Cuba: Diritti sessuali ed emancipazione

Mariela Castro Espín

La Rivoluzione del 1959 significò il raggiungimento della sovranità nazionale cubana, l’attuazione di un progetto di giustizia ed equità sociale, l’inizio delle trasformazioni più profonde e radicali nella storia della nazione e della sua cultura.

Un evento di tale portata non poteva che modificare completamente le politiche in relazione a genere e sessualità. È stato un processo complesso di metamorfosi culturale, propiziatore di scontri e dialoghi tra generazioni, modelli culturali, classi e strati sociali, in cui noi donne siamo state beneficiarie protagoniste e promotrici.

L’erosione del patriarcato come paradigma di potere

 

In questo scenario di ampia partecipazione popolare si generarono le prime azioni per implementare i cambi politici, economici e sociali che modificarono il ruolo di uomini e donne nella società e nella famiglia, nelle loro relazioni di coppia, nelle sessualità, nelle relazioni intergenerazionali.

Tra il 1959 ed il 1961, il giovane Stato Rivoluzionario approvò leggi molto significative che rispondevano ai vecchi desideri frustrati dai politicanti dei partiti tradizionali, su corruzione e servilismo verso la potente nazione del nord. Tra queste, spicca la Legge Fondamentale della Repubblica di Cuba, approvata il 7 febbraio 1959, in cui si stabiliva parità salariale tra uomini e donne.

Il 23 agosto 1960, la Federazione Donne Cubane (FMC) si costituì ufficialmente come movimento organizzato e di massa delle donne nella società civile; da allora articolò un proprio progetto di rafforzamento come soggetti di diritto, con un profondo impatto su tutta la società, la politica e la cultura.

Simultaneamente si svilupparono diverse iniziative di ampia partecipazione dei cittadini, come le mobilitazioni popolari in difesa delle aggressioni terroristiche organizzate dal governo USA; le donne arrivarono nelle loro case vestite da miliziane e divennero quotidiane le loro immagini in questo nuovo ruolo sociale.

L’ampia incorporazione delle donne nel lavoro ed in tutto ciò che accadeva pubblicamente ebbe un grande impatto sulla sessualità (Núñez, 2001). La nuova condizione sociale delle donne contribuì a cambiare il modello riproduttivo reale di sei figli/e per donna, a meno di un figlio/a per donna (Alfonso, 2006), sebbene l’ultima Indagine Nazionale sulla Fecondità nformi che l’ideale riproduttivo delle donne sia di 2.13 e degli uomini 2.31 (onei, 2009).

Come risultato del lavoro congiunto tra FMC ed il nuovo Sistema Nazionale Sanitario Pubblico, nel 1964 si istituì il Programma Nazionale di Pianificazione Familiare e, nel 1965, si istituzionalizzò la cessazione volontaria della gravidanza, come servizio gratuito, svolto da professionisti ed in istituzioni sanitarie pubbliche.

Ciò fu fatto allo scopo di ridurre la mortalità materna, nonché di promuovere e garantire il diritto delle donne a prendere proprie decisioni in merito al loro corpo.

Queste decisioni, insieme ad altri programmi nazionali, contribuirono a ridurre la mortalità materna che, nel 1959, era di 120 per 100000 bimbi nati vivi e già, nel 1966, si era ridotta a 60. Il monitoraggio rigoroso di questo indicatore per ridurne le sue cause prevedibili costituisce un compito permanente e uno dei più importanti del Programma Materno Infantile del MINSAP, che ha chiuso l’anno 2019 con un tasso di 36 morti per 100000 nati vivi.

Seguendo i suoi peculiari meccanismi di partecipazione, nel 1972, la FMC istituì un gruppo di lavoro multidisciplinare e intersettoriale per creare e sviluppare un Programma Nazionale di Educazione Sessuale.

Questa iniziativa aveva lo scopo di rispondere ad uno degli orientamenti espressi dalle donne nelle loro assemblee annuali: prepararsi all’educazione sessuale per orientare meglio le loro figlie/i, evitando loro, così, le vicissitudini che avevano subite. Con questa premessa, nasce il Gruppo Nazionale di Lavoro d’Educazione Sessuale.

L’importanza dell’educazione sessuale fu riconosciuta nel II Congresso dell’FMC, nel 1974, e nel I Congresso del Partito Comunista di Cuba, nel 1975. Da allora, l’educazione alla sessualità è rimasta espressa nella politica dello Stato, che riconobbe nella famiglia e nella scuola, le istituzioni di maggiore responsabilità.

Le politiche degli anni ’60 si espressero in nuove leggi durante gli anni ’70, tra le quali spicca il Codice di Famiglia, approvato nel 1975, a seguito di un vasto processo di consultazione popolare. Considerato il più avanzato, per la sua epoca, di tutto il continente, riconosceva il diritto di uomini e donne alla piena sessualità ed a condividere le stesse responsabilità domestiche ed educative.

Come conseguenza della politica sviluppata negli anni ’70, Cuba fu il primo paese a firmare, ed il secondo a ratificare, gli impegni di governo davanti alla Convenzione sull’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione contro la Donna (Cedaw, 1979).

Il rispetto del libero orientamento sessuale ed identità di genere

 

La cultura cubana ha una forte eredità ispano-africana patriarcale, con una lunga tradizione omofobica, un modello di dominio imposto dal sistema coloniale spagnolo e dalla sua religione ufficiale, insieme ad una produzione scientifica universale che stigmatizzava l’omosessualità.

Quando la Rivoluzione trionfò, in tutto il mondo le scienze mediche, psicologiche, sociali e giuridiche si pronunciavano contro l’omosessualità e la consideravano un esempio di malattia, follia, declino morale e deviazione dalle norme sociali.

Sfortunatamente, la permanenza dell’omofobia istituzionalizzata nei primi decenni della Rivoluzione non è stata analizzata in tutta la sua complessità. Questa situazione è sfruttata da coloro che hanno visto solo un’opportunità per trarre profitto dal ben finanziato mercato degli attacchi contro Cuba. Detto questo, risulta essenziale l’analisi critica, dalle nostre istituzioni, a pratiche incoerenti con lo spirito umanista del processo rivoluzionario.

David Carter (2004), nel suo libro Stonewall, le proteste che hanno innescato la rivoluzione gay, ha scritto che, nel 1961, le leggi che penalizzavano l’omosessualità negli USA erano più severe di quelle applicate in Cuba, Russia o Germania orientale, paesi di solito criticati, dal governo USA, per i loro “metodi dispotici” (Carter D., p.16).

Comprendere la situazione attuale delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali ed intersessuali (LGBTI+) a Cuba e la necessità di porre la sua attenzione come oggetto della politica, richiede inserirsi nell’evoluzione storica del tema nell’agenda sociale della Rivoluzione cubana.

Il Gruppo Nazionale del Lavoro d’Educazione Sessuale (Gntes, 1972), guidato dalla FMC, è diventato il Centro Nazionale dl’Educazione Sessuale (CENESEX), nel 1988, e da allora si subordina al Ministero della Sanità Pubblica.

Il CENESEX ha la missione di contribuire allo sviluppo dell’Educazione Integrale della Sessualità, della Salute Sessuale e del riconoscimento e garanzia dei diritti sessuali dell’intera popolazione. Per fare ciò, sviluppa strategie educative e comunicative che includono diverse campagne nazionali per il bene pubblico.

Un impatto significativo sulla mobilitazione della coscienza sociale della popolazione cubana è stata l’iniziativa di celebrare la Giornata Internazionale contro l’Omofobia e la Transfobia, dal 17 maggio 2007.

Pertanto, abbiamo accolto la proposta del professore franco-caraibico, Louis-Georges Tin, di situare nelle efemeridi nazionali la celebrazione del giorno in cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha approvato la depatologizzazione dell’omosessualità, uno dei motivi che hanno contribuito al suo stigma e discriminazione, senza basi scientifiche. Ciò è accaduto il 17 maggio 1990.

Dal 2008 dedichiamo tutto il mese di maggio allo sviluppo di azioni educative e comunicative che promuovino il rispetto del libero orientamento sessuale e dell’identità di genere, come esercizio di giustizia ed equità sociale, con il nome proprio di Giornate Cubane contro l’Omofobia e la Transfobia.

Queste giornate sono coordinate dal CENESEX, attraverso il MINSAP, insieme ad altre istituzioni statali, il governo e l’indispensabile supporto del PCC ai suoi vari livelli. Si sono dedicate campagne allo spazio famigliare, scolastico, lavorativo e, più recentemente, al riconoscimento di tutti i diritti per tutte le persone, senza discriminazione per il proprio orientamento sessuale ed identità di genere.

Le Giornate Cubane contro l’Omofobia e la Transfobia hanno inciso, senza dubbio, sulla visione del paese approvata nel VII Congresso del Partito Comunista di Cuba (2016) e nell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare (2017) dopo un rigoroso processo di consultazione popolare.

La Concettualizzazione del Modello Economico e Sociale Cubano di Sviluppo Socialista ed il Piano Nazionale per lo Sviluppo Economico e Sociale fino al 2030 fanno espressa menzione della necessità di affrontare ogni forma di discriminazione, compresa quella motivata dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.

In piena sintonia con questo, dal 2019, il nostro testo costituzionale riconosce i diritti sessuali e riproduttivi, proibisce la discriminazione verso le persone con sessualità non eteronormative, protegge la diversità familiare e regola, chiaramente, il matrimonio come un’istituzione giuridica alla quale possono accedere tutte le persone senza discriminazioni di alcun tipo.

Certo, c’è ancora molta strada da fare. Ecco perché educhiamo in favore dell’amore ed alla rispettosa convivenza, non per la perpetuazione delle relazioni di dominio né di violenza. Educhiamo ai principi umanistici e democratici che s’ispirano al paradigma emancipatorio del socialismo, alla libertà come complessa responsabilità individuale e collettiva. Continueremo a lavorare fino a raggiungere tutta la giustizia.

(Tratto da Granma)


Cuba: Derechos sexuales y emancipación

Por: Mariela Castro Espín

La revolución de 1959 significó el logro de la soberanía nacional cubana, la puesta en práctica de un proyecto de justicia y equidad social, el comienzo de las transformaciones más profundas y radicales en la historia de la nación y su cultura.

Un acontecimiento de tal magnitud no podía sino modificar por entero las políticas en relación con el género y las sexualidades. Ha sido un proceso de metamorfosis cultural complejo, propiciador de confrontaciones y diálogos entre generaciones, patrones culturales, clases y estratos sociales, en el que las mujeres hemos sido beneficiarias protagonistas y promotoras.

La erosión del patriarcado como paradigma de poder

En este escenario de amplia participación popular se gestaron las primeras acciones para implementar los cambios políticos, económicos y sociales que modificaron el papel de los hombres y las mujeres en la sociedad y en la familia, en sus relaciones de pareja, en las sexualidades, en las relaciones intergeneracionales.

Entre 1959 y 1961, el joven Estado Revolucionario aprobó leyes muy significativas que respondían a viejos anhelos frustrados por la politiquería de los partidos tradicionales, su corrupción y el servilismo a la poderosa nación del norte. Entre ellas, resalta la Ley Fundamental de la República de Cuba, aprobada el 7 de febrero de 1959, en la que se estableció la igualdad de salarios entre hombres y mujeres.

El 23 de agosto de 1960 se constituyó oficialmente la Federación de Mujeres Cubanas (FMC) como movimiento organizado y masivo de las mujeres en la sociedad civil; desde entonces se articuló un proyecto propio, de empoderamiento como sujetos de derecho, con profundo impacto en toda la sociedad, la política y la cultura.

Simultáneamente se desarrollaron diferentes iniciativas de amplia participación ciudadana, como las movilizaciones populares en defensa de las agresiones terroristas organizadas por el gobierno de Estados Unidos de América; las mujeres llegaron a sus casas vestidas de milicianas y se hicieron cotidianas sus imágenes en este nuevo rol social.

La amplia incorporación de las mujeres al trabajo y a todo lo que acontecía públicamente tuvo gran impacto en la sexualidad (Núñez, 2001). La nueva condición social de las mujeres contribuyó a cambiar el patrón reproductivo real de seis hijos/as por mujer, a menos de un hijo o hija por mujer (Alfonso, 2006), aunque la última Encuesta Nacional de Fecundidad informa que el ideal reproductivo de la mujer es de 2,13 y el de los hombres 2,31 (onei, 2009).

Como resultado del trabajo conjunto entre la FMC y el nuevo Sistema Nacional de Salud Pública, en 1964 se estableció el Programa Nacional de Planificación Familiar y en 1965 se institucionalizó la terminación voluntaria del embarazo, como un servicio gratuito, realizado por profesionales y en instituciones de la salud pública.

Esto se hizo con el objetivo de disminuir la mortalidad materna, así como el de promover y garantizar el derecho de las mujeres a tomar decisiones propias sobre su cuerpo.

Estas decisiones, junto a otros programas nacionales, contribuyeron a disminuir la mortalidad materna, que en 1959 era de 120 por cada 100 000 niños nacidos vivos, y ya en 1966 se había reducido a 60. El monitoreo riguroso de este indicador para disminuir sus causas previsibles constituye una tarea permanente y uno de las más importantes del Programa Materno Infantil del Minsap, que cerró el año 2019 con una tasa de 36 muertes por 100 000 niños nacidos vivos .

Siguiendo sus peculiares mecanismos de participación, en 1972 la FMC estableció un grupo de trabajo multidisciplinario e intersectorial para gestar y desarrollar un Programa Nacional de Educación Sexual.

Con esta iniciativa se pretendía responder a uno de los planteamientos expresados por las mujeres en sus plenarias anuales: prepararse en educación sexual para orientar mejor a sus hijas e hijos, y evitarles así las vicisitudes que ellas habían sufrido. Con esta premisa nace el Grupo Nacional de Trabajo de Educación Sexual.

La importancia de la educación sexual fue reconocida en el Segundo Congreso de la FMC, en 1974, y en el Primer Congreso del Partido Comunista de Cuba, en 1975. Desde entonces, la educación de la sexualidad quedó expresada en la política del Estado, que reconoció en la familia y la escuela, a las instituciones de mayor responsabilidad.

Las políticas de los años 60 se expresaron en nuevas leyes durante la década de los 70, entre las que se destaca el Código de Familia aprobado en 1975, como resultado de un amplio proceso de consulta popular. Considerado el más avanzado para su época en todo el continente, reconocía el derecho de hombres y mujeres a una sexualidad plena y a compartir las mismas responsabilidades domésticas y educativas.

Como consecuencia de la política desarrollada durante los años 70, Cuba fue el primer país en firmar, y el segundo en ratificar, los compromisos de gobierno ante la Convención sobre la Eliminación de todas las formas de Discriminación contra la Mujer (Cedaw, 1979).

El respeto a la libre orientación sexual e identidades de género

La cultura cubana tiene una fuerte herencia hispano-africana patriarcal, con una larga tradición homofóbica, un modelo de dominación impuesto por el sistema colonial español y su religión oficial, junto a una producción científica universal que estigmatizaba la homosexualidad.

Cuando triunfa la Revolución, en todo el mundo las ciencias médicas, sicológicas, sociales y jurídicas se pronunciaban en contra de la homosexualidad, y la consideraban un ejemplo de enfermedad, locura, decadencia moral y desviación de las normas sociales.

Desafortunadamente, la permanencia de la homofobia institucionalizada en las primeras décadas de la Revolución, no ha sido analizada en toda su complejidad. Esta situación es aprovechada por quienes solo han visto en ello una oportunidad para lucrar dentro del bien financiado mercado de los ataques contra Cuba. Ante esto resulta imprescindible el análisis crítico, desde nuestras instituciones, a prácticas incoherentes con el espíritu humanista del proceso revolucionario.

David Carter (2004), en su libro Stonewall, las protestas que encendieron la revolución gay, escribió que, en 1961, las leyes que penalizaban la homosexualidad en Estados Unidos eran más duras que las aplicadas en Cuba, Rusia o Alemania del Este, países usualmente criticados por el gobierno estadounidense por sus «métodos despóticos» (Carter D., p.16).

Comprender la situación actual de las personas lesbianas, gays, bisexuales, trans e intersexuales (lgbti+) en Cuba, y la necesidad de colocar su atención como objeto de política, exige ubicarse en la evolución histórica del tema en la agenda social de la Revolución Cubana.

El Grupo Nacional de Trabajo de Educación Sexual (Gntes, 1972), lidereado por la fmc, devino en Centro Nacional de Educación Sexual (Cenesex) en 1988, y desde entonces se subordina al Ministerio de Salud Pública.

El Cenesex tiene la misión de contribuir al desarrollo de la Educación Integral de la Sexualidad, la Salud Sexual y el reconocimiento y garantía de los derechos sexuales de toda la población. Para ello, desarrolla estrategias educacionales y comunicacionales que incluyen diferentes campañas nacionales de bien público.

Un impacto significativo en la movilización de la conciencia social de la población cubana ha sido la iniciativa de celebrar el Día Internacional contra la Homofobia y la Transfobia desde el 17 de mayo de 2007.

Acogimos así la propuesta del profesor franco-caribeño, Louis-Georges Tin, de situar en las efemérides nacionales la celebración del día en que la Organización Mundial de la Salud aprobó la despatologización de la homosexualidad, una de las razones que han contribuido a su estigma y discriminación, sin fundamentos científicos. Esto ocurrió el 17 de mayo de 1990.

Desde 2008 dedicamos todo el mes de mayo a desarrollar acciones educativas y comunicacionales que promueven el respeto a la libre orientación sexual e identidades de género, como ejercicio de justicia y equidad social, con el nombre propio de Jornadas Cubanas contra la Homofobia y la Transfobia.

Estas jornadas son coordinadas por el Cenesex, a través del Minsap, junto a otras instituciones del Estado, el gobierno y el indispensable apoyo del PCC a sus distintos niveles. Se han dedicado campañas al espacio familiar, escolar, laboral y, más recientemente, al reconocimiento de todos los derechos para todas las personas, sin discriminación por sus orientaciones sexuales e identidades de género.

Las Jornadas Cubanas contra la Homofobia y la Transfobia han impactado, sin lugar a duda, en la visión de país aprobada en el 7mo. Congreso del Partido Comunista de Cuba (2016) y en la Asamblea Nacional del Poder Popular (2017) después de un riguroso proceso de consulta popular.

La Conceptualización del Modelo Económico y Social Cubano de Desarrollo Socialista y el Plan Nacional de Desarrollo Económico y Social hasta 2030 hacen mención expresa a la necesidad de enfrentar toda forma de discriminación, incluyendo la motivada por orientación sexual e identidad de género.

En total sintonía con ello, desde 2019, nuestro texto constitucional reconoce los derechos sexuales y reproductivos, prohíbe la discriminación hacia las personas con sexualidades no heteronormativas, protege la diversidad familiar y regula de manera clara el matrimonio como una institución jurídica a la que pueden acceder todas las personas sin discriminación de ningún tipo.

Claro que falta un largo camino por recorrer. Por eso educamos para el amor y la convivencia respetuosa, no para la perpetuación de relaciones de dominación ni de violencia. Educamos en los principios humanistas y democráticos que se inspiran en el paradigma emancipador del socialismo, en la libertad como compleja responsabilidad individual y colectiva. Seguiremos trabajando hasta alcanzar toda la justicia.

(Tomado de Granma)

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.