Il vasto istoriale di aggressioni di ExxonMobil contro il Venezuela

misionverdad.com

Nei suoi oltre 100 anni di industria petrolifera, il Venezuela ha avuto vari e difficili conflitti con la multinazionale USA ExxonMobil ed esiste una documentazione molto ampia di come questa società abbia partecipato ad eventi che hanno significato instabilità politica nel nostro paese.

Sebbene questa società sia stata fondata con questo nome nel 1999, la documentazione è molto più ampio, dato che questa società è stata fondata sulle fondamenta di un’altra grande azienda del passato: la Standard Oil Company.

IL CICLO CREOLE CORPORATION–STANDARD OIL

 

Il Venezuela inaugurava il suo ingresso nel XX secolo con una rivoluzione politica, la “Rivoluzione Liberale Restauratrice” rappresentata da Cipriano Castro, un dirigente di taglio nazionalista. Il governo di Castro fu segnato dalla sua rottura con i centri tradizionali del potere internazionale, quando dovette affrontare un embargo e blocco marittimo delle coste venezuelane attuato dalle potenze dell’epoca, Gran Bretagna e Germania, e in misura minore dall’Italia, in particolare nell’anno 1902.

Già allora il Venezuela aveva dato concessioni a compagnie petrolifere, come la Compañía Nacional Minera Petrolia del Táchira e la New York and Bermúdez Company con capitale USA, che sviluppavano lo sfruttamento degli idrocarburi e creavano le basi per l’incursione del paese in questa industria.

Nel 1905 Cipriano Castro promulgò una Legge sulle Miniere che divenne la base legale per le concessioni petrolifere. Questo codice permetteva il trasferimento di concessioni e concedeva diritti di sfruttamento petrolifero per periodi di 50 anni, con benefici impositivi per lo Stato venezuelano, allora considerati grandi.

Ma poi arrivò il colpo di stato di Juan Vicente Gómez che, secondo diverse analisi della storiografia venezuelana, aveva dietro di sé interessi petroliferi.

Secondo Argenis Agüero, antropologo e storico, l’arrivo di Gómez comportò “la distribuzione di concessioni petrolifere, considerandosi questo atteggiamento come un vero dono alle persone a lui vicine, che poi avrebbero proceduto a vendere le loro azioni al capitale straniero” attraverso azioni di lobby che sarebbero state applicate dalle multinazionali.

Quel processo comportò la scomparsa de La Petrolia, la prima compagnia venezuelana, e le società che più beneficiarono dei regimi di concessioni e dell’acquisizione di altre associazioni furono l’anglo-olandese Royal Dutch Shell e la nordamericana Standard Oil del New Jersey, di proprietà del magnate John D.Rockefeller. La Standard Oil si sarebbe  installata in Venezuela sotto il nome di Creole Petroleum Corporation.

Il nome della Standard Oil sarebbe riapparso nella questione politica venezuelana durante la presidenza di Isaías Medina Angarita. Medina aveva promulgato una riforma petrolifera attraverso una Legge sugli Idrocarburi, nel 1943, che implicava la partecipazione dello Stato venezuelano al 50% di tali benefici negli sviluppi petroliferi. Il ricordato “fifty-fifty” o “50 e 50”.

Medina stabilì inoltre l’obbligo per i concessionari di pagare non solo le imposte stabilite nella suddetta legge ma anche tutte le imposte generali che vennero istituite. L’obbligo fissava le royalties al 16,5%, per cui inoltre, da quel momento, le compagnie petrolifere furono soggette al pagamento di un’imposta sul profitto del 30%. Quella era allora la legge che concedeva i maggiori benefici allo Stato venezuelano in ragione della sua attività petrolifera.

A causa di questo codice e per il cambio nella correlazione dei profitti alle compagnie petrolifere, i legami tra Medina ed il presidente USA Franklin D. Roosevelt erano diventati tesi, ma poi gli USA si sforzarono di migliorare la loro articolazione con i paesi produttori di petrolio a causa della concorrenza con il Regno Unito per i giacimenti energetici del Venezuela e dei paesi dell’Asia occidentale.

Il Dipartimento di Stato, dal canto suo, nominò Max Thornburg come consigliere nei negoziati tra le compagnie petrolifere USA e il governo venezuelano, poiché la tensione era aumentata al punto che Medina aveva dichiarato “persona non grata” il presidente della Creole Petroleum, filiale della Standard Oil.

Medina fu rovesciato nel 1945 da un golpe organizzato da civili e militari, un’associazione guidata da Rómulo Betancourt e dall’allora giovane ufficiale Marcos Pérez Jiménez. La statunitense Creole Petroleum era allora la più grande concessionaria del Venezuela e gli interessi USA risultarono garantiti dopo il golpe.

IL CICLO EXXONMOBIL

 

Nel 1999, non solo ExxonMobil Corporation riceveva un nuovo nome. Anche il Venezuela veniva ribattezzato “Repubblica Bolivariana”, inaugurando così una nuova era di cambi a partire dalla rifondazione del suo Stato e cambi nelle istituzioni del Paese.

L’allora presidente Hugo Chávez sviluppò anche una politica di trasformazioni nei termini degli aspetti essenziali dell’economia, per cui, nel 2001, promulgò un insieme di leggi tra cui una nuova riforma della Legge sugli Idrocarburi, che regola le questioni petrolifere venezuelane.

Mediante un’azione coniugata delle alte corporazioni imprenditoriali del Venezuela, con l’appoggio del governo USA e con il supporto delle compagnie petrolifere transnazionali in Venezuela, Hugo Chávez fu rovesciato, l’11 aprile 2002, e deposto dall’incarico per quasi 48 ore.

A quel tempo, la riforma della Legge sugli Idrocarburi, ma anche la nomina della nuova dirigenza di Petróleos de Venezuela, S.A. (PDVSA) guidata da Gastón Parra Luzardo, sarebbe stata la presunta giustificazione per una paralisi delle retribuzioni dei dirigenti dell’azienda statale venezuelana nel quadro delle azioni di protesta precedenti il golpe di aprile.

Ancora una volta, i tentacoli delle multinazionali straniere in Venezuela, inclusa ExxonMobil, avrebbero una nuova azione aperta, attraverso un’operazione di cambio di regime, pochi mesi dopo il golpe di aprile.

Alla fine del 2002, Guaicaipuro Lameda, presidente uscente di PDVSA, organizzò insieme a Juan Fernández, rappresentante del gruppo denominato “Gente del Petrolio”, una serrata padronale e un sabotaggio petrolifero su grande scala, attraverso una nuova azione coordinata con la principale corporazione padronale privata, Fedecámaras, e altre corporazioni del settore privato.

La paralisi dell’industria petrolifera pose in scacco il Paese, ma non raggiunse l’obiettivo di deporre il presidente Chávez, che per anni accusò il governo USA e le multinazionali di aver orchestrato questi tentativi di golpe, a motivo delle sue riforme in materia di concessioni.

Durante i difficili rapporti con le imprese USA, Chávez cercò di creare distensioni mentre portava avanti il ​​suo piano di riforma petrolifera. Nel 2007, il presidente avviò una nuova fase di nazionalizzazione dell’industria e dei suoi grandi giacimenti in regime di concessione con la partecipazione maggioritaria di società straniere, tra cui la ExxonMobil, che ancora permaneva nel paese.

Chávez creò la modalità delle società miste, un metodo concessionario e consortile attraverso il quale lo Stato venezuelano avrebbe acquisito la maggioranza azionaria nei suoi sviluppi petroliferi, e le società straniere sarebbero rimaste come partner di minoranza.

In questo processo tutte le società straniere, con sede in Venezuela, furono invitate a partecipare. Ma le società USA ExxonMobil e ConocoPhillips rifiutarono questa modalità, per cui i loro investimenti furono espropriati e pagati alle società nei termini della legislazione venezuelana e dei suoi meccanismi di liquidazione.

Dal 2008, ExxonMobil ha avviato un processo legale sul suolo USA e davanti all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) che continua ad avere ripercussioni fino ai giorni nostri. La società ha citato in giudizio lo Stato venezuelano per cifre di miliardi di dollari, come presunto risarcimento dei danni per le nazionalizzazioni che lo Stato ha effettuato durante il processo di costituzione di società miste.

L’USO DELLA GUYANA COME PIATTAFORMA PER LA SPOLIAZIONE E L’ASSEDIO

 

La questione della rivendicazione storica e legale del Venezuela sul territorio di Essequibo ha avuto un incremento particolare e vertiginoso a partire dal 2015, anno in cui ExxonMobil ha iniziato a consolidare le sue basi in Guyana.

La multinazionale USA si è inserita in tutto il sistema politico e statale della Guyana per promuovere un insieme di riforme istituzionali e legali, che mirano a consentire al Paese di costruire, quasi dal nulla, un regime di concessioni petrolifere.

La gravità di questo caso sta nel fatto che i giacimenti petroliferi della Guyana si posizionano in acque da delimitare che sono parte della facciata marittima del territorio di Essequibo, rivendicato dal Venezuela nel quadro dell’Accordo di Ginevra firmato tra Venezuela, Regno Unito e l’allora colonia britannica della Guyana nel 1966.

Il grande errore d’origine dello Stato della Guyana è che si tratta di una repubblica formata da limiti territoriali diffusi. Un’altra creazione del colonialismo inglese, come è avvenuto in altre latitudini di fama mondiale, come lo Stato di Israele, fondato sull’occupazione del territorio palestinese attraverso l'”eredità” di uno spazio usurpato attraverso il mandato britannico sulla Palestina.

La Guyana è stata un’enclave coloniale che occupa il territorio rivendicato da Venezuela e Suriname. Ma la disputa territoriale assume ora nuovi elementi pericolosi, ora che la Guyana ha attuato un processo di transnazionalizzazione di Essequibo.

Da allora, la “diplomazia Exxon” è stata un pericoloso denominatore nelle relazioni internazionali della Guyana. Questa società ha esercitato pressioni al più alto livello del sistema delle Nazioni Unite (ONU), chiedendo al suo Segretario Generale, Ban Ki-moon, che autorizzasse la Guyana a portare il caso davanti alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) senza il consenso del Venezuela come una delle parti.

Inoltre ci sono pubbliche ammissioni da parte del governo di quel paese che ExxonMobil paga i servizi legali davanti alla CIG, in chiara interferenza della compagnia petrolifera USA negli affari di due Stati in situazione di disputa territoriale.

Uno degli elementi più gravi di questo caso è che la Guyana ha delineato in concessione sotto concessione un blocco per operazioni petrolifere vicino alla costa (offshore) denominato Stabroek, di circa 60mila km2 che si estende dalla facciata marittima legale della Guyana fino ad una linea arbitraria tracciata, unilateralmente, dalla Guyana che arriva fino alla facciata marittima dello stato venezuelano di Delta Amacuro.

Tecnicamente, transnazionalizzare quello spazio marittimo e considerando la delimitazione dello spazio marittimo legale di Trinidad e Tobago, il Venezuela perde il suo accesso all’Oceano Atlantico.

L’organizzazione londinese Global Witness riportò, nel 2020, che la Guyana stava applicando accordi estremamente svantaggiosi, non percependo 55 miliardi di $ nelle casse pubbliche, e mostrava che il contratto di produzione petrolifera di ExxonMobil con la Guyana è fortemente sbilanciato a favore della transnazionale.

Il rapporto di quell’organizzazione afferma inoltre che ExxonMobil ha utilizzato tattiche aggressive e minacce per fare pressione su funzionari inesperti della Guyana affinché firmassero l’accordo. Mesi dopo, ExxonMobil, con il sostegno del governo della Guyana, ha criticato le accuse di Global Witness e, successivamente, nel 2021, l’organizzazione rimosse il documento dal suo portale web, il che fa presumere la possibilità che la società USA abbia già corrotto le strutture del governo della Guyana.

Attraverso la Guyana, la ExxonMobil non solo starebbe usurpando risorse in aree da delimitare, ma comprometterebbe anche l’integrità territoriale venezuelana così come esiste attualmente, il che comporta rischi molto gravi.

Ma riveste particolare gravità la grande possibilità che la corruzione promossa da ExxonMobil nelle strutture di potere in Guyana allontanino il Paese vicino dagli scenari di distensione politica che potrebbero verificarsi attraverso il meccanismo dell’Accordo di Ginevra del 1966, unico strumento firmato da entrambe le parti che obbliga ad un aggiustamento della controversia.

Con avvocati pagati da ExxonMobil, il governo della Guyana ha richiesto alla CIG di convalidare il fraudolento Lodo Arbitrale del 1899 e di esortare il Venezuela a fermare il referendum consultivo previsto per il prossimo 3 dicembre, un duro colpo al libero sviluppo della politica venezuelana e alla sua stabilità.


EL EXTENSO HISTORIAL DE LAS AGRESIONES DE EXXONMOBIL CONTRA VENEZUELA

 

En sus más de 100 años de industria petrolera, Venezuela ha tenido varios y difíciles conflictos con la transnacional estadounidense ExxonMobil y hay un acumulado muy extenso de cómo esta compañía ha participado en eventos que han significado inestabilidad política en nuestro país.

Aunque esta empresa fue fundada bajo ese nombre en 1999, el registro es mucho más extenso, dado que esta corporación se fundó sobre las bases de otra gran empresa del pasado: la Standard Oil Company.

EL CICLO CREOLE CORPORATION-STANDARD OIL

Venezuela inauguraba su entrada al siglo XX con una revolución política, la “Revolución Liberal Restauradora” representada por Cipriano Castro, un líder de corte nacionalista. El gobierno de Castro fue signado por su ruptura con los centros tradicionales de poder internacional, cuando enfrentó un embargo y bloqueo marítimo en las costas venezolanas implementado por las potencias de le época, Gran Bretaña y Alemania, y en menor medida Italia, concretamente en el año 1902.

Ya para entonces Venezuela había dado concesiones a empresas petroleras, como la Compañía Nacional Minera Petrolia del Táchira y la New York and Bermúdez Company con capital estadounidense, que desarrollaban la explotación de hidrocarburos y creaban las bases para la incursión del país en esta industria.

En 1905 Cipriano Castro promulgó una Ley de Minas que se constituyó en la base legal de las concesiones petroleras. Esta código permitía el traspaso de concesiones y otorgaba derechos a la explotación del petróleo por lapsos de 50 años, con beneficios impositivos para el Estado venezolano, los cuales se consideraban cuantiosos para entonces.

Pero luego vino el golpe de Estado de Juan Vicente Gómez, el cual, según diversos análisis en la historiografía venezolana, tuvo intereses petroleros detrás.

De acuerdo con Argenis Agüero, antropólogo e historiador, la llegada de Gómez implicó “el reparto de concesiones petroleras, considerándose esa actitud como un verdadero regalo a las personas cercanas a él, quienes después procederían a vender sus acciones al capital extranjero” mediante acciones de lobby que serían aplicadas por las transnacionales.

Aquel proceso implicó la desaparición de La Petrolia, primera empresa venezolana, y las compañías que resultaron más beneficiadas con los regímenes concesionarios y adquisición de otras asociaciones fueron la angloholandesa Royal Dutch Shell y la norteamericana Standard Oil of New Jersey, propiedad del magnate John D. Rockefeller. Standard Oil se situaría en Venezuela bajo el nombre de Creole Petroleum Corporation.

El nombre de la Standard Oil volvería a aparecer en la cuestión política venezolana durante la presidencia de Isaías Medina Angarita. Medina había promulgado una reforma petrolera mediante una Ley de Hidrocarburos en 1943 que implicaba la participación del Estado venezolano al 50% de dichos beneficios en los desarrollos petroleros. El recordado “fifty-fifty” o “50 y 50”.

Medina estableció además la obligación para los concesionarios de pagar no solo los impuestos consagrados en dicha ley sino todos los impuestos generales que se establecieren. La obligación fijaba las regalías en 16,5%, por lo que las compañías petroleras quedaron además sujetas desde ese momento al pago del impuesto sobre la renta de 30%. Esa fue entonces la ley que otorgaba más beneficios al Estado venezolano en razón de su actividad petrolera.

Por tal código y en razón del cambio en la correlación de beneficios a las petroleras, los vínculos entre Medina y el presidente estadounidense Franklin D. Roosevelt se habían vuelto tensos, pero entonces Estados Unidos hizo esfuerzos para mejorar su articulación con los países petroleros debido a su competencia con Reino Unido por los yacimientos energéticos de Venezuela y de países de Asia Occidental.

El Departamento de Estado, por su lado, nombró a Max Thornburg como asesor de la negociación entre las petroleras estadounidenses y el gobierno venezolano, ya que la tensión había escalado al punto de que Medina había declarado “persona no grata” al presidente de la Creole Petroleum, filial de la Standard Oil.

Medina fue derrocado en 1945 en un golpe fraguado por civiles y militares, una asociación liderada por Rómulo Betancourt y el entonces joven oficial Marcos Pérez Jiménez. La estadounidense Creole Petroleum era entonces la mayor concesionaria en Venezuela y los intereses de Estados Unidos resultaron garantizados luego del golpe.

EL CICLO EXXONMOBIL

En 1999, no solo ExxonMobil Corporation recibía un nuevo nombre. También Venezuela fue renombrada “República Bolivariana”, e inauguraba con ello una nueva época de cambios a partir de la refundación de su Estado y cambios en la institucionalidad del país.

El entonces presidente Hugo Chávez también desarrolló una política de transformaciones en términos de los aspectos esenciales de la economía, por lo cual promulgó en el año 2001 un conjunto de leyes entre las cuales estaba una nueva reforma a la Ley de Hidrocarburos, la que rige la materia petrolera venezolana.

Mediante una acción conjugada por los altos gremios empresariales de Venezuela, con apoyo del gobierno estadounidense y con el soporte de las transnacionales petroleras en Venezuela, Hugo Chávez fue derrocado el 11 de abril de 2002 y depuesto de su cargo por casi 48 horas.

En aquel entonces, la reforma de la Ley de Hidrocarburos, pero además el nombramiento de la nueva directiva de Petróleos de Venezuela, S.A. (PDVSA) liderada por Gastón Parra Luzardo, sería la supuesta justificación para una paralización de la nómina gerencial de la estatal venezolana en el marco de las acciones de protesta previas al golpe de abril.

Nuevamente, los tentáculos de las transnacionales extranjeras en Venezuela, con ExxonMobil incluida, tendrían una nueva acción abierta vía operación de cambio de régimen, apenas meses luego del golpe de abril.

A finales del año 2002 Guaicaipuro Lameda, presidente saliente de PDVSA, organizó junto a Juan Fernández, representante del grupo llamado “Gente de Petróleo”, un paro patronal y sabotaje petrolero a gran escala, mediante una nueva acción coordinada con la principal patronal privada Fedecámaras y otros gremios del sector privado.

La paralización de la industria petrolera puso en jaque al país, pero no logró el objetivo de deponer al presidente Chávez, quien durante años acusó al gobierno estadounidense y a las transnacionales de haber orquestado esos intentos de golpe, en razón de sus reformas en materia concesionaria.

Durante la difícil relación con las empresas estadounidenses, Chávez intentó crear distensiones mientras avanzaba en su plan de reformas petroleras. En el año 2007 el mandatario inició una nueva etapa de nacionalización de la industria y sus grandes yacimientos bajo regímenes concesionarios con participación mayoritaria de empresas extranjeras, entre las cuales se encontraba ExxonMobil, la cual todavía permanecía en el país.

Chávez creó la modalidad de empresas mixtas, un método concesionario y de consorcio mediante el que el Estado venezolano se haría con la mayoría accionaria en sus desarrollos petrolíferos, y las empresas extranjeras se mantendrían como asociados minoritarios.

En este proceso, todas las empresas extranjeras radicadas en Venezuela fueron invitadas a participar. Pero las estadounidenses ExxonMobil y ConocoPhillips se rehusaron a la modalidad, por lo cual sus inversiones fueron expropiadas y pagadas a las empresas dentro de los términos de la legislación venezolana y sus mecanismos de arreglos.

ExxonMobil inició desde el año 2008 un proceso legal en suelo estadounidense y ante la Organización Mundial del Comercio (OMC) que sigue teniendo repercusiones hasta el presente. La empresa ha demandado al Estado venezolano por cifras mil millonarias, como supuesto pago por daños y perjuicios por las nacionalizaciones que el Estado realizó durante el proceso de formación de empresas mixtas.

EL EMPLEO DE GUYANA COMO PLATAFORMA DEL DESPOJO Y EL ASEDIO

La cuestión de la reclamación histórica y legal de Venezuela sobre el territorio Esequibo ha tenido un repunte particular y vertiginoso desde el año 2015, año cuando ExxonMobil comenzó a consolidar sus bases en Guyana.

La transnacional estadounidense se ha insertado en todo el sistema político y estatal de Guyana para impulsar un conjunto de reformas institucionales y legales, que pretenden habilitar al país para construir, casi desde cero, un régimen concesionario petrolero.

La gravedad de este caso está en que los desarrollos petrolíferos guyaneses se están posicionando sobre aguas por delimitar y que son parte de la fachada marítima del territorio Esequibo, en reclamación por Venezuela en el marco del Acuerdo de Ginebra suscrito entre Venezuela, Reino Unido y la entonces colonia británica guyanesa en 1966.

La gran falla de origen del Estado guyanés está en que se trata de una república formada por límites territoriales difusos. Una creación más del colonialismo inglés, tal como ha ocurrido en otras latitudes mundialmente famosas, como el Estado de Israel, constituido sobre la ocupación de territorio palestino por vía de “herencia” de un espacio usurpado mediante el mandato británico de Palestina.

Guyana ha sido un enclave colonial que ocupa territorio reclamado por Venezuela y Surinam. Pero el diferendo territorial cuenta ahora con nuevos elementos peligrosos, ahora que Guyana ha implementado un proceso de transnacionalización del Esequibo.

Desde entonces, la “diplomacia Exxon” es un peligroso denominador de las relaciones internacionales de Guyana. Esta empresa hizo lobby al más alto nivel del sistema de la Organización de Naciones Unidas (ONU), instando a su Secretario General, Ban Ki-moon, a que autorizara a Guyana a llevar el caso ante la Corte Internacional de Justicia (CIJ) sin el consentimiento de Venezuela como una de las partes.

Pero además hay admisiones públicas del gobierno de ese país de que ExxonMobil paga los servicios legales a su beneficio ante la CIJ, en una clara interferencia de la petrolera estadounidenses en los asuntos de dos Estados en situación de controversia territorial.

Uno de los elementos de mayor gravedad en este caso es que Guyana ha delineado bajo concesión un bloque para operaciones petroleras costa afuera (offshore) llamado Stabroek, de unos 60 mil km2 que se extienden desde la fachada marítima legal de Guyana hasta una línea arbitraria trazada unilateralmente por Guyana que alcanza la fachada marítima del estado venezolano de Delta Amacuro.

Técnicamente, al trasnacionalizar ese espacio marítimo y considerando la delineación del espacio marítimo legal de Trinidad y Tobago, Venezuela pierde su salida al océano Atlántico.

La organización londinense Global Witness reportó en 2020 que Guyana estaba aplicando acuerdos sumamente desventajosos, dejando de percibir 55 mil millones de dólares en las arcas públicas, y mostraba que el contrato de producción de petróleo de ExxonMobil con Guyana está muy inclinado a favor de la transnacional.

El informe de esa organización también alegó que ExxonMobil usó tácticas agresivas y amenazas para presionar a funcionarios guyaneses sin experiencia, con vistas a que firmaran el acuerdo. Meses después ExxonMobil, con apoyo del gobierno de Guyana, cuestionó la acusación de Global Witness y, más tarde, en 2021 la organización eliminó el documento de su portal web, lo que hace presumir la posibilidad de que la compañía estadounidense ya ha corrompido las estructuras del gobierno guyanés.

Vía Guyana, ExxonMobil estaría no solo usurpando recursos en áreas por delimitar, además estaría comprometiendo la integridad territorial venezolana tal cual como existe en el presente, lo cual implica riesgos muy graves.

Pero reviste especial seriedad la gran posibilidad de que la corrupción promovida por ExxonMobil en las estructuras del poder en Guyana alejen al país vecino de los escenarios de distensión política que puedan transcurrir mediante el mecanismo del Acuerdo de Ginebra de 1966, único instrumento suscrito por ambas partes que obliga a un arreglo de la controversia.

Con abogados pagados por ExxonMobil, el gobierno guyanés ha solicitado a la Corte Internacional de Justicia (CIJ) que valide el fraudulento Laudo Arbitral de 1899 e inste a Venezuela a detener su referéndum consultivo pautado para el próximo 3 de diciembre, un golpe por elevación al libre desarrollo de la política venezolana y su estabilidad.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.