Argentina e Brasile: le facce di una stessa moneta

Katu Arkonada  www.cubadebate.cu

In un Sud America attraversato dal colpo di stato in Bolivia, dalle proteste in Cile e Colombia, dal lawfare contro il correismo in Ecuador o dalla guerra economica contro il Venezuela, i vicini governi dell’Argentina e Brasile, che compiono due mesi nel caso dell’esecutivo diretto da Alberto Fernández e 13 mesi per quello di Jair Bolsonaro, si convertono nel testa e croce di una stessa moneta, quella della crisi di un modello economico e sociale in decomposizione che genera mostri.

Nell’Argentina di Alberto e Cristina, il disastro sociale macrista ha chiarito le priorità: la lotta alla povertà ed alla fame in un paese che nel 2019 ha superato il 53% d’inflazione e che deve al Fondo Monetario Internazionale 57 miliardi di $.

La politica sociale e l’economia saranno pertanto le priorità del governo kirchnerista e peronista nei prossimi quattro anni. Governo che si reggerà su una delle massime di Néstor Kirchner: “La gente non si ammala di politica come noi. Vuole che ogni settimana sia un po’ meglio che la precedente e che nel fine settimana possa dimenticarsi di chi la governa”.

Ed affinché ogni settimana sia un pò meglio della precedente, è fondamentale la Legge di Solidarietà Sociale e Riattivazione Produttiva, che dichiara l’emergenza pubblica in materia economica, finanziaria, fiscale, amministrativa, pensionistica, tariffaria, energetica, sanitaria e sociale, e permette all’esecutivo di approvare leggi e decreti in tutte quelle aree.

A partire da questa legge, il governo ha approvato il piano “Argentina contro la fame” volto a garantire l’accesso al paniere alimentare di base; un bonus di emergenza per i pensionati; l’obbligo di risarcimento per licenziamento senza causa per 180 giorni; un aumento di stipendio per privati e statali che guadagnano fino a 60 mila pesos (circa 1000 $); il congelamento delle tariffe di gas ed elettricità per 180 giorni; la riduzione dell’8% del prezzo dei medicinali e la sospensione di qualunque aumento delle tariffe di treni, autobus e pedaggi.

Tutte queste misure economiche e sociali di emergenza dovranno mitigare i livelli di disuguaglianza e povertà (il più alto in 10 anni) e rimettere in piedi l’Argentina.

Inoltre, sono state adottate misure politiche come il ristabilimento dei ministeri della sanità, Scienza e Tecnologia, Lavoro e Cultura, che il macrismo aveva fatto scomparire e si è creato il Ministero delle Donne, Generi e Diversità, oltre a ripristinare il protocollo di aborto non punibile (primo passo per la legalizzazione) o abrogare il protocollo macrista per l’uso di armi da fuoco a fini repressivi.

Nel frattempo, il Brasile di Bolsonaro, che il 1 gennaio ha celebrato il suo primo anno di governo, percorre in senso opposto all’Argentina ed approfondisce il modello neoliberale rivestito con un discorso di odio, razzismo, omofobia e misoginia, discorso legittimatore della tortura e della dittatura militare

Gli obiettivi del più grande paese, in termini di dimensioni e PIL, del Sud America, sono anche chiari, sia economicamente che socialmente.

Nell’area economica, il 2020 sarà l’anno dell’approfondimento delle privatizzazioni avviate nel 2019. La scommessa è chiara e passa per il restringimento dello Stato e per la privatizzazione delle imprese statali. Nel 2019, cinque società statali sono passate in mani private e l’intenzione, nel 2020, è farlo con altre 17, tra esse Correos o Eletrobras.

Paulo Guedes, il ministro dell’Economia formato presso l’ ultra-neoliberale Università di Chicago, non ha ottenuto che la crescita brasiliana superi l’1% nel 2019 e già prepara un nuovo pacchetto che passa per aumentare il taglio nell’Istituto Brasiliano per l’Ambiente e le Risorse Rinnovabili ed una nuova Legge sulle Pensioni che vuole risparmiare più di 200 miliardi di $ in 10 anni tagliando le pensioni di anzianità.

Nel sociale, l’intenzione del governo di Jair Bolsonaro di ridurre del 30% i fondi per l’istruzione superiore è stata bloccata, per il momento, dalle mobilitazioni studentesche di maggio, agosto e settembre, il che si è ripercosso nel fatto che l’approvazione del governo cadesse fino ad un patetico 29%.

Le recenti dimissioni del Ministro della Cultura per aver copiato, in un video, l’estetica ed il discorso di Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda di Hitler, e le precedenti dimissioni del Ministro della Pubblica Istruzione per aver voluto ridefinire nei libri di storia la dittatura militare come “un regime democratico della forza”, mette perfettamente a nudo il progetto di fascismo sociale bolsonarista, progetto che non potrebbe mettersi in marcia senza l’evangelismo di destra che lo segue facendo il lavoro sporco nelle favelas e tra i/le più poveri/e.

Ma la liberazione di Lula e la recente nomination ai premi Oscar del documentario ‘Al limite della democrazia’ (Democracia em vertigem) di Petra Costa, sono stati duri colpi per Bolsonaro.

L’articolazione di diverse lotte, dal movimento dei contadini senza terra (MST) e quello dei senzatetto (MTST), al movimento femminista o afro-discendente, metteranno un freno al progetto bolsonarista, che ha, come il PT ed il movimento popolare, una sfida nelle elezioni comunali di ottobre.

Brasile ed Argentina sono quindi due facce opposte della stessa moneta, quella della crisi del modello neoliberiale di fronte alla quale si costruiscono alternative post-neoliberali o si generano mostri populisti di estrema destra là dove la sinistra non offre alternative alle maggioranze sociali.

(Tratto da La Jornada)


Argentina y Brasil: Las caras de una misma moneda

Por: Katu Arkonada

En una sudamérica atravesada por el golpe de estado en Bolivia, las protestas en Chile y Colombia, el lawfare contra el correísmo en Ecuador, o la guerra económica contra Venezuela, los gobiernos vecinos de Argentina y Brasil, que cumplen dos meses en el caso del ejecutivo que encabeza Alberto Fernández y 13 meses en el de Jair Bolsonaro, se convierten en la cara y la cruz de una misma moneda, la de la crisis de un modelo económico y social en descomposición que genera monstruos.

En la Argentina de Alberto y Cristina, el desastre social macrista ha dejado claras las prioridades: el combate a la pobreza y el hambre en un país que en 2019 superó 53 por ciento de inflación y que debe al Fondo Monetario Internacional 57 mil millones de dólares.

La política social y la economía serán por tanto las prioridades del gobierno kirchnerista y peronista durante los próximos cuatro años. Gobierno que se regirá por una de las máximas de Néstor Kirchner: “La gente no es enferma de la política como nosotros. Quiere que cada semana sea un poquito mejor que la anterior y que el fin de semana pueda olvidarse de quién la gobierna”.

Y para que cada semana sea un poquito mejor que la anterior, es fundamental la Ley de Solidaridad Social y Reactivación Productiva, que declara la emergencia pública en materia económica, financiera, fiscal, administrativa, previsional, tarifaria, energética, sanitaria y social, y faculta al ejecutivo aprobar leyes y decretos en todas esas áreas.

A partir de esta ley, el gobierno ha aprobado el plan “Argentina contra el hambre” enfocado a garantizar el acceso a la canasta básica de alimentos; un bono de emergencia para jubilados; la obligación de indemnización por despido sin causa por 180 días; un aumento salarial para privados y estatales que cobren hasta 60 mil pesos (alrededor de mil dólares); el congelamiento de las tarifas de gas y electricidad durante 180 días; la reducción de 8 por ciento en el precio de los medicamentos, y la suspensión de cualquier aumento de tarifas en trenes, colectivos y peajes.

Todas estas medidas económicas y sociales de emergencia deberían desahogar los niveles de desigualdad y pobreza (los más altos en 10 años), y poner de nuevo a la Argentina de pie.

Además, se han adoptado medidas políticas como el restablecimiento de los ministerios de Salud, Ciencia y Tecnología, Trabajo y Cultura, que el macrismo había desaparecido, y se ha creado el Ministerio de las Mujeres, Géneros y Diversidad, además de restituir el protocolo de aborto no punible (primer paso para la legalización) o derogar el protocolo macrista de uso de armas de fuego con fines represivos.

Mientras tanto, el Brasil de Bolsonaro, que el primero de enero cumplió un año de gobierno, recorre el sentido contrario a la Argentina y profundiza el modelo neoliberal revestido con un discurso de odio, racismo, homofobia y misoginia, discurso legitimador de la tortura y la dictadura militar.

Los objetivos del país más grande, en tamaño y PIB, de Sudamérica, también están claros, tanto en lo económico como en lo social.

En el área económica, 2020 será el año de profundización de las privatizaciones iniciadas en 2019. La apuesta es clara y pasa por el achicamiento del Estado y por la privatización de empresas estatales. En 2019 pasaron a manos privadas cinco empresas estatales y la intención en 2020 es hacerlo con otras 17, entre ellas Correos o Eletrobras.

Paulo Guedes, el ministro de Economía formado en la ultra neoliberal Universidad de Chicago, no ha conseguido que el crecimiento brasileño supere uno por ciento en 2019, y ya prepara un nuevo paquetazo que pasa por aumentar el recorte en el Instituto Brasileño del Medio Ambiente y de los Recursos Renovables y una nueva Ley de Pensiones que quiere ahorrar más de 200 mil millones de dólares en 10 años recortando las pensiones por jubilación.

En lo social, la intención del gobierno de Jair Bolsonaro de reducir 30 por ciento los fondos para educación superior han sido frenados, de momento, por las movilizaciones estudiantiles de mayo, agosto y septiembre, lo que ha repercutido en que la aprobación del gobierno baje hasta un patético 29 por ciento.

La reciente renuncia del ministro de Cultura por copiar en un video la estética y el discurso de Joseph Goebbels, ministro de Propaganda de Hitler, y la anterior renuncia del ministro de Educación por querer redefinir en los libros de historia la dictadura militar como “un régimen democrático de fuerza”, desnuda a la perfección el proyecto de fascismo social bolsonarista, proyecto que no podría ponerse en marcha sin el evangelismo de derecha que le sigue haciendo el trabajo sucio en las favelas y entre las y los más pobres.

Pero la liberación de Lula y la reciente nominación a los premios Óscar del documental Al filo de la democracia ( Democracia em vertigem) de Petra Costa, han supuesto duros golpes para Bolsonaro.

La articulación de diferentes luchas, desde el movimiento de trabajadores campesinos sin tierra (MST) y el de pobladores urbanos (MTST), al movimiento feminista o afrodescendiente, van a suponer un freno al proyecto bolsonarista, que tiene, al igual que el PT y el movimiento popular, un desafío en las elecciones municipales de octubre.

Brasil y Argentina son de esta manera dos caras opuestas de una misma moneda, la de la crisis del modelo neoliberal ante la que se construyen alternativas posneoliberales o se generan monstruos populistas de ultraderecha allá donde la izquierda no ofrece alternativas a las mayorías sociales.

(Tomado de La Jornada)

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