A cinque anni dagli accordi tra le FARC-EP e lo stato colombiano

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Sono trascorsi cinque anni dalla firma degli accordi di pace tra lo Stato colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (FARC-EP), all’Avana (Cuba), dopo quattro anni di trattative.

Nonostante questo accordo sia stato firmato solo con quella che, allora, era  la più grande delle organizzazioni  guerrigliere, il discorso governativo e mediatico l’ha fatto sembrare come la fine della guerra in Colombia e ha iniziato a parlare di una nuova era di “post-conflitto”, come se con quella firma si fosse posto fine al conflitto sociale e armato in Colombia.

Ma dopo mezzo decennio, questi accordi ripetono la tragedia storica già vissuta da altri simili nella storia della Colombia, a cui sempre è proseguito uno sterminio delle forze smobilitate e il mancato inadempimento da parte dello Stato.

Nel XX secolo, un caso emblematico è stato quello degli accordi tra il governo di Gustavo Rojas Pinilla e le guerriglie liberali, nel 1953, a cui è seguito la persecuzione e lo sterminio degli ex guerriglieri.

Persino le stesse FARC-EP avevano già, nella loro storia, un tentativo fallito quando nel 1984 hanno firmato accordi con l’ex presidente Belisario Betancur, che hanno dato vita, nel 1985, all’Unione Patriottica, organizzazione che subito è stata vittima di uno sterminio sistematico della sua militanza, cioè di un genocidio politico il cui saldo è di oltre 6mila militanti assassinati/e.

Al di là delle critiche che si possono fare al contenuto stesso degli accordi, le aspettative che si rispettasse la vita degli ex combattenti e che venissero loro aperte alternative di sussistenza economica, che sarebbero cessate le eradicazioni forzate e s’imponesse la sostituzione volontaria delle colture, così come altre rivendicazioni sociali che hanno fatto parte del testo sottoscritto, oggi tornano ad apparire come  un’utopia.

Indubbiamente, l’intensità dei combattimenti in molte zone rurali è diminuita nei primi anni dopo la firma e ciò ha contribuito alla percezione di un progresso verso la tranquillità, ma a poco a poco anche quella calma è svanita quando i gruppi paramilitari, sostenuti direttamente o indirettamente dalle forze militari, sono andati occupando gran parte degli spazi abbandonati dall’organizzazione insorta.

Già lo stesso governo di Juan Manuel Santos ha rallentato l’adempimento degli accordi e la campagna uribista per disapprovarli è risultata vincitrice nel plebiscito tenutosi poco dopo la loro firma. La convocazione di quella consultazione è stato un grande errore politico dell’allora presidente Santos, che l’uribismo ha saputo sfruttare molto bene e che gli ha permesso di iniziare presto la campagna elettorale per finire per conquistare la presidenza del paese.

Continuano le eradicazioni forzate, le fumigazioni, i massacri, le sparizioni forzate, anche gli sfollamenti forzati, la criminalizzazione delle famiglie contadine povere che sono costrette a seminare coca per colpa dell’abbandono dello stato che chiude loro tutte le alternative. Mentre, la costruzione di viabilità agricola e le sovvenzioni, i crediti e le consulenze tecniche non sono mai arrivati o sono scomparsi, e le comunità agricole della Colombia sopravvivono in condizioni molto precarie alla mercé dei grandi cartelli del narcotraffico e nel mezzo della guerra.

Questa settimana le Nazioni Unite (ONU) hanno riconosciuto che 292 ex combattenti delle FARC-EP che hanno firmato gli accordi di pace sono stati assassinati, dal 2016. Solo quest’anno, l’organizzazione non governativa Indepaz conta sino a 37 firmatari assassinati/e. A questa terribile cifra si deve aggiungere quella dei loro parenti, anch’essi assassinati a causa della loro relazione.

Il mancato rispetto di questi accordi, la lentezza nei pochi risultati raggiunti e il genocidio degli ex combattenti ratificano che l’oligarchia colombiana non ha mai scommesso sulla pace, ma sulla pacificazione della Colombia.

Ma nonostante questo fallimento, la loro osservanza continua a richiesta popolare ed è stata, ad esempio, una delle ripetute richieste di varie organizzazioni sociali che hanno aderito allo Sciopero Nazionale.

Per lo stesso motivo, fa parte dell’agenda dei pre-candidati e candidati progressisti da cui ci si aspetta eseguano quanto stabilito in detto documento che Juan Manuel Santos ha firmato a nome dello Stato colombiano e si riprendano anche i dialoghi che il governo uribista ha sospeso con l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN), attualmente la più grande organizzazione guerrigliera della Colombia.

A soli nove mesi dalla consegna della presidenza, non c’è più una ragionevole aspettativa che il governo di estrema destra di Iván Duque rispetti gli accordi dell’Avana o che nemmeno fermi il genocidio di ex combattenti in cui la partecipazione diretta e indiretta delle istituzioni dello Stato è stata più volte denunciata.

Bisognerebbe aggiungere, alla situazione già descritta, la giudiziarizzazione, le operazioni di intrappolamento ed i falsi positivi che continuano ad avanzare contro coloro che, una volta, si sono arrischiati a fidarsi delle offerte dello Stato.


A CINCO AÑOS DE LOS ACUERDOS ENTRE LAS FARC-EP Y EL ESTADO COLOMBIANO

 

Se han cumplido cinco años desde la firma de los acuerdos de paz entre el Estado colombiano y las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia-Ejército del Pueblo (FARC-EP), en La Habana (Cuba), tras cuatro años de negociaciones.

A pesar de que este acuerdo se firmó solamente con la que para entonces era la más grande de las organizaciones guerrilleras, el discurso gubernamental y mediático lo hizo parecer como el fin de la guerra en Colombia y comenzó a hablar de una nueva era de “posconflicto”, como si con esa firma se hubiera puesto fin al conflicto social y armado en Colombia.

Pero después de media década, estos acuerdos repiten la tragedia histórica que ya vivieron otros similares en la historia de Colombia, a los cuales siempre prosiguió un exterminio de las fuerzas desmovilizadas y el incumplimiento por parte del Estado.

En el siglo XX, un caso emblemático fue el de los acuerdos entre el gobierno de Gustavo Rojas Pinilla y las guerrillas liberales en 1953, al que siguió la persecución y el exterminio de ex guerrilleros.

Incluso las propias FARC-EP tenían ya en su historia un intento fallido cuando en 1984 firmaron unos acuerdos con el ex presidente Belisario Betancur, que dieron origen a la Unión Patriótica en 1985, organización que de inmediato comenzó a ser víctima de un exterminio sistemático de su militancia, es decir, de un genocidio político cuyo saldo es de más de 6 mil militantes asesinados y asesinadas.

Más allá de las críticas que se puedan hacer al contenido mismo de los acuerdos, las expectativas de que se respetara la vida de ex combatientes y se les abrieran alternativas de subsistencia económica, que cesaran las erradicaciones forzadas y se impusiera la sustitución voluntaria de cultivos, así como otras reivindicaciones sociales que formaron parte del texto suscrito, hoy vuelven a lucir como una utopía.

Sin duda, la intensidad de los combates en muchas zonas rurales disminuyó los primeros años luego de la firma y eso contribuyó a la percepción de un avance hacia la tranquilidad, pero poco a poco también esa calma fue desvaneciéndose cuando los grupos paramilitares, apoyados directa o indirectamente por las fuerzas militares, fueron copando gran parte de los espacios que abandonó la organización insurgente.

Ya el propio gobierno de Juan Manuel Santos ralentizó el cumplimiento de los acuerdos y la campaña uribista para desaprobarlos resultó ganadora en el plebiscito realizado poco después de firmarlos. La convocatoria de esa consulta fue un gran error político del entonces presidente Santos, que el uribismo supo aprovechar muy bien y le permitió empezar la campaña electoral desde temprano para terminar alzándose con la presidencia del país.

Continúan las erradicaciones forzadas, las fumigaciones, las masacres, las desapariciones forzadas, el desplazamiento también forzado, la criminalización de las familias campesinas pobres que se ven obligadas a sembrar coca por culpa del abandono estatal que les cierra todas las alternativas. Mientras, la construcción de vialidad agrícola y los subsidios, créditos y asesoría técnica nunca llegaron o desaparecieron, y las comunidades agrícolas de Colombia sobreviven en muy precarias condiciones a merced de los grandes carteles del narcotráfico y en medio de la guerra.

Esta semana la Organización de las Naciones Unidas (ONU) reconoció que 292 ex combatientes de las FARC-EP que firmaron los acuerdos de paz han sido asesinados desde el 2016. Solo este año la organización no gubernamental Indepaz contabiliza hasta hoy 37 firmantes asesinados y asesinadas. A esta terrible cifra hay que sumar la de sus familiares también asesinados en razón de su vínculo.

El incumplimiento de estos acuerdos, la lentitud en los escasos logros alcanzados y el genocidio de ex combatientes ratifican que la oligarquía colombiana nunca ha apostado a la paz, sino a la pacificación de Colombia.

Pero a pesar de ese fracaso, la observancia de éstos continúa en el reclamo popular y ha sido, por ejemplo, una de las exigencias reiteradas por diversas organizaciones sociales que se sumaron al Paro Nacional.

Por esa misma razón forma parte de la agenda de los pre candidatos y candidatas progresistas de quienes se espera ejecuten lo establecido en dicho documento que Juan Manuel Santos firmó a nombre del Estado colombiano, y se retomen también los diálogos que el gobierno uribista suspendió con el Ejército de Liberación Nacional (ELN), actualmente la organización guerrillera más grande de Colombia.

A solo nueve meses para entregar la presidencia, no hay ya expectativa razonable de que el gobierno ultraderechista de Iván Duque cumpla los acuerdos de La Habana o que tan siquiera detenga el genocidio de ex combatientes en el que la participación directa e indirecta de las instituciones del Estado ha sido denunciada reiteradamente.

Habría que sumar, a la situación ya descrita, la judicialización, las operaciones de entrampamiento y los falsos positivos que continúan avanzando en contra de quienes alguna vez se arriesgaron a confiar en las ofertas del Estado.

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