“La frutta matura”: una iniziale definizione di politica

Francisca López Civeira – Trabajadores

La concezione geopolitica, indipendentemente dal fatto che allora non si denominasse così, aveva determinato presto l’interesse USA per Cuba. Nel primo decennio del secolo XIX la questione era solo un enunciato, come aveva espresso Thomas Jefferson per primo e poi dal suo successore presidenziale, James Madison. Ciò era stato molto chiaro nel 1810 quando disse: “(…) la posizione di Cuba dà agli USA un profondo interesse per il destino… di quell’isola che… non potrebbero essere soddisfatti dalla sua caduta sotto qualsiasi governo europeo, che potrebbe fare di quel possesso un sostegno contro il commercio e la sicurezza degli USA.” [1]

Tali espressioni, tuttavia, non significavano uno specifico disegno politico nei confronti di Cuba. Era solo un’espressione dell’interesse per un territorio, senza che si stabilissero modalità precise per realizzarlo. La presenza di inviati speciali o consoli in quel primo decennio del secolo permetteva esplorare la situazione, ma ancora non si avanzava verso azioni concrete. Tuttavia, negli anni ’20 del XIX secolo, si sarebbe prodotta una prima definizione di politica in relazione a Cuba, nella prospettiva di circa mezzo secolo. Sarebbe stata la politica nota come della “frutta matura”. Detto questo, sarebbe pertinente chiedersi perché un simile evento si sia verificato in quel momento.

Nel terzo decennio di quel secolo, la situazione continentale proponeva un cambio importante: il processo indipendentista delle antiche colonie spagnole continentali raggiungeva il suo culmine, tanto che il dominio spagnolo cessava in tutto quel territorio. Sebbene la politica USA ante la possibilità dell’indipendenza dell’Ispano America avesse avuto una iniziale definizione, quando Thomas Jefferson, nel 1787, aveva ritenuto che questo processo fosse inevitabile ma avrebbe dovuto essere rinviato fino a quando gli USA ne avessero potuto beneficiare e non l’Inghilterra; criterio ribadito dal presidente John Adams, nel 1797, la questione si presentava già come un fatto compiuto negli anni ’20 del XIX secolo. È vero che nel 1817 era stata votata una legge di neutralità e nel 1819 era stato firmato un trattato tra Spagna e USA con il quale il presidente Monroe si impegnava a non riconoscere l’indipendenza delle repubbliche latinoamericane, ma non era più possibile continuare a dare le spalle agli eventi. A questo si aggiunge che avevano completato il processo di acquisizione dell’intero territorio della Florida. Pertanto, era necessario produrre definizioni e questo si fece con la politica della frutta matura rispetto a Cuba e la cosiddetta “dottrina Monroe” per tutta l’America Latina.

Joel Roberts Poinsett (del South Carolina) si muoveva come agente nella zona centroamericana dal 1810 e nel 1822 era stato a Cuba, cosa che gli fece apprezzare l’importanza politica sia delle dimensioni che della ricchezza di Cuba ma, soprattutto, la sua ubicazione e il rischio che, quindi, l’isola si alleasse con un paese indipendente come il Messico o cadesse nelle mani di una potenza marittima nemica. In base al criterio che Cuba fosse la “Chiave del Golfo” e anche dell’intero confine meridionale di quel territorio, per Poinsett ciò che era soddisfacente era che Cuba continuasse a dipendere dalla Spagna.

L’anno 1822 sarebbe stato dunque un anno di definizioni: il 30 gennaio 1822 il Congresso chiese all’Esecutivo la documentazione sui paesi latinoamericani indipendenti, mentre, l’8 marzo 1822, il presidente James Monroe si pronunciava, in un messaggio, per il riconoscimento di quelle repubbliche indipendenti. A ciò sarebbe dovuta seguire una definizione più grande in corrispondenza con gli interessi USA nella regione, ciò che avvenne l’anno successivo.

Forse il fatto più noto è la proclamazione della Dottrina Monroe, nel dicembre 1823, quando il presidente nel suo Messaggio al Congresso stabilì la posizione degli USA nei confronti dell’America Latina indipendente e delle potenze europee, quando ancora non disponeva della forza necessaria per farla rispettare. In effetti, si stava affermando una posizione per il futuro. Tuttavia, prima di quella proclamazione si produsse la definizione riguardo a Cuba. Il 28 aprile, il Segretario di Stato e futuro presidente dell’Unione, John Quincy Adams, inviò le sue istruzioni al suo ministro a Madrid, Hugh Nelson, in ciò che si convertì in un documento programmatico di politica verso Cuba, per quel momento e per i tempi futuri.

Il testo inizia con una chiara affermazione: “Si può dare per scontato che il dominio della Spagna sui continenti americani, settentrionale e meridionale, sia irrevocabilmente terminato”.[2] Stabilisce di seguito un’analisi dell’importanza delle isole caraibiche ancora sotto il dominio spagnolo: “Ma le isole di Cuba e Porto Rico rimangono ancora nominalmente, e in misura tale realmente, sotto la sua dipendenza, che gode ancora del potere di trasferire ad altri paesi il suo dominio su di esse e, con ciò, il possesso di esse. Per la loro posizione locale, queste isole sono appendici naturali del continente (nord)americano, e una di esse [l’isola di Cuba], quasi in vista delle nostre coste, è diventata, per una moltitudine di ragioni, di trascendentale importanza per gli interessi politici e commerciali della nostra Unione”.

La presentazione, quindi, è molto illuminante sul punto di vista dei gruppi di potere USA rispetto alle isole antillane; tuttavia, da qui il discorso si concentra sul caso di Cuba, poiché si pondera sulla sua “dominante posizione” nel Golfo del Messico e nel Mar delle Antille, oltre che sul “carattere della sua popolazione, il posto che occupa a metà strada tra la nostra costa meridionale e l’isola di Santo Domingo, il suo vasto e riparato porto dell’Avana”, oltre alle sue produzioni e ai suoi bisogni, che, secondo il giudizio di Adams, sarebbero state la base di un proficuo commercio. Tutti questi elementi enunciati, diceva, si combinavano per “darle importanza nella somma dei nostri interessi nazionali”, per cui affermava che non c’era nessun altro territorio straniero che potesse essere paragonato ad essa, e comparava i suoi rapporti con Cuba con quelli che “legano tra loro i diversi Stati della nostra Unione”.

Come può osservarsi, queste Istruzioni mettvano sul tavolo le ragioni dell’interesse degli USA per Cuba in una data precoce, ma tali interessi dovevano trovare, in quella congiuntura, una concretizzazione nella formulazione della politica e il seguito di quel documento si dedica a questo: “Tali sono, infatti, tra gli interessi di quell’isola e quelli di questo paese, i legami geografici, commerciali e politici formati dalla natura, alimentati e rafforzati gradualmente nel corso del tempo che, quando si getta uno sguardo verso il corso che prenderanno probabilmente gli eventi, nei prossimi cinquant’anni, è quasi impossibile resistere alla convinzione che l’annessione di Cuba alla nostra Repubblica federale sarà indispensabile per la continuazione dell’Unione e il mantenimento della sua integrità”.

In questa formulazione si rende evidente l’aspirazione annessionista, ritenuta “indispensabile” per l’Unione, ma ciò non poteva realizzarsi subito; era un piano per il prossimo futuro, in un termine forse di cinquant’anni. In realtà, a quel tempo, negli USA non c’era la forza per affrontare le potenze europee con interessi in quest’area, in particolare l’Inghilterra. Si trattava di un progetto per il futuro poiché, come affermava: “È ovvio che non siamo ancora preparati per questo evento”, poiché apprezzava gli ostacoli alla diffusione, lasciando il mare nel mezzo; tuttavia, l’annessione sarebbe stata possibile sulla base della sua fiducia nella legge della gravità a livello politico, questione che enunciava come segue: “Ma ci sono leggi di gravitazione politica come di gravitazione fisica, e così come un frutto separato dal suo albero dalla forza del vento non può, anche se lo volesse, smettere di cadere al suolo, così Cuba una volta separata dalla Spagna e spezzato il nesso artificiale che la lega ad essa, è incapace di sostenersi da sola, dovrà necessariamente gravitare verso l’Unione Nordamericana, e verso di essa esclusivamente, mentre l’Unione stessa, in virtù della propria legge, non potrà fare a meno di ammetterla nel suo seno».

È evidente che, nell’aprile 1823, gli USA ritennero necessario definire la politica verso Cuba da quella che, da allora, è stata chiamata la “politica della frutta matura”, che si concretava nel mantenere Cuba dipendente dalla Spagna fino a quando il paese del Nord potesse “accoglierla nel suo seno”. Mesi dopo, sarebbe stata fatta una dichiarazione più completa all’intero continente, come è stata la “Dottrina Monroe”, decisione in cui anche era presente, tra altre ragioni, l’interesse per Cuba; ma già si era stabilita la linea da seguire con la grande delle Antille, in un enunciato che condizionava l’agire futuro verso Cuba. Gli USA avrebbero fatto di tutto per impedire l’indipendenza dell’isola fino a quando “la frutta” non fosse matura per portarla nel seno dell’Unione.

[1] Emilio Roig de Leuchsenring: Los Estados Unidos contra Cuba Libre. Oficina del Historiador de la Ciudad de La Habana, 1959, T I, p. 30

[2]Todas las citas del documento están tomadas de Philip S. Foner: Historia de Cuba y sus relaciones con Estados Unidos. Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1973, T I, pp. 156-157


“La fruta madura”: una temprana definición de política

Francisca Lopez Civeira – Trabajadores

La concepción geopolítica, independientemente de que entonces no se denominara así, había determinado tempranamente el interés de Estados Unidos por Cuba. En la primera década del siglo XIX el asunto era solo un enunciado, como había expresado Thomas Jefferson primero y su sucesor presidencial, James Madison, después. Este había sido muy claro en 1810 cuando dijo:  “(…) la posición de Cuba da a los Estados Unidos un profundo interés en el destino … de esa isla que … no podrían estar satisfechos con su caída bajo cualquier gobierno europeo, el cual podría hacer de esa posesión un apoyo contra el comercio y la seguridad de los Estados Unidos.”[1]

Tales expresiones, sin embargo, no significaban un diseño de política específica respecto a Cuba.   Era solo una expresión del interés por un territorio sin que se establecieran vías precisas de realización.  La presencia de enviados especiales o cónsules en esa primera década del siglo permitía explorar la situación, pero aún no se avanzaba hacia acciones concretas. Sin embargo, en la década del 20 de la decimonovena centuria se produciría una primera definición de política con relación a Cuba, con vistas aproximadamente a medio siglo. Sería la política que se conoce como de “la fruta madura”. Ante esto, sería pertinente preguntarse por qué en ese momento se produjo tal hecho.

En la tercera década de aquel siglo la situación continental planteaba un cambio importante: el proceso independentista de las antiguas colonias españolas continentales alcanzaba su culminación, por lo que el dominio español terminaba en todo ese territorio. Si bien la política estadounidense ante la posibilidad de la independencia de Hispanoamérica había tenido también una temprana definición, cuando Thomas Jefferson en 1787 había considerado que ese proceso era inevitable, pero debía posponerse hasta que Estados Unidos pudiera beneficiarse con ello y no Inglaterra, criterio reiterado por el presidente John Adams en 1797, el asunto se presentaba ya como hecho consumado en los años 20 del siglo XIX. Es cierto que en 1817 se había votado una ley de neutralidad, y en 1819 se había firmado un tratado entre España y Estados Unidos por el cual el presidente Monroe se comprometía a no reconocer la independencia de las repúblicas latinoamericanas, pero ya no era posible continuar de espaldas a los acontecimientos. A esto se suma que habían completado el proceso de adquisición de todo el territorio de la Florida.  Por tanto, era necesario producir definiciones y esto se hizo con la política de la fruta madura respecto a Cuba y la llamada “doctrina Monroe” para toda la América Latina.

Joel Roberts Poinsett (de Carolina del Sur) se movía como agente en la zona centroamericana desde 1810 y en 1822 había estado en Cuba, lo que  le hizo valorar la importancia política tanto del tamaño como de la riqueza de Cuba, pero más que nada su ubicación y el riesgo de que, por tanto, la isla se aliara a algún país independiente como México o cayera en manos de alguna potencia marítima enemiga. Bajo el criterio de que Cuba era la “Llave del Golfo” y también de toda la frontera sur de aquel territorio, para Poinsett lo satisfactorio era que Cuba siguiera dependiendo de España.

El año 1822 sería, por tanto de definiciones: el 30 de enero de 1822 el Congreso solicitó al Ejecutivo la documentación sobre los países latinoamericanos independientes, mientras  el 8 de marzo de 1822, el presidente James Monroe se pronunciaba en un mensaje por el reconocimiento de aquellas repúblicas independientes. A esto debía seguir una definición mayor en correspondencia con los intereses estadounidenses en la región, lo que ocurrió al año siguiente.

Quizás el hecho más conocido es la proclamación de la Doctrina Monroe en  diciembre de 1823, cuando el presidente en su Mensaje al Congreso fijaba la posición de los Estados Unidos ante la América Latina independiente y ante las potencias europeas, cuando aún no disponían de la fuerza necesaria para hacerla cumplir. De hecho, se estaba afirmando una posición para el futuro. Sin embargo, antes de esa proclamación se produjo la definición con respecto a Cuba. El 28 de abril, el secretario de Estado y futuro presidente de la Unión, John Quincy Adams, envió sus  Instrucciones a su ministro en Madrid, Hugh Nelson, en lo que se convirtió en un documento programático de política con Cuba para ese momento y para tiempos futuros.

El texto comienza con una afirmación clara: “Puede darse por sentado que el dominio de España sobre los continentes americanos, septentrional y meridional, ha terminado irrevocablemente”.[2]  A continuación establece un análisis de la importancia de las islas caribeñas aún bajo dominio español: “Pero las islas de Cuba y Puerto Rico aún permanecen nominalmente, y hasta tal punto realmente, bajo su dependencia, que todavía goza aquella del poder de transferir a otros su dominio sobre ellas y, con éste, la posesión de las mismas. Estas islas por su posición local son apéndices naturales del continente (norte) americano, y una de ellas [la isla de Cuba], casi a la vista de nuestras costas, ha venido a ser, por una multitud de razones, de trascendental importancia para los intereses políticos y comerciales de nuestra Unión”.

La presentación, por tanto, resulta muy esclarecedora acerca de la mirada de los grupos de poder estadounidense con respecto a las islas antillanas; sin embargo, a partir de aquí el discurso se centra en el caso de Cuba, ya que se pondera su “dominante posición” en el Golfo de México  y en el Mar de las Antillas, además del “carácter de su población, el lugar que ocupa en la mitad del camino entre nuestra costa meridional y la isla de Santo Domingo, su vasto y abrigado puerto de La Habana”, además de sus producciones y sus necesidades que, a juicio de Adams, serían la base de un comercio provechoso. Todos estos elementos enunciados, decía, se combinaban para “darle importancia en la suma de nuestros intereses nacionales”, por lo que afirmaba que no había otro territorio extranjero que pudiera comparársele, y comparaba sus relaciones con Cuba con las que “ligan unos a otros los diferentes Estados de nuestra Unión”.

Como puede observarse, estas Instrucciones ponían sobre el tapete las razones del interés estadounidense por Cuba en fecha temprana, pero tales intereses tenían que encontrar en aquella coyuntura una concreción en la formulación de política y a ello se dedica la continuación de ese documento:

“Son tales, en verdad, entre los intereses de aquella isla y los de este país, los vínculos geográficos, comerciales y políticos formados por la naturaleza, fomentados y fortalecidos gradualmente con el transcurso del tiempo que, cuando se echa una mirada hacia el curso que tomarán probablemente los acontecimientos en los próximos cincuenta años, casi es imposible resistir a la convicción de que la anexión de Cuba a nuestra República federal será indispensable para la continuación de la Unión y el mantenimiento de su integridad”.

En esa formulación se hace evidente la aspiración anexionista, que se considera “indispensable” para la Unión, pero esto  no podía realizarse de inmediato; era un plan para un futuro mediato, en un plazo quizás de cincuenta años. En realidad, en aquel tiempo no había fuerza en Estados Unidos para enfrentar a las potencias europeas con intereses en esta área, especialmente Inglaterra. Se trataba de un proyecto de futuro ya que, como afirmaba: “Es obvio que para ese acontecimiento no estamos todavía preparados”, ya que apreciaba obstáculos para extenderse dejando el mar por medio; sin embargo, la anexión sería posible a partir de su confianza en la ley de gravedad en el plano político, cuestión que enunciaba del modo siguiente: “Pero hay leyes de gravitación política como las hay de gravitación física, y así como una fruta separada de su árbol por la fuerza del viento no puede, aunque quiera, dejar de caer en el suelo, así Cuba una vez separada de España y rota la conexión artificial  que la liga con ella, es incapaz de sostenerse por sí sola, tiene que gravitar necesariamente hacia la Unión Norteamericana, y hacia ella exclusivamente, mientras que a la Unión misma, en virtud de la propia ley, le será imposible dejar de admitirla en su seno”.

Es evidente que, a la altura de abril de 1923, Estados Unidos consideró necesario definir la política hacia Cuba desde lo que se denominó desde entonces la “política de la fruta madura”, la cual se concretaba en mantener a Cuba dependiente de España hasta tanto el país del Norte pudiera “admitirla en su seno”. Meses después se haría una declaración más abarcadora a todo el continente como fue la “Doctrina Monroe”, decisión en la que también estuvo presente el interés por Cuba, entre otras razones; pero ya se había establecido la línea a seguir con la gran Antilla, en un enunciado que condicionaba la actuación futura respecto de Cuba. Estados Unidos haría todo para impedir la independencia de la isla hasta que “la fruta” estuviera madura para llevarla al seno de la Unión.

[1] Emilio Roig de Leuchsenring: Los Estados Unidos contra Cuba Libre. Oficina del Historiador de la Ciudad de La Habana, 1959, T I, p. 30

[2]Todas las citas del documento están tomadas de Philip S. Foner: Historia de Cuba y sus relaciones con Estados Unidos. Editorial de Ciencias Sociales, La Habana, 1973, T I, pp. 156-157

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