Ancora una volta, volteggiano gli avvoltoi su Haiti

Jemina Pierre, Internationalist 360°, 19 agosto 2021

Un altro terremoto ad Haiti offre un’altra opportunità alla comunità delle ONG, all’oligarchia haitiana e agli imperialisti di consolidare i loro profitti e potere. Durante una visita ad Haiti all’inizio di aprile 2010, viaggiai con un amico al Club Indigo Hotel, 45 minuti a nord di Port-au-Prince, vicino la piccola comunità di Montrouis. Precedentemente Club Med Haiti (e ora Royal Decameron Indigo), il resort fu presentato come “complesso alberghiero residenziale, ricreativo e d’unico” e “luogo protetto e naturalmente privilegiato”.

Situato in un grande parco tropicale, il Club Indigo era situato tra Côte des Arcadins, una delle più lunghe spiagge di sabbia bianca e pura di Haiti, e una lunga catena montuosa. Il mio viaggio al Club Indigo avvenne tre mesi dopo il terremoto di magnitudo 7.0 del 12 gennaio 2010 che uccise 200000 persone e ne lasciò più di un milione senza casa. Viaggiare dal centro di Port-au-Prince a Montrouis significava attraversare la devastazione del terremoto: le strade e i ponti rotti, le case distrutte, i detriti e la polvere di cemento svolazzante, e la folla di persone che vivono per strada e campi temporanei in spazi aperti, alcuni in tende, altri in rifugi di cartone improvvisati spesso coperti da quelli che divennero gli onnipresenti teloni blu. Tali scene di devastazione e miseria nera fanno da sfondo all’apparato dell’”aiuto”. Camion, SUV e cingolati bianchi immacolati delle Nazioni Unite, pieni di soldati, spesso puntando cannoni contro il popolo haitiano, pattugliavano i quartieri di Port-au-Prince. Allo stesso tempo, la città fu improvvisamente invasa da operatori umanitari stranieri bianchi e non neri. Alla fine uscimmo dalla città e ci dirigemmo a nord sulla Route National #1 verso il Club Indigo. Un’ora dopo, arrivammo. Entrammo in un lungo viale delimitato da un’erba straordinariamente rigogliosa e verde e alberi pieni e verdeggianti e vedemmo un elicottero Puma bianco di fabbricazione francese parcheggiato sull’ampio prato, circondato da camion e SUV delle Nazioni Unite e di diverse ONG internazionali.

Divenne subito chiaro che il Club Indigo era il palcoscenico delle operazioni internazionali di soccorso per il terremoto. Personale ed attrezzatura erano alloggiati al Club Indigo per supportare il mandato principale degli Stati Uniti di “mettere in sicurezza” Haiti dopo il terremoto. L’amministrazione Obama non solo presumeva che il terremoto avrebbe provocato violenze (presumibilmente perpetuate dagli haitiani), ma anche causato un esodo di massa nel sud della Florida. Tre giorni dopo il terremoto, il Comando Meridionale degli Stati Uniti dispiegò 22268 soldati ad Haiti, aggiungendosi al dispiegamento di 14000 soldati della MINUSTAH già nel Paese. La segretaria di Stato nordamericano Hillary Clinton dichiarò che l’aeroporto internazionale Toussaint Louverture di Haiti e lo spazio aereo del Paese erano sotto il comando degli Stati Uniti. Il dipartimento per la Sicurezza interna degli Stati Uniti svolge l’”Operazione Vigilant Sentry”, facendo uso della massiccia flottiglia della Marina e della Guardia Costiera degli Stati Uniti che circonda l’isola per intercettare, detenere e rimpatriare qualsiasi haitiano che tenti di raggiungere gli Stati Uniti. Eppure, quel giorno al Club Indigo, la sicurezza non era in discussione, lo era il tempo libero. Era ora di pranzo quando entrammo nella hall dell’hotel e gli ospiti dell’hotel erano in fila al buffet. La scena mi scioccò. Non avevo mai visto così tanto cibo, e di tale varietà! I molteplici tavoli del buffet occupavano l’ampio foyer di fronte la grande sala da pranzo e il cibo sembrava infinito. Avrei poi saputo che chi si accalca ai tavoli del buffet, chi si crogiola al sole, sia nella grande piscina all’aperto che sulla sabbia della spiaggia, chi gioca a beach volley, chi segue corsi di step aerobica, chi semplicemente si rilassa nel patio dell’hotel, tutti facevano parte del grande contingente straniero di militari, operatori umanitari, missionari e dirigenti d’azienda.

Sia per le truppe MINUSTAH che per il personale esecutivo e i lavoratori “umanitari” stranieri, questa è la loro normalità haitiana: sostenere un’occupazione militare dettata dall’occidente arriva con le trappole dell’élite che vive in mezzo alla desolazione. Per me, il sontuoso accampamento straniero al Club Indigo, tre mesi dopo il terremoto, era metafora della realtà materiale, ideologica e politico-economica del presente politico haitiano. Durante il mio soggiorno, parlai con alcuni giovani operatori umanitari bianchi. Molti non vedevano contraddizione nel loro accesso a una vita così lussuosa di fronte a tanta morte, povertà e dolore. Un bianco australiano di 22 anni, tuttavia, affermò di sentirsi a disagio e in imbarazzo a essere ospite di un resort. Sarà stato in minoranza. Era uno scherzo ricorrente tra gli haitiani di Port-Au-Prince che capivano quando la giornata lavorativa era finita dall fila di pick-up e SUV bianchi che andava a Petionville, il quartiere d’élite sulle colline dove gli stranieri passano il tempo. In effetti, molti bar di Petionville sono spesso per lo più spazi bianchi, poiché quegli occupanti, militari, umanitari e d’affari, si ritrovano e si divertono ad Haiti. Ma questo ci dice anche chi ha beneficiato dell’abbondanza di aiuti esteri raccolta in nome di Haiti dal terremoto del 2010.

In primo luogo, furono tali ueste organizzazioni di “aiuto” straniere e i loro operatori. Non per niente chiamano Haiti la “Repubblica delle ONG”. La Croce Rossa nordamericana raccolse 500 milioni di dollari e costruì sei case ad Haiti. Le ONG e le agenzie di aiuto ufficiali, come USAID, sono un governo parallelo ad Haiti. In effetti, tra 2000 e 2003, USAID e la dubbia “comunità internazionale” hanno aggirato lo Stato haitiano e distribuito milioni di “aiuti” alle proprie ONG. Non c’è da meravigliarsi che dopo il terremoto del 2010 la maggior parte delle ONG straniere non si sia preoccupata di registrarsi presso il governo haitiano. Erano responsabili solo nei confronti dei governanti bianchi di Haiti. Inoltre, gli “aiuti esteri” spesso non sono altro che un programma di lavoro di occidentali con laurea in “Studi sullo sviluppo” e senza prospettive di lavoro a casa. Come riportò il Guardian sugli aiuti per il terremoto di Haiti nel 2013, “il 94% dei fondi umanitari è andato alle entità civili e militari dei donatori, alle agenzie delle Nazioni Unite, alle ONG internazionali e ai mercenari. Inoltre, il 36% delle sovvenzioni per il recupero è andato a ONG internazionali e appaltatori privati”. È importante sottolineare che Obama aveva nominato Bill Clinton e George W. Bush nel gestire la “raccolta fondi” ad Haiti attraverso il Clinton Bush Haiti Fund. Come co-presidente della Commissione ad interim per la ricostruzione di Haiti, inviato speciale delle Nazioni Unite per Haiti e condirettore del Clinton Bush Haiti Fund, Clinton, fu incoronato nuovo re di Haiti. L’alrro gruppo di beneficiari è la piccola oligarchia non nera di Haiti. Possiede terra, luoghi di svago, alberghi, negozi, concessionarie e agenzie di noleggio auto, porti e banchine. Possiedono sia le entità che offrono agli stranieri di vivere la loro vita occidentale ad Haiti, sia le infrastrutture che consentono alle merci di entrare nel Paese. Poiché l’oligarchia era già un’élite transnazionale, con collegamenti europei e cogli Stati Uniti, ricevendo grandi contratti senza offerta e senza o obbligo di garantire la consegna dei prodotti finiti .Dopotutto, questa era Haiti. I normali poveri neri non contano.

Di gran lunga il maggior beneficiario fu l’imperialismo occidentale. Il terremoto e le sue conseguenze consolidarono il colpo di Stato del 2004 tra Stati Uniti, Francia e Canada, che rimosse il primo governo democraticamente eletto di Haiti, guidato da Jean-Bertrand Aristide. Lo fece installando i neo-duvalieristi Michel Martelly e Jovenel Moise e il partito politico PHTK. Col terremoto del 2010 molti dimenticarono che fu il motivo dell’occupazione militare del Paese da parte delle Nazioni Unite. Ma le forze dell’ONU c’erano per coprire il colpo di Stato. L’ONU convocò un Core Group sulla via per calpestare la sovranità di Haiti. Ad esempio, poche settimane dopo che i soldati delle Nazioni Unite scatenarono una devastante epidemia di colera e mentre il Paese ancora si riprendeva dal terremoto, Stati Uniti e Core Group chiesero ad Haiti di attuare le elezioni federali. La “comunità internazionale” diede 29 milioni di dollari in supporto logistico alle elezioni, insistendo sul fatto che il maggiore partito politico di Haiti, Fanmi Lavalas, venisse bandito. La prima dichiarazione di Martelly dopo essere stato scelto fu che Haiti era “aperta agli affari”. Il resto è cronaca. Quello che gli haitiani sanno è che il PHTK, Martelly e Moïse e i loro scagnozzi. li derubarono sin dal loro insediamento. Sanno che ciò assicurò che non vi fosse alcuna responsabilità per i 13 miliardi raccolti per il recupero post-terremoto di Haiti. Sanno che, mentre Haiti è “aperta agli affari”, non c’è lavoro sulle infrastrutture e i servizi sociali. Anche il palazzo nazionale haitiano, distrutto dal terremoto del 2010, va ancora ricostruito. Quale migliore rappresentazione della mancanza di sovranità di Haiti? Poi, quando Jovenel Moïse fu assassinato il 7 luglio 2021, i governanti bianchi irruppero e installarono il loro governo di lacchè con Ariel Henry primo ministro.

La mattina del 14 agosto 2021, un terremoto di magnitudo 7,2 della scala Richter colpì la penisola meridionale di Haiti. E alcuni dicono che fossero due terremoti consecutivi di magnitudo 6.9 e 7.2, entrambi avvenuti vicino le città Jeremy e Les Cayes, con epicentro Petit-Trou-de-Nippes. Questi terremoti furono seguiti da numerose scosse di assestamento che registrarono valori superiori a 5,0. Al momento in cui scriviamo, il bilancio delle vittime è di 1419, con 7000 feriti. Questi numeri dovrebbero aumentare poiché l’accesso a molte città era limitato e gli sforzi per cercare tra le macerie erano appena iniziati. Per aumentare la miseria, due giorni dopo il terremoto, la tempesta tropicale Grace colpì la stessa zona, inzuppando chi era per strada dopo che la casa era stata distrutta. Di fronte a tali bastonate dai disastri ambientali, è facile per gli estranei compatire Haiti, credere che la gente sia maledetta e “non possa concedersi una pausa”. La realtà è che le conseguenze del terremoto non dovrebbero essere così. Il terremoto non causò così tanti morti e senzatetto in più della mancanza di infrastrutture nel Paese. Il disastro risultante da terremoto e tempesta tropicale non doveva essere tale, se la gente normale haitiana contava e i beneficiari non continuavano a farla franca con omicidi. Come twittò @public_archive: “Se Haiti non riesce a concedersi una pausa è perché l’imperialismo con Haiti è implacabile”. La crisi ad Haiti è crisi dell’imperialismo. È a causa dell’imperialismo occidentale, e di chi lo aiuta e favorisce, che terremoto e tempesta tropicale si trasformano in disastri immensi.

La risposta di Joe Biden al terremoto fu incaricare la belluina Samantha Power, ora a capo dell’USAID, dei soccorsi nordamericani ad Haiti. Power, fedele alla sua lunga storia di guerrafondaia e in linea coi rapporti degli Stati Uniti con Haiti, annunciò che lavorava con SOUTHCOM e dipartimento della Difesa per elaborare una strategia di soccorso. Nel frattempo, è solo questione di tempo prima che le ONG straniere inizino le loro raccolte fondi per “aiutare” Haiti. Ancora una volta, gli avvoltoi volteggiano.

Jemina Pierre, membro della Black Alliance for Peace, è anche professoressa di Black Studies e Antropologia presso l’Università della California, Los Angeles.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

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