Obama nel mio televisore

M. Masvidal Saavedra * https://lapupilainsomne.wordpress.com

Obamas-carDopo settimane di affrettati ed insufficienti colori per il deteriorato viso della città, è arrivato a L’Avana il Presidente USA d’America, Barack Hussein Obama, accompagnato dalla sua famiglia e il suo entourage presidenziale. L’aereo presidenziale, l’Air Force 1, è atterrato all’aeroporto José Martí dell’Avana.

L’evento ricorda la discesa del modulo lunare Eagle sulla superficie  del nostro satellite. Obama appare con la moglie Michelle sul portellone della nave. Il nuovo Neil Armstrong e Edwin “Buzz” Aldrin contemplano un paesaggio mai visto da parte degli inquilini della Casa Bianca dal 1928. Cuba è la Luna e l’Avana il Mare della Tranquillità. Mancava solo che il Presidente esclamasse la famosa frase di Armstrong. “Questo è un piccolo passo per un uomo, ma un gran salto per l’Umanità” Forse non per l’umanità, ma almeno per Cuba e gli USA sì sembra essere un enorme salto di 55 anni. Molti hanno ricevuto il presidente, che è venuto dal nord con genuino entusiasmo, altri l’hanno fatto con un grano di sale e si concentrarono ad osservare, con occhio critico, quello che chiamarono spiegamento mediatico, marketing politico … insomma, spettacolo.

Un noto pensatore e attivista politico francese, Guy Debord, definì la società contemporanea come la società dello spettacolo. Lo spettacolo, secondo Debord, non si riferisce solo alla onnipresenza di audiovisivi nella società contemporanea, ma che oggi viviamo tutta la vita come un grande e perenne spettacolo, lo spettacolo dei media in tutte le relazioni umane.

Lo spettacolo ha le sue proprie regole e le proprie risorse. Parte della scenografia e degli oggetti di scena dello spettacolo sono, in questo caso, i mitici trasporti del presidente USA. Il suo aereo, un Boeing VC-25 (versione militare del Boeing 747), è l’Air Force One, gigante aereo con tutto il necessario per trasportare e garantire il massimo comfort e persino la sopravvivenza del presidente, del suo entourage e l’equipaggio della nave. Formano parte della carovana del presidente un elicottero Sikorsky SH-3 Sea King, chiamato Marine One ed un Boeing C-17 “Globemaster” III che trasporta l’auto limousine del presidente. Si aggiungono vari caccia F35A e diversi aeromobili per il trasporto del vettovagliamento, del servizio di sicurezza e del resto del gruppo. Il dispiego di tali attrezzature evoca la Cavalcata delle Valchirie, anche se col suono diretto e senza la musica di Wagner.

Menzione speciale tra i vari apparecchi dello spettacolo presidenziale a L’Avana merita il Cadillac One, noto anche come La Bestia. Si tratta di una limousine costruita nel 2009 dalla General Motors per servire come trasporto terrestre del presidente della nazione settentrionale. Molte delle sue caratteristiche sono segrete per motivi di sicurezza, anche se è noto che è un veicolo completamente blindato. Può ospitare fino a 7 persone all’interno, porta armi, sistemi video, serbatoio carburante a prova di tutto e persino contenitori con il sangue del presidente per una possibile trasfusione per un’eventuale emergenza … da quella di Dallas ’63.

Tale è il fascino che risveglia La Bestia presidenziale, che alcuni abitanti dell’Avana hanno aspettato per ore, sulla 5th Avenue della città, per vederla passare -l’auto, non necessariamente il presidente- con il consenso della polizia locale a guardia della strada. Lo stesso appellativo de La Bestia è una metafora umoristica che si riferisce sia alla Bibbia che alle saghe medievali di cavalieri, damigelle e draghi, o forse alla Bella e la Bestia, di Cocteau. Tra l’altro, La Bestia presidenziale non mostra il suo enigmatico numero, il 666, da nessuna parte.

La Bestia presiede una carovana di 20 e talvolta 30 veicoli, tra i quali spicca la USSS Electronic Countermeasures Suburban guidata da agenti dei servizi segreti del presidente, tutti armati fino ai denti. Air Force One, Marine One, The Beast e il resto della carovana aerea e terrestre diventano metonimie del presidente, che sono stati trasformati in simboli di potere dalla macchina pubblicitaria. La loro solo presenza si trasmuta in rappresentazione e giocano il loro ruolo nello spettacolo politico.

Ma tutti loro non sono altro che mera scenografia che perdono il loro significato senza gli attori e certamente senza un copione. Il protagonista dello spettacolo è lo stesso presidente Barack Obama, assumendo un ruolo di eroe di fronte al suo antagonista, il governo cubano. Entrambi convergono di fronte ad uno stesso oggetto del desiderio, Cuba come paese, ma da posizioni ideo-politiche divergenti. La novità del copione della visita a L’Avana consiste nello spostare l’antagonismo in secondo piano, non mostrare il conflitto in tutta la sua grandezza, ma in ogni caso, fare riferimento a questo come una questione del passato. Di fatto il patto esplicitamente assunto da entrambe gli “attanti narrativi” è stato quello di lavorare insieme, nonostante le differenze, o anche lavorare, attraverso il dialogo, per superare le differenze.

Obama ha dimostrato di essere un attore consumato -non per caso è presidente USA- che svolge con grazia e maestria il suo ruolo nella scena, pur non avendo avuto occasione di provare preventivamente nei prosceni dove lo spettacolo avrebbe avuto luogo. Evidentemente qui si constata che l’esperienza e la tradizione di Broadway e Hollywood s’irradia a tutte le sfere della società USA, tra cui la politica.

Qualche tempo fa, lo scomparso musicista Frank Zappa sentenziò che la politica era la funzione principale della divisione d’intrattenimento del Complesso militare-industriale USA. Cioè, la politica è spettacolo, alienazione. Naturalmente, tale affermazione si può estrapolare per quasi tutte le nazioni moderne. Nel corso di tre giorni e in diversi scenari, concordati da entrambe le parti, si vide il presidente USA sviluppare il copione preparato dai suoi consiglieri. Obama si mostrò sempre sorridente, ingegnoso, divertente, affabile, moderato, rilassato, amichevole, vicino, infine, con il controllo della situazione. Nei suoi discorsi pubblici durante la visita si ripetevano parole come opportunità, nuovo e loro sinonimi, tra gli altri.

Gli anfitrioni, forse, si aspettavano un mea culpa, un seppuku pubblico del presidente Obama, ma questo affermò implicitamente ed esplicitamente che si sapeva la storia, ma che questa non lo legava. Qualcosa come “non chiedetemi di più che io non ero nato quando questo, o ero molto piccolo; non è stata colpa mia. Dopo tutto sono stato io ad agire per iniziare le relazioni, quindi è meglio guardare avanti”.

Se qualcuno pensò che la richiesta di un hara kiri politico e pubblico era un’ossessione esclusiva del governo cubano, si sarà convinto che non era così con le immagini della visita del presidente Obama in Argentina e le numerose dichiarazioni e manifestazioni albi-celeste teletrasmesse sull’isola; in particolare con quella domanda che un giornalista ha formulato al presidente USA alla conferenza stampa durante la visita e per la quale la risposta di Obama ha avuto più tortuosa di quanto l’ (Rio) Amazzoni e il Paranà insieme.

Ma in ogni caso, la visita di Obama a L’Avana si mosse per i canali previsti dallo spettacolo. Sorprendentemente per il pubblico dell’isola -il presidente USA ha partecipato -serio e giocosamente forse- a due brevi sketch umoristici con figure di spicco dell’umorismo di qui, utilizzando alcuni cubanismi che gli valsero l’immediata simpatia da parte dell’audience di riferimento. Oltre ad essere verace, Obama si dimostrò verosimile, autentico, e questo è fondamentale per qualsiasi buono spettacolo, soprattutto politico. Obama lo sa e lo sa il suo corpo di consiglieri. Tuttavia, la controparte cubana, nonostante la sua lunga esperienza e contare nella sua recente storia con un maestro in questi conflitti, sembrò non capire o interessarle la natura spettacolare della visita del presidente USA. Gli anfitrioni, inspiegabilmente, non capitalizzarono, adeguatamente, il fatto che il distinto visitatore poteva fare e dire quello che voleva e senza restrizioni, proprio perché gliel’hanno permesso, e anche che la parte cubana ha partecipato alla produzione dello spettacolo in questione. Così la preparazione degli anfitrioni per la visita apparve, almeno, insufficiente che si è fatto sensibilmente notare e ciò ha contribuito, in modo significativo, al miglioramento della performance Obamiana. Funzionari e giornalisti dell’isola sono apparsi con volti severi (fatta eccezione per il ministro degli Esteri di Cuba). Ci sono stati piccoli ma abbondanti errori nel discorso di presentatori, intervistatori, conduttori e altri, che denotavano nervosismo e insicurezza. Si ebbero anche occhiate preoccupate dirette allo spazio esterno alla camera quando erano sullo schermo.

Inoltre, lo spettacolo sportivo -importante sub trama dello spettacolo-ha avuto, in generale, un cattivo audio (interviste che non si sono sentite e altre che si sentirono in inglese e non tradotte, rumore di altri che si collocavano nella narrazione dei commentatori, tagli anticipati di piani ecc) come se a Cuba non si fossero mai trasmessi, in maniera impeccabile, migliaia di eventi sportivi con interviste, scenari coreografici, e anche coreografie sulle gradinate. A peggiorare le cose, Cuba ha perso l’incontro amichevole 4 × 1, dopo aver cambiato gran parte dei suoi lanciatori durante il gioco e collegare un solo home run nel nono inning per salvare minimamente l’onore del baseball nazionale. Chiunque perde una partita, è vero …. Né i media cubani hanno riferito le visite del presidente Obama e della sua famiglia ai luoghi della città. Sembra che questa non è una notizia. Ma la voce della strada informava di una visita a un paladar (ristorante privato ndt) all’Avana Centro, o di un’altra visita alla Fabbrica d’Arte, e di molti altri eventi che non si qualificarono come notizia per la parte cubana, ma su cui si estesero in modo esagerato diversi media stranieri i cui articoli sono già disponibili nel Pacchetto. Nessuno avrebbe previsto che si verificassero tali errori, nello spettacolo, da parte cubana.

Dopo tutto, Cuba è sopravvissuta, negli ultimi due decenni, all’impatto di tre papi e di un patriarca ortodosso, più un monarca spagnolo e vari capi di stato europei, che presuppone una certa esperienza e anche la padronanza ed eleganza in questo tipo di spettacolo. Ora i dibattiti mediatici cubani sulla visita del presidente e le letture ingegnose e critiche fatte delle sue parole e gli atti durante la stessa non riescono a mettere in ombra la maggior parte dei pareri, compresi quelli mostrati dalla stessa TV nazionale, dove si valuta positivamente la visita e l’atteggiamento del presidente USA nella capitale di tutti i cubani. Ed è vero. La visita del presidente Obama è stata positiva. E’ un passo importante per il corretto sviluppo delle relazioni tra i due paesi. Questo è riconosciuto da tutti a Cuba e fa quasi tutti nel mondo.

In cambio, ora si aspetta il 2° tempo del grande spettacolo in cui il presidente cubano Raul Castro visita gli USA accompagnato dalla sua famiglia, dalla sua sicurezza personale, dalla stampa, e dai membri dell’Assemblea Nazionale e del PCC, protetto da diversi caccia Mig 29; John Kerry lo riceve in aeroporto e senza entrare nel terminal sale nella propria auto blindata -per caso uno almendrón (auto d’epoca ndt)?- portata in un Il-96 da L’Avana; visita la parte storica di Philadelphia, dove c’è la Liberty Bell, accompagnato dallo storico della città, visita anche il memoriale di Lincoln a Washington accompagnato da Biden, lo riceve Obama alla Casa Bianca con rivista militare dei Marine, pronunciano i loro rispettivi discorsi in cui il presidente cubano si riferisce al miglioramento delle relazioni tra i due paesi e che spera ci siano cambi nella politica interna della nazione settentrionale in particolare in materia di diritti umani, vanno entrambi ad una conferenza stampa dove gli fanno un paio di domande scomode, soprattutto per Obama, dal giornalista di Granma; Raul visita un McDonald e ordina un Big Mac con patatine fritte e una Coca Cola, da lì va alla fabbrica di Andy Warhol, poi appare in due spettacoli di Saturday Night Live con umoristi in cui dice in inglese What’s up? e finge di giocare a poker con il Panfilo di là, poi si incontra con gli imprenditori USA e gli parla delle opportunità, poi si incontra con le forze di opposizione al governo USA in privato, poi cambia di scenario e si dirige con un discorso alla società civile USA nel teatro dell’opera e balletto di Washington (o nel Metropolitan Opera House di New York) con Obama e i suoi collaboratori, molto tranquilli, nel pubblico, mentre il presidente cubano parla del blocco, della Base Navale di Guantanamo e dei risultati nel campo dell’istruzione e della sanità a Cuba; poi si va a vedere un incontro amichevole di baseball tra le squadre dell’Industriales ed il New York Yankees -e vince Industriales 4 x 1- e, infine, parte dall’aeroporto John F. Kennedy di New York verso il Venezuela ed il presidente Obama e il suo entourage lo salutano nel terminale fino a quando la nave si allontana nei cieli … non è così?

* Dottore in Scienze Filologiche e Professore Titolare del Dipartimento. Di Studi Linguistici dell’ISA, professore di semiotica, teoria della comunicazione e analisi del discorso presso la Facoltà di Arte dei Mezzi di comunicazione Audiovisivi dell’ISA, presso la Facoltà di Comunicazione Sociale, presso la Facoltà di Arti e Lettere e nella Facoltà di Lingue e Letterature Straniere presso l’Università di l’Avana, presso la Scuola Internazionale di Cinema e Televisione di San Antonio de los Baños e il Centro di Studio della Radio e della Televisione. La pupila insomne pubblica questo testo con l’autorizzazione del suo autore, per intero, senza editing.

Obama en mi televisor

Por Mario Masvidal Saavedra*

Después de semanas de apurados e insuficientes coloretes para el deteriorado rostro de la ciudad, llego a La Habana el Presidente de los Estados Unidos de América, Barack Hussein Obama, acompañado de su familia y de su séquito presidencial. El avión del presidente, el Air Force 1, aterrizó en el aeropuerto José Martí de La Habana. El acontecimiento recuerda el descenso del modulo lunar Eagle sobre la superficie selenita. Obama aparece junto a su esposa Michelle en la portezuela de la nave. Los nuevos Neil Armstrong y Edwin “Buzz” Aldrin contemplan un paisaje nunca visto por los inquilinos de la Casa Blanca desde 1928. Cuba es la Luna y La Habana, el Mar de la Tranquilidad. Solo faltaba que el Presidente exclamase la célebre frase de Armstrong: “Este es un paso muy pequeño para un hombre, pero un gran salto para la Humanidad.” Tal vez no para la humanidad, pero al menos para Cuba y los EEUU sí parece ser un enorme salto de 55 años. Muchos recibieron al presidente que vino del norte con genuino entusiasmo, otros lo hicieron con un grano de sal y se concentraron en observar con ojo crítico lo que llamaron despliegue mediático, marketing político…en fin, espectáculo.

Un reconocido pensador y activista político francés, Guy Debord, definió la sociedad contemporánea como la sociedad del espectáculo. El espectáculo, según Debord, no se refiere solamente a la omnipresencia del audiovisual en la sociedad contemporánea, sino a que hoy vivimos la vida toda como un gran y perenne show, el espectáculo media en todas las relaciones humanas.

El espectáculo tiene sus propias reglas y sus propios recursos. Parte de la tramoya y de los props del espectáculo lo son en este caso los mitificados transportes del presidente norteamericano. Su avión, un Boeing VC-25 (versión militar del Boeing 747), es el Air Force One, gigante aéreo con todo lo necesario para transportar y garantizar la comodidad y hasta la supervivencia del presidente, sus acompañantes y la tripulación de la nave. Forman parte de la caravana del mandatario un helicóptero Sikorsky SH-3 Sea King, llamado Marine One y un Boeing C-17 “Globemaster” III que transporta el auto limusina del presidente. Se adicionan varios cazas de combate F35A y algunas aeronaves más para el transporte del avituallamiento, del servicio de seguridad y del resto de la comitiva. El despliegue de tales equipos evoca la Cabalgata de las Walkirias, aunque con sonido directo y sin la música de Wagner.

Mención especial entre los varios artilugio del espectáculo presidencial en La Habana merece el Cadillac One, conocido también como La Bestia. Se trata de una limusina construida en 2009 por la General Motors para servir como transporte terrestre del presidente de la nación norteña. Muchas de sus características son secretas por razones de seguridad, aunque se sabe que es un vehículo totalmente blindado. Puede acomodar en su interior hasta 7 personas, lleva armas, sistema de video, tanque de combustible a prueba de todo, y hasta tiene contenedores con sangre del presidente para una posible transfusión en caso de emergencia….por aquello de Dallas ’63.

Tal es la fascinación que despierta La Bestia presidencial, que algunos habaneros han esperado durante horas en la 5ta avenida de la ciudad para verlo pasar –al auto, no necesariamente al presidente-, previo consentimiento de la policía local que custodiaba la vía. El propio apelativo de La Bestia es una metáfora humorística que remite tanto a la Biblia como a las sagas medievales de caballeros, damiselas y dragones, o tal vez a La Bella y la Bestia, de Cocteau. Por cierto, La Bestia presidencial no muestra su enigmático número, el 666, por ninguna parte.

La Bestia preside una caravana de 20 y en ocasiones 30 vehículos, entre los que se destaca el USSS Electronic Countermeasures Suburban tripulado por agentes del servicio secreto del mandatario, todos ellos fuertemente armados. Air Force One, Marine One, The Beast y el resto de la caravana aérea y terrestre devienen metonimias del mandatario, que han sido convertidas en símbolos del poder por la maquinaria publicitaria. Su mera presencia se trasmuta en representación y juegan su papel en el espectáculo político.

Pero todos ellos no son más que mera escenografía que pierden su sentido sin los actores y ciertamente sin un guion. El protagonista del espectáculo es el propio presidente Barack Obama, asumiendo un rol de héroe ante su antagonista, el gobierno cubano. Ambos confluyen frente a un mismo objeto del deseo, Cuba como país, pero desde posiciones ideo-políticas divergentes. Lo novedoso del guion de la visita a La Habana estriba en desplazar el antagonismo a un plano secundario, no mostrar el conflicto en toda su magnitud, sino en todo caso, referirse a este como un asunto del pasado. De hecho el pacto asumido explícitamente por ambos “actantes narrativos” fue el de trabajar juntos a pesar de las diferencias o incluso trabajar, por vía del dialogo, para superar las diferencias.

Obama demostró ser un actor consumado –no en balde es presidente de los EEUU- que desempeña con gracia y maestría su papel en la escena, a pesar de no haber tenido ocasión para ensayar previamente en los proscenios en los que se desarrollaría el espectáculo. Evidentemente aquí se constata que la experiencia y la tradición de Broadway y de Hollywood se irradia a toda las esferas de la sociedad norteamericana, incluida la política.

Hace algún tiempo el desaparecido músico Frank Zappa sentencio que la política era la función principal de la división de entretenimiento del Complejo militar-industrial de los EEUU. Es decir, la política es show, enajenación. Claro que esa aseveración se puede extrapolar a casi todas las naciones modernas. En el transcurso de tres días y en diversos escenarios acordados por ambas partes, se vio al presidente norteamericano desarrollar el guion elaborado por sus asesores. Obama siempre se mostró sonriente, ingenioso, bromista, afable, moderado, relajado, amistoso, cercano, en fin, con control de la situación. En sus intervenciones públicas durante la visita se reiteraban palabras como oportunidades, nuevo y sus sinónimos, entre otras.

Los anfitriones tal vez esperaban un mea culpa, un seppuku público del presidente Obama, pero este sostuvo implícita y explícitamente que se sabía la historia, pero que esta no lo ataba. Algo así como “no me pregunten más que yo no había nacido cuando eso, o era muy chiquito; no fue culpa mía. A fin de cuentas yo fui el que movió los caracoles para iniciar las relaciones, así que mejor miramos hacia delante.”

Si alguien pensó que el reclamo por un hara kiri político y público era una obsesión exclusiva del gobierno cubano, se habrá convencido de que no era así con las imágenes de la visita del presidente Obama a la Argentina y las muchas declaraciones y manifestaciones albi-celestes televisadas en la Isla; particularmente con aquella pregunta que un periodista le formuló al presidente norteamericano en la conferencia de prensa durante la visita y para la cual la respuesta de Obama tuvo más meandros que el Amazonas y el Paraná juntos.

Pero en fin, la visita de Obama a La Habana se movió por los cauces previstos para el show. Sorprendentemente para el público de la Isla, el presidente norteamericano participó -seria y jocosamente a la vez- en dos breves sketches humorísticos con figuras reconocidas del humor de acá, haciendo uso de algunos cubanismos que le granjearon inmediata simpatía por parte de la audiencia meta. Más allá de ser veraz, Obama lució verosímil, auténtico, y esto es crucial para cualquier buen espectáculo, especialmente el político. Lo sabe Obama y lo sabe su cuerpo de asesores. Sin embargo, la contraparte cubana, a pesar de su larga experiencia y de contar en su historia reciente con un maestro en estas lides, pareció no comprender ni interesarle el carácter espectacular de la visita del presidente norteamericano. Los anfitriones inexplicablemente no capitalizaron convenientemente el hecho de que el ilustre visitante pudiera hacer y decir a su antojo y sin restricciones justamente porque se lo permitieron, e incluso que la parte cubana también participó en la producción del espectáculo en cuestión. De modo que la preparación de los anfitriones para la visita lució, cuando menos, insuficiente, lo que se hizo notar sensiblemente y ello contribuyó al realce del performance Obamiano. Funcionarios y periodistas de la Isla aparecían con rostros severos (con excepción del Canciller cubano). Hubo pequeñas pero abundantes equivocaciones en el habla de presentadores, entrevistadores, locutores y otros, que denotaban nerviosismo e inseguridad. También hubo miradas preocupadas dirigidas al espacio fuera de cuadro cuando estaban en pantalla.

Por otra parte, el espectáculo deportivo –subtrama importante del show- tuvo mal audio en general (entrevistas que no se oyeron y otras que se oyeron en inglés y no se tradujeron, ruido de otros que se colaban en la narración de los comentaristas, cortes anticipados de planos, etc.) como si en Cuba nunca se hubieran trasmitidos impecablemente miles de eventos deportivos con entrevistas, tablas gimnásticas, y pizarras humanas incluidas. Para colmo, Cuba perdió el tope amistoso 4×1, después de cambiar buena parte de sus lanzadores durante el juego y conectar un solo home run en el noveno inning, para salvar minimamente la honrilla beisbolera nacional. Cualquiera pierde un juego, es cierto…. Tampoco los medios cubanos reportaron las visitas del presidente Obama y de su familia a lugares de la ciudad. Tal parece que eso no es noticia. Sin embargo la voz de la calle informaba de una visita a una paladar en Centro Habana, o de otra visita a la Fábrica de Arte, y de muchos otros sucesos que no clasificaron como noticia para la parte cubana, pero sobre los que se explayaron varios medios foráneos cuyos trabajos ya se encuentran disponibles en el Paquete. Nadie hubiera previsto que tales fallas en el espectáculo por parte de la Isla pudieran ocurrir.

Después de todo, Cuba ha sobrevivido en las últimas dos décadas el impacto de tres papas y un patriarca ortodoxo, más un monarca español y varios jefes de estado europeo, lo que supone una cierta experiencia y hasta dominio y elegancia en este tipo de espectáculos. Ahora los debates mediáticos cubanos sobre la visita del presidente y las lecturas ingeniosas y críticas que realizan de sus palabras y actos durante la misma no logran opacar el grueso de las opiniones, incluso las mostradas en la propia TV nacional, donde se valora de positiva la visita y la actitud del mandatario estadounidense en la capital de todos los cubanos. Y es cierto. La visita del presidente Obama fue positiva. Es un paso importante para el buen desarrollo de las relaciones entre los dos países. Eso se reconoce por todos en Cuba y por casi todos en el mundo.

En reciprocidad, ahora cabe esperar la 2da temporada del gran espectáculo en la que el presidente cubano Raúl Castro visita los EEUU acompañado de su familia, de su seguridad personal, de la prensa, y de miembros de la Asamblea Nacional y del PCC, protegido por varios cazas Mig 29; lo recibe John Kerry en el aeropuerto, y sin entrar a la terminal aérea, se monta en su propio automóvil blindado –¿acaso un almendrón?- traído en un Il-96 desde La Habana; visita la parte histórica de Philadelphia donde esta la Liberty Bell, acompañado por el historiador de esa ciudad, también visita el memorial Lincoln en Washington acompañado de Biden, lo recibe Obama en la Casa Blanca con revista militar a cargo de los marines, dicen sus respectivos discursos donde el presidente cubano se refiere al mejoramiento de las relaciones de ambos países y que espera que haya cambios en la política doméstica de la nación norteña particularmente en materia de derechos humanos, van ambos a una conferencia de prensa donde se les hacen un par de preguntas incómodas, especialmente para Obama, por el periodista de Granma; Raúl visita un McDonald y ordena un Big Mac con papitas fritas y una Coca Cola, de ahí se va a la Factory de Andy Warhol, luego aparece en dos shows de Saturday Night Live con humoristas donde dice en inglés What’s up, man? y hace como que juega poker con el Pánfilo de allá, más tarde se reúne con los empresarios norteamericanos y les habla de oportunidades, después se reúne con las fuerzas opositoras al gobierno estadounidense en privado, seguidamente cambia de escenario y se dirige en un discurso a la sociedad civil norteamericana en el teatro de la ópera y el ballet de Washington (o en el Metropolitan Opera House de New York) con Obama y su equipo muy tranquilitos en el público, mientras el presidente cubano habla del bloqueo, de la Base Naval de Guantánamo y de los logros en educación y salud en Cuba; seguidamente se va a ver un tope amistoso de beisbol entre el equipo Industriales y los New York Yankees –y gana Industriales 4×1-, y finalmente parte desde el aeropuerto John F. Kennedy de New York hacia Venezuela y el presidente Obama y su sequito lo despiden en la loza de la terminal aérea hasta que la nave se aleja en los cielos….no es así?

*Doctor en Ciencias Filológicas y Profesor Titular del Dpto. de Estudios Lingüísticos del ISA, profesor de semiótica, teoría de la comunicación y análisis del discurso en la Facultad de Arte de los Medios de Comunicación Audiovisual del ISA, en la Facultad de Comunicación Social, en la Facultad de Artes y Letras y en la Facultad de Lenguas Extranjeras de la Universidad de La Habana, en la Escuela Internacional de Cine y Televisión de San Antonio de los Baños y en el Centro de Estudios de la Radio y la Televisión. La pupila insomne publica este texto con la autorización de su autor, de manera íntegra, sin edición.

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