L’audacia aveva due nomi: Camilo ed il Che

Nel caratterizzare due dei suoi migliori capi, Ernesto Che Guevara e Camilo Cienfuegos, entrambi membri della spedizione Granma, Fidel Castro ha spiegato: “Camilo, meno intellettuale del Che, ma anche molto coraggioso, un capo eminente, molto audace, molto umano. I due si rispettavano e si amavano molto. Camilo si era fatto notare, era nella truppa del Che, faceva incursioni in pianura, cominciava a creare una leggenda in situazioni di combattimento molto difficili”.

Per le sue prestazioni audaci e le sue virtù combattive, Fidel Castro nomina il medico argentino con il più alto grado di Comandante, gli affida missioni che compie con successo, proprio come Camilo, che fino ad allora era il capo dell’avanguardia.

Qualche mese prima, i comandanti Raúl Castro e Juan Almeida Bosque stavano partendo alla testa delle rispettive colonne, verso il nord e il sud-est dell’ampio territorio della provincia più montagnosa, con la missione di aprire altri due bastioni di guerriglia: il II Fronte Orientale di Frank País García e il III Fronte Orientale Dottor Mario Muñoz Monroy.

Tutti i combattenti fondatori di queste nuove unità da combattimento provengono dalla Colonna Uno, una scuola e fucina di coraggiosi ufficiali.

Somiglianze e differenze

Il Che era un esempio, aveva molta morale e ascendenza sulle truppe, diceva Fidel Castro, che da allora lo considerava un “modello di uomo”. Era già un teorico, un uomo disinteressato, con ogni tipo di iniziativa”.

Il suo capo ne ammirava l’audacia, ma ne criticava l’eccesso che lo portava a sovraccaricarsi e a sottovalutare il rischio. Quando poteva evitare una lotta, non lo faceva. In questo si differenziava da Camilo, un modello di guerriglia, secondo lo stesso argentino, che era capace di sapere quando e dove agire intuendo il pericolo, chiamandolo per nome.

Il Che non ne sarebbe uscito vivo in quella guerra se quel controllo non fosse stato esercitato sulla sua audacia e sulla sua disposizione spericolata, ha detto Fidel. Ecco perché, quando arriva l’ultima offensiva del nemico, né Camilo, né il Che, né Raúl e Almeida sono in prima linea nella battaglia, anche se il Comandante in Capo assegna loro diverse missioni. In una lettera al suo mentore, il 24 aprile 1958, Camilo si congratula con lui per l’incarico di Fidel Castro di dirigere la scuola di reclutamento a Minas del Frio, poiché, assicura, è da lì che arriveranno i “futuri soldati di prima classe”. Elogia il suo ruolo nella fase iniziale del conflitto e prevede che sarà più necessario “quando la guerra finirà, quindi il Gigante farà bene” (si riferisce al Comandante in Capo).

Camilo riconosce e ringrazia il suo ex capo ‘e lo rimarrà sempre’, e confessa: ‘grazie a te ho la possibilità di essere più utile ora, farò del mio meglio per non farti fare brutta figura.

Conclude la sua lettera con un originale addio: “Il tuo eterno adulatore, Camilo”.

Nel valutare il ruolo svolto dal Che e da Camilo nella sconfitta dell’offensiva e nello sviluppo della controffensiva strategica, Fidel sottolinea che essi “hanno pienamente rispettato il loro ruolo di miei luogotenenti principali in tempi diversi”.

Qualche settimana dopo, entrambi i capi avrebbero intrapreso la riedizione dell’invasione della Guerra d’Indipendenza contro la Spagna verso l’ovest del Paese, una vera e propria impresa di sacrificio ed eroismo, in tempi di moderni mezzi di guerra terrestre e aerea, che si riflette nei giornali e nei libri che ricordano quell’epopea.

Nel territorio di Villajoyosa, l’esperienza dei due leggendari capi, carisma e sincera amicizia, ha contribuito a raggiungere l’unità con le altre forze rivoluzionarie che operano in quello scenario, a realizzare azioni congiunte e a impedire il passaggio dei rinforzi della tirannia verso il territorio orientale assediato.

Fonte: www.prensa-latina.cu

Traduzione:

ASSOCIAZIONE NAZIONALE DI AMICIZIA ITALIA-CUBA

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