La Casa Bianca all’assalto di Cuba

Fabrizio Casari –  www.altrenotizie.org

Una nuova disposizione della Casa Bianca in ordine alla famigerata legge Helms-Burton apre una nuova fase dello scontro dell’Amministrazione Trump con Cuba. Diversamente dai suoi predecessori, il Presidente Trump ha deciso di interrompere la reiterata deroga al capitolo 3 della legge, aprendo così un nuovo, gravissimo scontro con l’isola e con il resto della comunità internazionale.

Sì perché è proprio la comunità internazionale il cosiddetto “danno collaterale” della nuova escalation aggressiva della Casa Bianca. Il capitolo 3 della legge Helms-Burton, infatti, prevede che titolari o anche loro discendenti delle proprietà statunitensi a Cuba prima del 1 Gennaio del 1959, possano rivendicare con istanze presso i tribunali statunitensi una indennizzazione a carico di Cuba.

La legge Helms-Burton, giova ricordarlo, datata 1996, è l’ultima legge emanata dagli Stati Uniti contro Cuba. Nella sostanza rappresenta il definitivo peggioramento di altre leggi, come la legge Torricelli (1992), improntate al sostegno del blocco economico, finanziario, commerciale e diplomatico che da quasi 60 anni gli Stati Uniti impongono a Cuba.

La legge Helms-Burton amplia la sfera di riferimento delle precedenti disposizioni statunitensi contro Cuba coinvolgendo nella sua azione delittiva e anacronistica l’intera comunità internazionale. E’ un vero e proprio trattato di pirateria internazionale che prevede l’estensione sovranazionale della legislazione interna degli Stati Uniti. In sostanza, colpisce ogni soggetto, indipendentemente dalla sua natura giuridica, che mantenga relazioni con Cuba. Siano essi stati, istituti di credito, aziende, privati cittadini, possono essere sanzionati da Washington con misure che prevedono rivalse commerciali, multe, sequestro ed esproprio dei beni residenti negli USA, divieto di entrata negli Usa per i dirigenti e possono arrivare fino all’arresto dei legali rappresentanti delle società che intrattenessero rapporti con l’isola.

Quando la legge venne approvata, l’Unione Europea, il Canada e il Giappone impugnarono presso il WTO – che aprì un panel al riguardo – i suoi effetti minacciosi ed extraterritoriali, considerati giustamente una intollerabile aggressione alla libertà di commercio internazionale. Gli Stati Uniti, coscienti di come l’eventuale ricorso avrebbe comportato una loro sicura condanna e di come la ritorsione dei paesi terzi avrebbe comportato danni enormi per il loro commercio, accettarono un compromesso che prevedeva la sospensione del capitolo 3 della legge (appunto quello riguardante gli effetti extraterritoriali) tramite una firma del Presidente USA che, a scadenza semestrale, avrebbe posto il veto presidenziale sull’applicazione della legge.

La decisione di Trump interrompe proprio la ricorrente sospensione semestrale che mitigava gli effetti sulla comunità internazionale, con l’intenzione di isolare ancor più Cuba e mettere all’angolo i residui margini di autonomia commerciale europea, già severamente frustrata dall’arroganza imperiale statunitense che distribuisce dazi e sanzioni per tentare di avvantaggiarsi nel commercio internazionale.

La scelta di Trump non stupisce. L’affidamento della politica verso l’America Latina alla parte più retriva del terrorismo cubano-americano stanziato in Florida, pone gli Stati Uniti in una nuova crociata antidemocratica, con riflessi pesanti nei rapporti con Cuba, Venezuela, Nicaragua e Bolivia e propone una pesante ipoteca per la pace nella regione.

Nei giorni scorsi Bolton ha visitato, accolto con entusiasmo, i terroristi cubano americani di Miami per ribadire l’impegno dei nuovi crociati contro i governi progressisti di Cuba, Venezuela, Nicaragua e Bolivia.

Cina e Russia, ovviamente, restano indifferenti all’ennesimo capriccio del quintetto del terrore che costituisce il gabinetto di Trump sulla politica estera ma certo la decisione di Trump non porterà ad una riduzione della tensione già presente nello scenario venezuelano.

L’Italia proprio in queste ore ha subito le sanzioni statunitensi che hanno colpito Unicredit, multata per 1 miliardo e 300 milioni di Euro per aver realizzato transazioni finanziarie riguardanti Cuba. E l’Unione Europea, che subisce questa misura in aggiunta a quella che vede l’introduzione di sanzioni per i paesi che importano petrolio dall’Iran, tra cui l’Italia, per bocca della Mogherini ha già annunciato il ricorso alla Corte Penale (che tanto gli USA non riconoscono) e possibili ritorsioni verso gli Stati Uniti, ma conoscendo lo spessore di Bruxelles difficilmente a Washington si preoccuperanno.

Eppure, indipendentemente dal profilo politico che ogni Paese presenti, la questione statunitense è ormai, con tutta evidenza, una questione di sicurezza internazionale. Mike Pence, Mike Pompeo, John Bolton, Marco Rubio ed Elliot Abrams, formano il quintetto criminale nelle cui mani Trump ha depositato la politica estera di una Casa Bianca così divenuta il tempio del segregazionismo e suprematismo.

Si è in presenza di una amministrazione che, carica del suo delirio ideologico, sembra caratterizzarsi per la sfacciata arroganza e prepotenza nei confronti di tutta la comunità internazionale. Non passa giorno, ormai, senza che la Casa Bianca applichi misure coercitive economico, finanziarie e militari verso paesi terzi, per non parlare dell’imposizione di autonominati presidenti-fantoccio e di minacce ai suoi stessi alleati.

Più che risultare il luogo della governance internazionale si configura ormai come una organizzazione dai tratti criminogeni, che ignora il diritto internazionale, le regole e gli accordi da essa stessa firmati, che impone con la forza i suoi interessi a danno di quelli della comunità internazionale e cerca di fare del pianeta una succursale del proprio Paese.

Non si tratta di isolazionismo, come la parte più stupida dell’antitrumpismo ritiene: l’isolazionismo, infatti, prevederebbe un distacco, un ripiegamento a fini interni della sua strategia. Qui invece ci si trova di fronte ad una rinnovata arroganza imperiale, alla compressione dei diritti della comunità internazionale che viene piegata a strumento per procurare vantaggi all’economia statunitense ed al nuovo comando unilaterale viaggiante sull’asse Washington-Tel Aviv.

In coerenza con il voto Onu su Cuba, che da sempre vede la comunità internazionale schierarsi contro gli USA, servirebbe uno scatto di dignità internazionale. Imporre sanzioni, ridurre la presenza militare e ignorare i diktat politici degli Stati Uniti é l’unica strada possibile per riportare ad una dimensione corretta la relazione tra Washington e il resto del mondo. Lasciare l’iniziativa indiscussa e impunita nelle mani di una Casa Bianca ostaggio di un gruppo di nazi-evangelisti accecati dal furore ideologico, significa rinunciare del tutto al diritto internazionale ed ai legittimi interessi di tutta la comunità. La campana suona per tutti.

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