John F Kennedy e le conseguenze della Baia dei Porci

Hernando Calvo Ospina

Il 14 aprile 1961, cinque navi “mercantili” si diressero dall’America centrale alla Baia dei Porci a Cuba. Per coincidenza, tre di esse portavano i nomi di Barbara, Houston e Zapata, come ha detto, all’investigatore Paul Kangas, l’ex ufficiale dell’US Air Force, Fletcher Prouty. Trasportavano una forza paramilitare di circa 1500 uomini, chiamata Brigata 2506.

Nei giorni precedenti, bombardieri B-26 avevano attaccato basi aeree in tre città cubane con l’obiettivo di immobilizzare i pochi e vecchi aerei da combattimento che il governo rivoluzionario possedeva. L’intenzione era quella di avere il controllo dello spazio aereo al momento dell’invasione. Era il 15 aprile 1961. Uno dei piloti volò sino all’aeroporto di Miami, riuscendo ad atterrare senza che alcuna autorità gli ponesse il minimo ostacolo. Davanti alla stampa dichiarò che l’azione era una sollevazione interna. Fin dal primo momento la versione fu credibile poiché l’aereo portava i colori delle Forze Armate Rivoluzionarie di Cuba. Subito dopo si seppe che i bombardieri erano stati consegnati dalla CIA, e che erano inizialmente decollati dal Nicaragua.

Situandosi all’epoca, si potrebbe affermare: “Iniziava la più importante delle operazioni segrete dell’intera storia USA”. Il 17 aprile si attuò lo sbarco delle forze controrivoluzionarie preparate dalla CIA. Ma in meno di settanta ore gli invasori erano sconfitti.

Mentre le bombe piovevano su Cuba, il suo ministro degli Esteri, Raúl Roa, invitò nuovamente l’ONU affinché esigesse la fine dell’aggressione militare. Spiegò che il suo paese era sotto attacco da parte di “una forza mercenaria organizzata, finanziata e armata dal governo USA, proveniente dal Guatemala e dalla Florida”. L’ambasciatore USA, Adlai Stevenson, confutò tali accuse, assicurando che fossero “totalmente false”. Il suo collega britannico, Patrick Dean, si espresse in suo favore, affermando che “il governo del Regno Unito sa per esperienza che può avere fiducia della parola degli USA”.

Ma di fronte all’accumulo di prove, il 24 aprile il presidente Kennedy dovette ammettere la piena responsabilità dell’aggressione. E la sconfitta…

La sconfitta delle forze mercenarie alla Baia dei Porci fu “un’umiliazione per gli USA”, avrebbe ammesso nelle sue memorie William “Bill” Colby, capo della CIA tra il 1973 e il 1976. Fu il primo disastro militare nella storia di quella nazione, che era già diventata la prima potenza militare del mondo.

Pochi giorni dopo, il presidente Kennedy decide di rimuovere la direzione dei suoi servizi di sicurezza. Era sicuro di aver ricevuto, da parte dei consiglieri militari e dell’intelligence, in particolare della CIA, informazioni imprecise  e consigli disastrosi.

Colby afferma che il fiasco della Baia dei Porci ebbe conseguenze molto più profonde di quanto si possa immaginare. Fu l’inizio di una serie di critiche e accuse contro la CIA, sia da parte dei media politici che dell’opinione pubblica in generale, come mai prima d’allora. “L’Agenzia aveva una reputazione irreprensibile. Coraggio, dedizione, intelligenza, eroismo, un susseguirsi di avventure sullo stile di James Bond”.

Di fronte al disastro, continua Colby, lo stesso presidente dichiarò, con rabbia, il suo desiderio di “spargere ai quattro venti le ceneri della CIA”. I James Bond dell’audacia rimasero come “una banda di avventurieri incapaci, che avevano condotto i loro uomini ad una morte inutile”. Ricorda Colby.

Nel novembre 1961 Allen Dulles si dimise e tre mesi dopo Richard Bissell fece lo stesso. Si può dire che il presidente pretese le loro dimissioni. Coloro che modellarono l’Agenzia per 14 anni se ne andavano. Mentre le loro teste rotolavano, il presidente diede potere alla CIA. “La verità è che nessun altro presidente diede tanta importanza alla CIA quanto J.F.K.”, avrebbe affermato Bill Colby nelle sue Memorie. “I fratelli Kennedy incaricheranno la CIA di un programma intensivo diretto contro il regime di Castro, responsabile dell’umiliazione USA”.

Ben 1189 mercenari della CIA furono catturati durante la fallita invasione. In cambio di un risarcimento di 54 milioni di $ in medicine e alimenti per bambini, il 24 dicembre 1962 furono restituiti a Miami. Tra loro c’era lo statunitense Rip Robertson, che comandava la nave di rifornimento Barbara. Quattro giorni dopo, nello stadio di football della città, Kennedy e sua moglie Jacqueline li accolsero. Dimostrando chi fosse il loro comandante supremo, gli ex prigionieri, più altri di origine cubana che si erano arruolati per l’invasione, circa cinquemila in tutto, sfilarono davanti al presidente. Kennedy, in un discorso carico di emotività, propose loro di arruolarsi nelle Forze Armate della sua nazione. Assicurò loro che essendo un solo esercito sarebbero andati per la “libertà” di Cuba.

Dei due terzi che accettarono l’appello di Kennedy, si selezionarono circa 300 uomini. Questi furono inviati a ricevere addestramento militare come ufficiali presso accademie di guerra speciale: Fort Benning, Georgia; Fort Bragg, Carolina del Nord; e Fort Gulick a Panama. Quei cubani potevano rimanere sotto la direzione della CIA quando essa lo ritenesse necessario, come avvenne con i “berretti verdi”.

E l’Agenzia iniziò a trovare ragioni per la sua mobilitazione.

Per preparare la nuova aggressione a Cuba, la CIA stabilì a Miami la stazione più grande e importante del mondo. Il suo nome in codice era JM/WAVE. Il centro operativo era in un edificio dell’Università di Miami. È stata l’unica stazione che ha operato all’interno del proprio paese, giungendo a contare 600 ufficiali USA e circa 3000 agenti di origine cubana. La maggior parte degli abitanti in Florida “non ha mai sospettato che nella loro città si stesse svolgendo la più grande operazione paramilitare mai organizzata sul suolo nordamericano”.

Come capo della CIA, ad Allen Dulles successe l’uomo d’affari e politico John McCone, che aveva appena servito come presidente della Commissione per l’Energia Atomica degli USA. Richard Bissell fu sostituito da Richard Helms. Membro della Marina Militare, alla fine della II Guerra Mondiale Helms viene assegnato all’OSS, all’interno del Servizio Operazioni Speciali. Aveva 33 anni. Per la sua conoscenza della lingua tedesca, sarebbe stato conosciuto come responsabile dello spionaggio in Austria, Svizzera e Germania.

Ma ora l’intera strategia di aggressione contro Cuba sarebbe supervisionata dallo stesso Robert Kennedy. I fratelli intendevano lavare l’onore della sconfitta alla Baia dei Porci. Si iniziò a parlare della “vendetta dei Kennedy”, secondo Colby.

Dopo Robert, sarebbe stato il generale Edward “Ed” Lansdale che avrebbe sovrinteso lo sviluppo dei preparativi per invadere Cuba: “un vecchio specialista in azioni clandestine, sempre ingegnoso e fantasioso”, ricorda Colby. Entrato nell’esercito, lascia la professione di pubblicitario per convertirsi in un esperto di guerra psicologica. All’interno di quella “specialità”, fu uno dei primi ad utilizzare le credenze popolari, religiose in particolare, per influenzare la popolazione inculcando la paura. Quest’arma da guerra la praticò e sviluppò in Indocina.

Nel giugno 1954 era arrivato in quella regione del mondo con il primo gruppo di agenti della CIA, che avrebbero collaborato con i servizi speciali delle truppe colonialiste francesi. Kennedy lo colloca nei Caraibi nonostante sia un grande specialista dei conflitti nel sud-est asiatico, poiché era stato anche consigliere dello Stato maggiore delle forze separatiste cinesi, che alla fine si impadronirono di Taiwan.

Ted Shackley fu posto a capo di JM/WAVE. Il suo assistente principale era Tom Clines. Come secondo in comando c’era David Sánchez Morales. Continuarono a far parte del selezionato gruppo Phillips, Bender, Hunt, Robertson, Bush e Goss. Un ufficiale dell’aviazione, Richard Secord, si sarebbe unito ai loro ranghi.

Inaspettatamente, una drammatica situazione fece fermare l’obiettivo della JM/WAVE: la cosiddetta “Crisi dei Missili”. Il 14 ottobre 1962, un aereo spia USA, tipo U-2, avrebbe confermato ciò che la CIA aveva riferito al presidente Kennedy: nella provincia cubana di Pinar del Río, i sovietici stavano installando rampe che avrebbero potuto essere utilizzate per lanciare missili.

I leader della rivoluzione cubana sapevano che la presenza di quest’armamento avrebbe potuto fermare le intenzioni di Kennedy, che era aggredire nuovamente Cuba ma coinvolgendo ora totalmente il suo esercito.

Dieci giorni dopo, il presidente USA ordinò un blocco navale totale dell’isola, mentre esigeva a Mosca di ritirare questo armamento. Si presentava uno degli episodi più pericolosi di quel periodo conosciuto come la “Guerra Fredda”. Il mondo trattenne il fiato davanti alla possibilità di uno scontro nucleare. Mentre a Cuba 400000 volontari, donne e uomini, si mobilitati per preparare la difesa.

Alla fine di ottobre, unilateralmente e senza consultare il governo dell’Avana, il dirigente sovietico Nikita Khrouchtchev accettò di ritirare i missili a condizione che non si tentasse un’altra invasione di Cuba e che Washington ritirasse i missili che aveva installato in Turchia poiché erano puntati verso il suo territorio.

Kennedy acconsentì. Ordinò lo smantellamento del progetto JM/WAVE, iniziando con lo smantellamento di alcuni campi di addestramento in Florida, anche se molti rimasero attivi.

Questo accordo suscitò grande rabbia e delusione all’Avana. In effetti, si sarebbero potuti ottenere maggiori impegni USA in un negoziato diretto con i dirigenti cubani. Ad esempio, la revoca del blocco economico recentemente imposto; la garanzia della cessazione di ogni tipo di aggressione militare e terroristica; così come la chiusura della base navale di Guantánamo e la restituzione di quel territorio a Cuba, occupati dagli USA dal febbraio 1903.

Per Bill Colby, la conseguenza più importante della Crisi dei Missili fu “esacerbare la collera dei Kennedy contro Castro, rafforzando la loro determinazione a utilizzare la CIA, e le sue capacità di azione clandestina, per eliminarlo, con tutta l’ambiguità che questa espressione contiene […]”

Da allora, durante tutta la sua esistenza come dirigente della sua nazione, Fidel Castro è sempre stato nel mirino dell’Agenzia e dei suoi mercenari. I servizi di sicurezza cubani dicono di aver documentato 600 progetti per attentare alla sua vita: un’ossessione criminale. È molto probabile che nella storia dell’umanità non esista caso simile.


John F Kennedy y las secuelas de Bahía de Cochinos

Por: Hernando Calvo Ospina

El 14 de abril de 1961, cinco barcos “mercantes” se enrumbaron desde Centroamérica hacia la Bahía de Cochinos en Cuba. Coincidencialmente, tres de ellos portaban los nombres de Bárbara, Houston y Zapata, tal y como lo relatara el ex oficial de la US Air Force, Fletcher Prouty, al investigador Paul Kangas. Transportaban una fuerza paramilitar de unos 1 500 hombres, denominada Brigada 2506.

Los días precedentes, bombarderos B-26 habían atacado bases aéreas en tres ciudades cubanas con el objetivo de inmovilizar a los pocos y viejos aviones de combate que poseía el gobierno revolucionario. La intención era de tener el dominio del espacio aéreo en el momento de la invasión. Era el 15 de abril de 1961. Uno de los pilotos voló hasta el aeropuerto de Miami, logrando aterrizar sin que alguna autoridad le pusiera el mínimo inconveniente. Ante la prensa declaró que la acción se trataba de una sublevación interna. De primer momento la versión fue creíble pues el avión llevaba los colores de las Fuerzas Armadas Revolucionarias de Cuba. Muy poco después se supo que los bombarderos fueron entregados por la CIA, y que habían decolado inicialmente desde Nicaragua.

Situándose en la época, se podía afirmar: “La más importante de las operaciones secretas de toda la historia de Estados Unidos comenzaba.” El día 17 de abril se realizó el desembarco de las fuerzas contrarrevolucionarias preparadas por la CIA. Pero en menos de setenta horas los invasores estaban vencidos.

Mientras llovían bombas sobre Cuba, su ministro de Relaciones Exteriores, Raúl Roa, llamó una vez más a la ONU para que exigiera el cese de la agresión militar. Él explicó que su país estaba siendo atacado por “una fuerza mercenaria organizada, financiada y armada por el gobierno de los Estados Unidos, proveniente de Guatemala y de la Florida.” El embajador estadounidense, Adlai Stevenson, refutó tales acusaciones, asegurando que eran “totalmente falsas”. Su colega británico, Patrick Dean, salió en su apoyo al decir que “el gobierno del Reino Unido sabe por experiencia que puede tener confianza en la palabra de los Estados Unidos.”

Pero ante la acumulación de pruebas, el 24 de abril el presidente Kennedy tuvo que admitir la plena responsabilidad de la agresión. Y la derrota…

La derrota de la fuerza mercenaria en Bahía de Cochinos fue “una humillación para los Estados Unidos”, reconocería en sus Memorias William “Bill” Colby, jefe de la CIA entre 1973 y 1976. Es que era el primer descalabro militar en la historia de esa nación, que ya estaba convertida en la primera potencia militar del mundo.

Pocos días después, el presidente Kennedy decide remover la dirección de sus servicios de seguridad. Estaba seguro de haber recibido, de la parte de los asesores militares y de inteligencia, en particular de la CIA, informaciones imprecisas y consejos desastrosos.

Colby afirma que el fiasco de Bahía de Cochinos tuvo consecuencias mucho más profundas de las imaginables. Fue el inicio de una serie de críticas y acusaciones contra la CIA, tanto de la parte de medios políticos como de la opinión pública en general, como nunca se había conocido. “La Agencia tenía una reputación irreprochable. Coraje, entrega, inteligencia, heroísmo, sucesión de aventuras al estilo James Bond.”

Ante el desastre, continúa Colby, el mismo presidente declaró, encolerizado, su deseo de “regar las cenizas de la CIA a los cuatro vientos”. Los James Bond de la audacia quedaron como “una banda de aventureros incapaces, que habían conducido sus hombres, a una muerte inútil.” Recuerda Colby.

En noviembre de 1961 Allen Dulles demisiona, y tres meses después hace igual Richard Bissell. Se puede decir que el presidente les exigió las renuncias. Se iban quienes modelaran la Agencia durante 14 años. Mientras sus cabezas rodaban, el presidente llenaba de poder a la CIA. “La verdad es que ningún otro presidente le dio tanta importancia a la CIA como J.F.K.”, constataría Bill Colby en sus Memorias. “Los hermanos Kennedy encargarán a la CIA de un programa intensivo dirigido contra el régimen de Castro, responsable de la humillación a Estados Unidos.”

En la fallida invasión fue capturada la abrumadora cantidad de 1.189 mercenarios de la CIA. A cambio de una indemnización de 54 millones de dólares en medicamentos y alimentos para niños, el 24 de diciembre de 1962 fueron devueltos a Miami. Entre ellos estaba el estadounidense Rip Robertson, quien comandaba el barco de abastecimiento, Bárbara. Cuatro días después, en el estadio de fútbol de la ciudad, Kennedy y su esposa Jacqueline les dan la bienvenida. Demostrando quien era su comandante supremo, los ex presos, más otros de origen cubano que se habían alistado para la invasión, unos cinco mil en total, desfilaron ante el presidente. Kennedy, en un discurso repleto de emotividad, les propuso enrolarse en las Fuerzas Armadas de su nación. Les aseguró que siendo un sólo ejército irían por la “libertad” de Cuba.

De las dos terceras partes que hizo caso al llamado de Kennedy, se seleccionó a unos 300 hombres. Estos fueron enviados a recibir capacitación militar como oficiales en las academias de guerra especial: Fort Benning, Georgia; Fort Bragg, Carolina del Norte; y Fort Gulick en Panamá. Esos cubanos podían quedar bajo la dirección de la CIA cuando ésta lo creyera necesario, tal y como sucedía con los “Boinas Verdes”.

Y la Agencia empezó a encontrar motivos para su movilización.

Para preparar la nueva agresión a Cuba, la CIA estableció en Miami la estación más grande e importante del mundo. Su nombre en clave era JM/WAVE. El centro de operaciones se encontraba en un edificio de la Universidad de Miami. Ha sido la única estación que ha funcionado dentro del propio país, llegando a contar con 600 oficiales estadounidenses y unos tres mil agentes de origen cubano. La mayoría de habitantes en la Florida “nunca sospechó que en su ciudad se llevaba a cabo la más grande operación paramilitar que nunca se montara en suelo norteamericano.”

Como jefe de la CIA, Allen Dulles fue reemplazado por el hombre de negocios y político John McCone, quien venía de ser presidente de la Comisión de Energía Atómica de Estados Unidos. En sustitución de Richard Bissell fue nombrado Richard Helms. Miembro de la Marina, al finalizar la Segunda Guerra Mundial Helms es asignado a la OSS, dentro del Servicio de Operaciones Especiales. Tenía 33 años de edad. Por su conocimiento del idioma alemán sería destacado como responsable del espionaje en Austria, Suiza y Alemania.

Pero ahora toda la estrategia de agresión a Cuba sería supervisada por el propio Robert Kennedy. Los hermanos se proponían lavar el honor de la derrota en Bahía de Cochinos. Se empezó a hablar de la “vendetta de los Kennedy”, según Colby.

Después de Robert, sería el general Edward “Ed” Lansdale quien supervisaría el desarrollo de los preparativos para invadir Cuba: “un viejo especialista de la acción clandestina, siempre ingenioso e imaginativo”, recuerda Colby. Al ingresar al Ejército, deja la profesión de publicista para convertirse en un experto de la guerra sicológica. Dentro de esa “especialidad”, fue uno de los primeros en utilizar las creencias populares, las religiosas en particular, para influir sobre la población inculcando el miedo. Esta arma de guerra la practicó y desarrolló en Indochina.

En junio de 1954 él había llegado a esa región del mundo con el primer grupo de operarios de la CIA, que colaborarían con los servicios especiales de las tropas colonialistas francesas. Kennedy lo ubica en el Caribe a pesar de ser el gran especialista de los conflictos del Sudeste Asiático, pues también había sido asesor del Estado mayor de las fuerzas separatista chinas, las que finalmente se apoderaron de Taiwán.

A Ted Shackley se le puso al frente de JM/WAVE. Su asistente principal era Tom Clines. Como segundo al mando estaba David Sánchez Morales. Del selecto grupo siguieron haciendo parte Phillips, Bender, Hunt, Robertson, Bush y Goss. Un oficial de la aviación, Richard Secord, ingresaría a sus filas.

Inesperadamente, una dramática situación hizo detener el objetivo de la JM/WAVE: La llamada “Crisis de los Misiles”. El 14 de octubre de 1962, un avión espía estadounidense, del tipo U-2, confirmaría lo que la CIA venía informando al presidente Kennedy: En la provincia cubana de Pinar del Río, los soviéticos estaban instalando rampas que podrían servir para el lanzamiento de mísiles.

Los dirigentes de la revolución cubana sabían que la presencia de este armamento podría frenar las intenciones de Kennedy, cual era agredir nuevamente a Cuba pero ahora involucrando totalmente a su ejército.

Diez días después el presidente estadounidense ordenó un bloqueo naval total a la Isla, mientras exigía a Moscú el retiro de este armamento. Se presentaba uno de los episodios más peligroso de ese periodo conocido como la “Guerra Fría”. El mundo sostuvo la respiración ante la posibilidad de una confrontación nuclear. Mientras que en Cuba 400 000 voluntarios, mujeres y hombres, se movilizaron para preparar la defensa.

A fines de octubre, unilateralmente y sin consultar con el gobierno de La Habana, el dirigente soviético Nikita Khrouchtchev aceptó retirar los mísiles a condición que no se intentara otra invasión a Cuba, y que Washington retirara los mísiles que tenía instalados en Turquía pues estaban dirigidos hacia su territorio.

Kennedy estuvo de acuerdo. Ordenó desmontar el proyecto JM/WAVE, empezando por desmantelar algunos campos de entrenamiento en la Florida, aunque muchos siguieron activos.

Este acuerdo suscitó una gran cólera y decepción en La Habana. En efecto, se hubiera podido obtener más compromisos de Estados Unidos en una negociación directa con los dirigentes cubanos. Por ejemplo, el levantamiento del bloqueo económico, recientemente impuesto; la garantía de que se detendría todo tipo de agresión militar y terrorista; así como el cierre de la base naval de Guantánamo y la restitución de ese territorio a Cuba, ocupado por Estados Unidos desde febrero de 1903.

Para Bill Colby, la consecuencia más importante de la crisis de los mísiles fue “el exacerbar la cólera de los Kennedy contra Castro, reforzando su determinación de utilizar a la CIA, y sus capacidades de acción clandestina, para eliminarlo, con toda la ambigüedad que esta expresión encierra. […]”

Desde entonces, a lo largo de toda su existencia como dirigente de su nación, Fidel Castro ha estado siempre en la mira de la Agencia y sus mercenarios. Los servicios de seguridad cubanos dicen tener documentados seiscientos proyectos para atentar contra su vida: una obsesión criminal. Es muy posible que en la historia de la humanidad no exista caso parecido.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.