Lavorare con la dimensione di Fidel: I popoli

Iroel Sanchez

Intervento al Colloquio Internazionale sulla Comunicazione Politica Patria, Casa de las Américas, L’Avana, 13 e 14 marzo 2023

 

Direi che abbiamo tre gravi mancanze in questa battaglia, una è già stata detta, è l’articolazione, l’altra è la produzione di contenuti di qualità, e l’altra è la formazione di massa di un soggetto critico e creativo in questo campo nei nostri popoli, lo esporrò a partire da tre esempi e poi parlerò delle possibili risposte fideliste a questo.

Leggerò una cosa, perché Rosa Miriam mi ha chiesto che mi riferissi un po’ a Facebook, leggerò un rapporto al Congresso USA, dell’anno 2018, dall’Ufficio di Trasmissioni a Cuba (UTC), che è quello che apparentemente gestisce solo un’emittente radiofonica, nientemeno che la cosiddetta Radio y Televisión Martí, finanziata a livello federale con diverse decine di milioni di dollari l’anno, il documento dice: “Nell’anno fiscale 2018, l’UTC installerà apparecchiature digitali nell’isola per creare account locali di Facebook senza marchio per diffondere informazioni; le pagine native aumentano le possibilità di apparire nelle fonti di notizie degli utenti cubani di Facebook; la stessa strategia sarà replicata in altre reti sociali preferite”, e questo è accaduto nel 2018, 2019, 2020, 2021, ’22, sempre più, e questo è un rapporto pubblico al Congresso, ma non è mai stato notizia, mai ed è lì. Neppure lo è stata che recentemente si sono pubblicate alcune rivelazioni, sempre su Facebook, secondo cui esiste un portale gestito da due funzionari del Department of Homeland Security (DHS) dove, come se fosse un equalizzatore, dicono all’azienda: “Zittisci questo, non permettere che tali informazioni siano viste, posizionami questa”, è l’interazione del DHS con Facebook. The Intercept ha anche detto che, ogni quindici giorni, i dirigenti di tutte queste aziende si riuniscono lì, al DHS; non solo vanno le grandi aziende tecnologiche, va persino Wikipedia, a ricevere indicazioni: io non credo ci sia qualcosa di più censorio e tipica di uno stato di polizia. A volte ci si prende gioco di cose accadute in Unione Sovietica, ecc. ma questo però ora lì non è un problema né di seduzione né di comunicazione, è di pura e dura censura, che è necessario ordinare di far silenzio su una tal cosa, questi sono i temi della settimana, proprio lo stesso, che se lo facesse qualsiasi governo loro lo considererebbero non democratico, per quelle procedure, no? E lo fanno in un settore privaqto e con società presumibilmente private e che tutti, come sappiamo, sono connesse con questo, non solo con quel dipartimento, con il Dipartimento di Stato e altri. Ma ciò è stata notizia un giorno, questo è ciò a cui voglio arrivare, è stata notizia un giorno, poi è terminata, e noi non siamo capaci di convertire ciò in contenuto, né siamo capaci di convertire ciò in apprendimento per i nostri popoli, è lì dove voglio fermarmi, che è quello che io chiamo la dimensione di Fidel.

La dimensione di Fidel sono i popoli, c’è in giro l’aneddoto della nostra grande giornalista Marta Rojas, quando Fidel era in prigione e scrisse il libro che tutti conosciamo, ‘La storia mi assolverà’, dal carcere e con un’organizzazione clandestina si proponeva di stamparne centomila copie in un paese che contava cinque milioni di abitanti, poi quell’organizzazione potè stamparne solo diecimila, ma mi riferisco alla dimensione nella concezione di Fidel. Un aneddoto che Ramonet, che non è qui, può testimoniare: la prima volta che invitammo Ramonet alla Fiera del Libro  facemmo un suo libro intitolato ‘Propagande silenziose’, Ramonet veniva dal Forum di Porto Alegre nella sua prima edizione, e Fidel era molto interessato nel vederlo, e lì parlando gli spieghiamo: “Comandante, guardi, questo libro viene presentato, per favore, se può assistere…”, e lui chiese: “Quanti ne ha fatti?”, e pensavamo di aver fatto la grande cosa, gli abbiamo detto: “Diecimila, Comandante”, “Quella spazzatura?”, Fidel ne fece centomila copie in pochissimo tempo e lo presentò lui stesso nel più grande teatro del paese e in televisione.

Lo dico perché allora noi non possiamo concepire questo come un problema da guru, di una conoscenza solo per specialisti, per quelli che sanno molto; siamo in una guerra che è per le menti delle persone, e dobbiamo fare in modo che tutte queste persone sappiano difendersi e partecipare a quella guerra, e dotarle degli strumenti non solo di analisi bensì di partecipazione, e noi che siamo governi rivoluzionari, noi che siamo al potere, abbiamo l’obbligazione di essere esemplari in questo, e pensare, inoltre, che non si tratta di un problema che oggi sia in questo modo e abbiamo già fatto, bensì perché siamo in un processo dove l’evoluzione delle tecnologie è tale che l’apprendimento deve essere costante, ma tale apprendimento non è per noi, per crederci che sappiamo molto, bensì per i nostri popoli.

Secondo esempio di Fidel, è anche la dimensione del combattimento; ebbene, qui non ricordo se qualcuno si è ricordato di quello che è successo a Mar del Plata, nel 2005, quello che Fidel e Chávez organizzarono lì per far fallire il progetto di Bush di ricolonizzazione dell’America Latina. Quello che loro organizzarono combinò due cose, il tema della comunicazione, internet, ma con le strade: strade, cortei, gente, eventi, stadi pieni di gente, quindi anche la dimensione  deve essere a livello internazionale; tutti noi abbiamo problemi con l’impero, come diceva qualcuno qui ora, noi rappresentiamo le idee che incarna la maggioranza della gente, e se non lo sanno più è perché noi non siamo capaci di raggiungerle, che rappresentano gli interessi della maggioranza.

Quando i Cinque erano prigionieri, penso che Gerardo fosse qui adesso, non so se vi ricordate, è stato organizzato un evento internazionale, a Cuba,, nello stesso anno 2005, e quale era il tema dell’evento per lottare per i Cinque, era libertà per i Cinque?, no, era terrorismo di stato, ed è lì che sono venute tutte le vittime del terrorismo di stato nel mondo, e tutte hanno avuto la possibilità di presentare la loro causa: credere che lottare solo per la nostra causa facciamo un qualche danno all’impero, specialmente un paese che sta affrontando un’asimmetria come quella che sta affrontando Cuba, è di una vergognosa ingenuità.

E da ultimo il ruolo dell’intellighenzia, dell’arte e del simbolico. Ora, sabato, si compiranno i cento anni di un fatto che ha cambiato la vita intellettuale a Cuba e l’ha collegata al latinoamericanismo, all’antimperialismo e ha recuperato José Martí in quei ruoli, che è un evento chiamato la ‘Protesta dei 13’, è contro un atto di corruzione, e alcuni giovani intellettuali che si incontravano per pranzare e parlare lo scoprono e decidono di interrompere un atto culturale per denunciarlo, ma c’è uno di loro, che si chiama Rubén Martínez Villena, non si ferma li, scrive le sue parole sullo scandalo, come succede per qualsiasi altra cosa, sono apparse sul giornale il giorno dopo, ma no, Rubén scrisse anche un poema che molti cubani sanno ripetere a memoria alcuni dei suoi versi, si insegna nelle scuole, si recita, e questo è il valore dove non arriva altra cosa, il valore del simbolico, “Ci vuole una carica per uccidere i farabutti, per portare a termine l’opera delle rivoluzioni, per vendicare i morti che subiscono oltraggio, per pulire la crosta tenace della colonizzazione”. Quei versi, forse siamo regrediti, ma mi immagino che ci siano ancora gente che lo possa, molta, che possano recitarli a memoria. E dopo Rubén va a difendere un altro rivoluzionario cubano che è in sciopero della fame, Julio Antonio Mella, e aveva una disputa con il dittatore del momento a Cuba, e lo perpetua con una metafora poetica, probabilmente senza quella metafora quasi nessuno se ne ricorderebbe, gli dice: “È un asino con gli artigli”, ed è così che è rimasto nella storia per sempre, questo è il valore della metafora, del simbolico, della poesia, dove il resto non arriva.

Quindi è molto importante, ecco perché cito questo esempio, il ruolo della produzione simbolica, perché parlando di produzione simbolica, c’è una vignetta con cui sono cresciute le ultime generazioni di cubani, che ha una frase, parlando delle “cariche per uccidere farabutti”, che erano quelle che davano i nostri indipendentisti XIX secolo, “Rimane ancora molto machete da dare”, giusto? quindi c’è ancora molta battaglia ancora da dare, e di ciò abbiamo esempi in Fidel, esempi della nostra storia, perché le tecnologie non cambieranno l’essenza delle cose, qui si è parlato di concetti che sono un po’ in disuso grazie alle nostre sconfitte, come lotta di classe, borghesia, imperialismo, abbiamo lasciato estinguere le categorie che i nostri teorici hanno creato per difenderci, come se con ciò potessimo comunicare meglio, e le concessioni, come ha scoperto un altro grande teorico di nome Mikhail Gorbaciov, conducono solo a più concessioni.

Nel caso di Cuba, dove abbiamo altre possibilità perché siamo una Rivoluzione al potere, tutto questo potrebbe far parte di un corso di uno spazio che abbiamo perso, che Fidel ha creato e che lo salviamo con i codici e le possibilità di questi tempi, Università per Tutti (UpT), che sia un corso in televisione con un tabloid, che può essere digitale, come testo, con lezioni pratiche nei Joven Club (JC) che abbiamo in tutti i comuni del paese, collegando lì nei JC le organizzazioni di massa di ogni territorio. Ripeto, se non colleghiamo i nostri popoli con questo, non ha alcun senso, la nostra dottrina difensiva si chiama Guerra di tutto il popolo, non “guerra senza il popolo”, allora dobbiamo pensare a tutto quello che possiamo fare affinché questa conoscenza non deideologizzata, non depoliticizzata, bensì con un contenuto politico chiaro ed esplicito, si connetta con le esigenze della lotta ideologica oggi nei nostri paesi, e in particolare a Cuba, che è il centro di una molto intensa. Qui se ne è parlato tutto il tempo, di un’enorme aggressione in questo campo, ripeto, convertirlo in un corso dell’UpT, con il formato creato dal Comandante in Capo Fidel Castro, e aggiungendo a questo che già noi lo abbiamo fatto quando abbiamo fatto un corso, all’UpT, sulla nostra enciclopedia collaborativa EcuRed, con lezioni pratiche nei JC per tutti coloro che vogliono andare, ma in esso lo abbiamo rivolto soprattutto alle nostre organizzazioni di massa in ogni territorio, abbiamo più di seicento JC di informatica ed elettronica per questo. Anche questo sarebbe lavorare con la dimensione di Fidel.

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