Con l’assassinio di Juvenal Ballén Gómez il numero dei firmatari degli accordi di pace del 2016 tra lo stato colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) uccisi raggiunge la cifra di 300 mentre la FAO denuncia una probabile crisi alimentare per il 2022 in Colombia.
In Colombia non è servito a nulla l’orrore dei 6.042 morti assassinati a sangue freddo dai militari dell’Esercito colombiano. Anche nel 2021 si registrano numeri allarmanti tra omicidi e massacri. Davanti alle continue violazioni dei diritti umani e a crimini contro l’umanità, gli Stati Uniti, l’Unione europea e la Nato fanno finta di nulla e continuano a firmare accordi con il Paese sudamericano, l’ultima firma è stata quella dell’8 dicembre.
Una clamorosa smentita fu espressa dal Ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino López, di fronte alle nuove dichiarazioni dei portavoce del governo colombiano di Iván Duque, che Padrino definiva “mascalzoni”.
Qual era il paese meglio preparato per una pandemia?
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformacion
Il Parlamento Europeo ha approvato, in tre anni, quattro risoluzioni contro il governo cubano per presunte violazioni dei diritti umani, accompagnate dal successivo bombardamento mediatico (1).
Neppure una contro il governo della Colombia dove, solo quest’anno, ci sono stati 92 massacri e l’assassinio di 168 dirigenti sociali (2). Un recente rapporto delle Nazioni Unite denuncia 63 morti e 60 casi di violenza sessuale, la maggior parte per mano della forza pubblica, nelle proteste di aprile in Colombia (3). Paese dove “554000 bambini sotto i cinque anni soffrono di denutrizione cronica” (4). Ma è Cuba, libera da massacri, da violenza estrema della polizia e – secondo l’Unicef - unica nazione dell’America Latina senza grave denutrizione infantile, quella segnalata dal Parlamento Europeo (5).
Un reportage del quotidiano “El País” sulle “esportazioni spagnole di armi” pone come selezione principale la “vendita di materiale antisommossa a Cuba -leggiamo- prima della repressione delle manifestazioni di luglio” (1).
Questa presunta vendita e “le consegne di munizioni all’Arabia Saudita” sarebbero “le operazioni più controverse”.
Dicono che tutti i paragoni siano odiosi, ma allo stesso tempo inevitabili. Nel caso della Colombia e del Venezuela, il confronto tra i loro sistemi politici è fatto in modo permanente dalla classe politica colombiana e, naturalmente, è sostenuto dai cartelli che compongono le loro società mediatiche e la sua potente industria dell’intrattenimento, che non esitano a stabilire che mentre la democrazia colombiana è antica, forte e gode di buona salute, il Venezuela è degenerato in una dittatura.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulle violenze compiute dalle forze dell’ordine colombiane contro i manifestanti durante gli scioperi avvenuti nella primavera scorsa che hanno portato a numerosi atti di violenza gratuita.
Il Cile di Pinochet è stato mostrato come la vetrina del neoliberalismo in America Latina, l’esempio da seguire. Nello sforzo si tenta di oscurare la repressione che ha accompagnato l’esperimento dei Chicago Boys.
La Colombia è stata esposta come una democrazia forte e fiorente. La guerra, il narcotraffico, il paramilitarismo, da e attraverso lo Stato, non sembrano pregiudicare la “democrazia più antica” del continente.
“È agghiacciante vedere come gli agenti della Squadra Mobile Antisommossa colombiana abbiano deliberatamente sparato negli occhi di così tante persone, solo per aver esercitato il loro legittimo diritto a manifestazioni pacifiche”, ha affermato Erika Guevara Rosas, direttore per le Americhe di Amnesty International.
Palabras del Presidente Miguel Mario Díaz-Canel Bermúdez, Primer Secretario del Comité Central del Partido Comunista de Cuba y Presidente de la República, durante el evento oficial por el quinto aniversario de la firma del Acuerdo de Paz con las FARC-EP, desde el Palacio de la Revolución, el 24 de noviembre de 2021, “Año 63 de la Revolución”
L’ondata di violenza in Colombia non cessa: ex appartenenti alle Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, leader sociali e semplici cittadini sono le vittime quotidiane delle bande paramilitari che dettano legge nel paese sud americano. nell’indifferenza generale della comunità internazionale.
Due esempi niente di più. Uno da Miami e l’altro da Bogotà. In entrambi i casi, si tratta di luoghi in cui il sistema di governo imperante si afferra a porsi da esempio di “libertà e democrazia”. Benché, come è logico, ognuno può dare la propria lettura a quel concetto
I famosi rumori sembrano provenire da grilli, animaletti ora coinvolti, per opera e grazia di una costruzione mediatica a fini politici, in quanto accade all’ambasciata USA a Bogotà
Sono trascorsi cinque anni dalla firma degli accordi di pace tra lo Stato colombiano e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia-Esercito del Popolo (FARC-EP), all’Avana (Cuba), dopo quattro anni di trattative.
Nonostante questo accordo sia stato firmato solo con quella che, allora, era la più grande delle organizzazioni guerrigliere, il discorso governativo e mediatico l’ha fatto sembrare come la fine della guerra in Colombia e ha iniziato a parlare di una nuova era di “post-conflitto”, come se con quella firma si fosse posto fine al conflitto sociale e armato in Colombia.
Cinque anni dopo la sua firma, solo il 28% dei suoi obiettivi è stato raggiunto o sono in corso. Più di 246 ex combattenti delle FARC sono stati assassinati e sono più di 1000 i dirigenti sociali che hanno sofferto la stessa sorte