Iván Duque, l’Operazione Gedeon ed un falso positivo a basso budget

Quando in Venezuela appena iniziavano le misure sanitarie per contenere, in anticipo, la crescita esponenziale dei contagi da Covid-19, parallelamente, nella Guajira colombiana, mercenari venezuelani ed USA assunti da Juan Guaidó affinavano i dettagli di quello che sarebbe poi stata conosciuta come la (fallita) Operazione Gedeon.

I piani hanno avuto una battuta d’arresto alla fine di marzo quando un camion che trasportava arsenale militare, da Barranquilla, per essere portato a questo gruppo irregolare, installato a Riohacha, veniva intercettato dalla polizia colombiana.

Il 24 marzo, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha denunciato questo fatto, aggiungendo che le armi dovevano essere consegnate ad “un certo alias Pantera”.

La denuncia è stata ampliata da Jorge Rodríguez, allora ministro delle Comunicazioni, che faceva un resoconto dettagliato della rotta antipolitica che l’opposizione venezuelana, sotto la direzione di Washington e con il sostegno di Bogotá, aveva intrapreso illegalmente, con esiti notevoli come il fallito assassinio nei confronti del Presidente della Repubblica e di altri alti funzionari dello Stato venezuelano, nell’agosto 2018.

Il panorama si è andato chiarendosi con l’arrivo del mese di maggio.

I dettagli dell’operazione mercenaria sulle coste venezuelane sono ormai ampiamente noti a tutti; dall’uso del territorio colombiano per l’addestramento di quei paramilitari di Gedeon, i legami con il narcotraffico in quella regione e la collaborazione della DEA, sino all’esternalizzazione del piano golpista alla società Silvercorp ed i dettagli della stessa, che includevano omicidi di figure politiche del chavismo e l’insediamento di una forza di occupazione in Venezuela.

Così come avvenuto con i piani precedenti, l’intelligence militare del governo venezuelano è stata la chiave per disarticolare l’Operazione Gedeon.

Ora che il delfino dell’uribismo, Iván Duque, con diversi mesi di ritardo cerca di alterare le prove che incriminano il suo governo in questi piani, utilizzando la cattura di un gruppo che è rimasto bloccato dopo gli eventi di maggio, vale la pena ripetere la risposta che è stata data da Jorge Rodríguez: dal 2017 il governo venezuelano ha denunciato 92 volte la presenza, in Colombia, di elementi irregolari legati al narcotraffico ed al paramilitarismo che hanno realizzato azioni violente contro il Venezuela.

“Doppi agenti” per “destabilizzare lo Stato colombiano”

 

Giovedì scorso, 3 settembre, Rayder Alexander Russo, Yacsi Alexandra Álvarez ed i fratelli Juvenal e José Sequea Torres sono stati catturati.

Tutti erano coinvolti nel coordinamento dei campi mercenari, ne La Guajira colombiana, guidato da Clíver Alcalá. Dall’8 maggio ci sono mandati di arresto emessi dalla Procura venezuelana contro ciascuno di loro.

La Procura venezuelana ha richiesto l’estradizione di questi criminali alla Procura Generale della Colombia.

Iván Duque ha confermato la cattura di queste quattro persone e le ha accusate di “preparare azioni destabilizzanti” con “il presunto finanziamento di Nicolás Maduro”.

“Nelle ultime ore sono state catturate quattro persone legate ad atti di destabilizzazione in territorio colombiano (…) Stavano pianificando, in Colombia, azioni destabilizzanti al fine di delegittimare le istituzioni dello Stato colombiano”, ha detto il presidente colombiano.

Successivamente quel racconto dei “doppi agenti” l’ha continuato il direttore della Polizia Nazionale, il generale Óscar Atehortúa, che ha apportato presunti “elementi di intelligence” raccolti su una dei detenuti, Yacsi Alexandra Álvarez: “Era incaricata di creare contatti internazionali per acquistare armamento e realizzare operazioni fallite contro lo Stato colombiano. Questa donna è stata interprete del generale Alcalá y Goudreau per il coordinamento dell’acquisto di armi e l’addestramento dei militari venezuelani nel nostro territorio”.

Secondo Atehortúa, il disertore venezuelano Rayder Russo sarebbe stato colui che stava coordinando il reclutamento dei militari per dette “operazioni fallite” contro il governo Duque.

Anche El Espectador ha dato il suo contributo alla floscia narrativa cospirativa. Il media colombiano ha affermato di aver consultato fonti di intelligence che erano nell’operazione di cattura e le dichiarazioni che hanno raccolto ripetono solo ciò che ha detto Duque: quei quattro mercenari che hanno effettuato l’operazione paramilitare contro il Venezuela sarebbero stati collocati in Colombia dal presidente Maduro. “formare gruppi illeciti e svolgere attività irregolari”.

Il contesto delle false accuse di Bogotà

 

Resta sottinteso il sostegno della Casa de Nariño alle attività irregolari che si svolgevano in territorio colombiano per distruggere il chavismo in Venezuela; soprattutto se si ricorda che, insistentemente, il governo venezuelano ha condiviso con Bogotá le coordinate del luogo in cui si realizzavano.

Iván Duque ora simula di aver “messo insieme il puzzle” dell’Operazione Gedeon con quel falso positivo di “infiltrati di Maduro” per aggredire le istituzioni colombiane che, rapidamente, è stato appoggiato dal mandatario di Washington in Venezuela, Juan Guaidó.

Una grossolana manovra che rispecchia lo stato di crisi di entrambi i personaggi a causa degli eventi che si sviluppano nella sfera politica venezuelana e che puntano alla risoluzione del conflitto che gli USA hanno scatenato per ottenere la delegittimazione della presidenza di Nicolás Maduro da parte di alcuni fattori internazionali ed intensificare l’asfissia finanziaria contro il paese.

D’altra parte, come lo ha riferito l’ora candidato a deputato, Jorge Rodríguez, bisogna prevedere che con questa cattura, probabilmente, il governo Duque sta proteggendo i suoi complici nei falliti piani di Gedeon, così come l’estradizione di Clíver Alcalá, negli USA, lo ha esonerato dal rendere conto alla giustizia venezuelana per la sua partecipazione alla trama golpista dell’anti-chavismo.

Il timore che l’Unione Europea e l’Organizzazione delle Nazioni Unite sostengano il processo elettorale di dicembre produce misure disperate come quella che vediamo oggi da Bogotà; così semplici da smantellare.

Tuttavia, questa narrazione di “aggressioni contro la Colombia”, sebbene tirata per i capelli dall’approccio di Gedeon, ha bisogno solo della protezione di Washington affinché sia presa in considerazione dalla comunità internazionale che, almeno nel caso europeo, ha dimostrato aver poca tendenza a comportarsi come un attore indipendente nella situazione politica del Venezuela.


Iván Duque, la Operación Gedeón y un falso positivo de bajo presupuesto

Cuando en Venezuela apenas iniciaban las medidas sanitarias para contener con antelación el crecimiento exponencial de los contagios por Covid-19, paralelamente, en la Guajira colombiana, mercenarios venezolanos y estadounidenses contratados por Juan Guaidó afinaban los detalles de lo que luego se conocería como la (fallida) Operación Gedeón.

Los planes tuvieron un traspié a finales de marzo cuando un camión que transportaba arsenal militar desde Barranquilla para ser llevado a este grupo irregular instalado en Riohacha, fue interceptado por la policía colombiana.

El 24 de marzo, el presidente venezolano Nicolás Maduro denunció este hecho, agregando que las armas iban a ser entregadas a “un tal alias Pantera”.

La denuncia fue ampliada por Jorge Rodríguez, entonces ministro de Comunicación, que venía haciendo un registro pormenorizado de la ruta antipolítica que la oposición venezolana, bajo la dirección de Washington y con respaldo de Bogotá, había tomado bajo cuerdas, con desenlaces destacados como el magnicidio en grado de frustración contra el Presidente de la República y otros altos mandos del estado venezolano, en agosto de 2018.

El panorama fue esclareciéndose con la llegada del mes de mayo.

Los detalles de la operación mercenaria en las costas venezolanas ahora son ampliamente conocidos por todos; desde el uso de territorio colombiano para el entrenamiento de aquellos paramilitares de Gedeón, los nexos con el narcotráfico de esa región y la colaboración de la DEA, hasta la tercerización del plan golpista a la empresa Silvercorp y los detalles de la misma, que incluían asesinatos de figuras políticas del chavismo y la instalación de una fuerza de ocupación en Venezuela.

Así como ocurrió con planes anteriores, la inteligencia militar del gobierno venezolano fue clave para desarticular la Operación Gedeón.

Ahora que el delfín del uribismo, Iván Duque, con varios meses de retraso intenta alterar las evidencias que incriminan a su gobierno en estos planes, usando la captura de un grupo que quedó varado después de los eventos de mayo, vale la pena repetir la respuesta que fue dada por Jorge Rodríguez: desde 2017, el gobierno venezolano ha denunciado 92 veces la presencia en Colombia de elementos irregulares relacionados con el narcotráfico y paramilitarismo que han realizado acciones violentas contra Venezuela.

“Dobles agentes” para “desestabilizar al estado colombiano”

El pasado jueves, 3 de septiembre, fueron capturados Rayder Alexander Russo, Yacsi Alexandra Álvarez, y los hermanos Juvenal y José Sequea Torres.

Todos estuvieron involucrados en la coordinación de campamentos mercenarios en La Guajira colombiana conducido por Clíver Alcalá. Desde el 8 de mayo existen órdenes de aprehensión emitidas por la Fiscalía venezolana contra cada uno de ellos.

La Fiscalía venezolana solicitó la extradición de estos criminales ante la Fiscalía General de Colombia.

Iván Duque confirmó la captura de estas cuatro personas y las acusó de “preparar acciones desestabilizadoras” con “presunto financiamiento de Nicolás Maduro”.

“Se dio captura en las últimas horas a cuatro sujetos que estaban vinculados en hechos de desestabilización en el territorio colombiano (…) Estaban planificando en Colombia acciones desestabilizadoras con el fin de deslegitimar las instituciones del Estado colombiano”, dijo el presidente colombiano.

Más adelante aquel relato de los “agentes dobles” lo siguió el director de la Policía Nacional, general Óscar Atehortúa, quien aportó supuestos “elementos de inteligencia” recabados sobre una de los detenidos, Yacsi Alexandra Álvarez: “Era la encargada de generar contactos internacionales para comprar armamento y realizar operaciones fallidas contra el Estado colombiano. Esta mujer era intérprete del general Alcalá y Goudreau para las coordinaciones de compra de armamento y el entrenamiento de militares venezolanos en nuestro territorio”.

Según Atehortúa, el desertor venezolano Rayder Russo habría sido quien estaría coordinando el reclutamiento de militares para dichas “operaciones fallidas” contra el gobierno de Duque.

El Espectador también hizo su contribución a la floja narrativa conspirativa.

El medio colombiano dijo haber consultado a fuentes de inteligencia que estuvieron en el operativo de captura y las declaraciones que recopilaron no hacen más que repetir lo dicho por Duque: aquellos cuatro mercenarios que ejecutaron la operación paramilitar contra Venezuela estarían colocados en Colombia por el presidente Maduro para “conformar grupos ilícitos y hacer actividades irregulares”.

El contexto de las falsas acusaciones de Bogotá

Queda sobreentendido el apoyo de la Casa de Nariño a las actividades irregulares que se ejecutaban en territorio colombiano para destruir al chavismo en Venezuela, más cuando se recuerda que insistentemente el gobierno venezolano compartió con Bogotá las coordenadas de donde se realizaban.

Iván Duque ahora simula haber “armado el rompecabezas” de la Operación Gedeón con ese falso positivo de “infiltrados de Maduro” para agredir a las instituciones colombianas, que rápidamente fue apoyado por el apoderado de Washington en Venezuela, Juan Guaidó.

Una burda maniobra que refleja el estado de crisis en ambos personajes por los acontecimientos que se desarrollan en el ámbito político venezolano y que apuntan a la resolución del conflicto que Estados Unidos desencadenó para lograr la deslegitimación de la presidencia de Nicolás Maduro por parte de algunos factores internacionales y escalar la asfixia financiera contra el país.

Por otro lado, como lo refirió el ahora candidato a diputado, Jorge Rodríguez, hay que prever que con esa captura probablemente el gobierno de Duque esté protegiendo a sus cómplices en los planes fallidos de Gedeón, así como la extradición de Clíver Alcalá a Estados Unidos lo exoneró de rendir cuentas a la justicia venezolana por su participación en la trama golpista del antichavismo.

El temor de que la Unión Europea y la Organización de las Naciones Unidas respalden el proceso electoral de diciembre produce medidas desesperadas como la que vemos hoy desde Bogotá, tan sencillas de desmontar.

Sin embargo, esa narrativa de “agresiones contra Colombia”, aunque traída de los pelos desde el enfoque de Gedeón, solo necesita del amparo de Washington para que sea considerada por la comunidad internacional, que, por lo menos en el caso europeo, ha demostrado tener poca tendencia a comportarse como un actor independiente en la situación política de Venezuela.

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