è pressoché nulla e l’indignazione dell’attuale amministrazione statunitense è imperterrita, è certo che è un alleato degli Stati Uniti. Pinhera non è da meno: gli analisti di JPMorgan e Goldman Sachs stimavano che tale politico ottenesse l’accelerazione dell’economia cilena che non fu possibile.
In breve, il sostegno del potere finanziario occidentale a tali governi in questo buffet di risorse chiamata America Latina è evidente. Le grandi aziende continuano ad avere uno spazio nel consiglio geopolitico, e ancor di più nei settori strategici. Finché tale interesse rimane, non importa se eseguono una cattiva gestione della pandemia, o se assassinano la popolazione civile che rivendica i propri diritti, l’importante in tale contesto è che ogni fantoccio segua la musica del burattinaio. Nel prossimo futuro, questi tre Paesi avranno le elezioni che potrebbero cambiare lo scenario politico, senza escludere l’appropriazione di risorse e l’apparato politico che ne consente il saccheggio e la collusione coi nordamericani al centro del confronto.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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