I prossimi passi della Guyana nella disputa per l’Esequibo

Sair Sira

Il 14 dicembre 2023, dopo il ripetuto rifiuto, pubblico e notarile, del presidente della Guyana, Irfaan Alí, di partecipare ad un dialogo bilaterale con il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, si è ottenuto che entrambi i presidenti s’incontrassero nelle terre di San Vicente – l’incontro ha avuto luogo all’aeroporto internazionale di Argyle – sotto gli auspici di Saint Vincent e Grenadine (Celac), Dominica (Caricom) e Brasile, tre mesi dopo che il presidente venezuelano lo aveva sollecitato, insistentemente, dal settembre 2023.

L’incontro ha significato una vittoria per il Venezuela poiché in tal modo:

  1. a) si smantellava la narrazione che presentava la Repubblica Bolivariana come uno Stato aggressore – che stava preparando un’invasione e la successiva occupazione della Guyana -,
  2. b) si otteneva che la Guyana accettasse un dialogo bilaterale al massimo livello con supervisione internazionale – fondamentalmente regionale: Celac e Caricom – e
  3. c) si concordava una dichiarazione congiunta (Dichiarazione di Argyle) che funge da tabella di marcia per affrontare la controversia territoriale.

Visto in questo modo, l’anno scorso si è chiuso con due vittorie del Venezuela, riflesse nello svolgimento del referendum – con la sua alta partecipazione e il mandato concesso – e con l’incontro bilaterale nell’arcipelago dei Caraibi. Tuttavia, il percorso che prenderà la controversia territoriale dell’Essequibo nel 2024 sarà particolarmente complesso e accidentato, dove l’aspetto istituzionale, diplomatico e geopolitico giocherà un ruolo di primo piano.

Negli ultimi giorni del 2023 e finora, nel 2024, la Guyana ha chiarito quale sarà il suo gioco/comportamento nelle tre aree sopra menzionate, che delineerà il suo attuare per il resto dell’anno, in cui spicca la sorpresa e in cui la pianificazione non rientra nell’approccio geopolitico della controversia.

LA CORTE INTERNAZIONALE DI GIUSTIZIA (L’ISTITUZIONALE)

 

La Repubblica Cooperativa manterrà la sua posizione di continuare a percorrere, unilateralmente, la via giudiziaria rappresentata dalla Corte Internazionale di Giustizia (CIG), fiduciosa che la combinazione di fattori – l’antipatia di molti magistrati per la causa venezuelana, ad esempio – la favorirà nella sentenza finale.

Dalla Guyana si ritiene che, data l’elevata partecipazione dei paesi dell’America Latina e dei Caraibi alla Corte internazionale per risolvere le loro controversie negli ultimi anni, ci sia una sorta di “consenso regionale” sull’accettazione implicita della giurisdizione della Corte – come lo ha espresso il giurista messicano, recentemente eletto magistrato della CIG, Juan Manuel Gómez-Robledo Verduzco, che tra l’altro ha rilasciato pubblicamente dichiarazioni contro il governo venezuelano – nonostante la realtà ci dica che non è così: la Corte ha una giurisdizione facoltativa che richiede il consenso degli Stati parti nel conflitto.

Il problema per Georgetown è che, se Caracas non accetta la giurisdizione del tribunale, non esistono mezzi effettivi e reali, alla luce della configurazione attuale degli attori all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (CS), che potrebbero favorirla in una possibile richiesta di applicazione dell’articolo 94 della Carta delle Nazioni Unite, che parla delle misure che il CS può adottare in caso di mancato rispetto delle decisioni della CIG.

Pertanto, nell’establishment politico della Guyana, si è radicata l’idea e l’esigenza, allo stesso tempo, di creare reti di pubbliche relazioni che consentano di socializzare ed ampliare la portata della posizione della Guyana, inizialmente ai membri permanenti del CS e poi ai paesi del Sud del mondo, come ha dichiarato Carl Greenidge, agente della Guyana davanti alla CIG ed ex ministro degli Esteri di quel paese, in un forum sulla disputa territoriale.

PRESSIONI SUL VENEZUELA (IL DIPLOMATICO)

 

La costruzione di una rete di pubbliche relazioni menzionata dall’agente Greenidge per un paese come la Guyana che non dispone – ancora – delle risorse finanziarie per sviluppare una strategia diplomatica di portata planetaria, esige il patrocinio sia di altri paesi (USA e Regno Unito) nonché di attori economici (aziendali) di peso internazionale che consentano (alla Guyana) di raggiungere questo obiettivo (ExxonMobil).

Gli USA rappresentano la porta d’entrata e d’uscita dall’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), lì la Guyana va realizzando un’importante attività di lobbying per mano del Segretario Generale Luis Almagro, e dove Caricom, come blocco, fa pendere la bilancia a favore Georgetown, ma di cui il Venezuela non fa più parte. Inoltre, il sostegno di Washington è, allo stesso tempo, il potenziale sostegno di altri paesi che vengono influenzati o nei quali la Casa Bianca usa il suo potere morbido per influenzarli, come si è visto nel sostegno all’Ucraina a partire dal 2022, o all’interim di Juan Guaidó tra il 2019 e il 2021.

Da parte sua, con il Regno Unito si accede alla leadership all’interno del Mancomunidad de Naciones (Commonwealth), che, come spazio che trascende la regionalità dell’America Latina e dei Caraibi – poiché mantiene una presenza in tutti e cinque i continenti – permette avvicinare un conflitto che, da qualsiasi prospettiva, risulta estraneo ad altri Stati al di fuori della nostra regione.

In ogni caso sebbene il Commonwealth e Caricom non agiscono necessariamente in blocco, non è meno vera l’enorme influenza USA e britannica in entrambi i forum, che, inserita nello spazio del CS, garantirebbe alla Guyana, fin dall’inizio, i voti di lei stessa – dal 2024, membro non permanente – oltre a quelli di Malta, Mozambico e Sierra Leone – triade appartenente al Commonwealth delle Nazioni –, a cui si aggiungerebbero, come membri permanenti, quelli di Gran Bretagna e USA con diritto di veto.

Pertanto, Greenidge, comprendendo questa dinamica favorevole, ma non sufficiente, si impegna ad ampliare questo dialogo al gruppo dei Brics – a partire dal 2024 allargato ad altri cinque paesi – dove Cina e Russia, paesi con diritto di veto nel CS, mantengono una solida cooperazione con il Venezuela, qualificata scome strategica dai governi di questi paesi. L’India in questo scenario sarebbe un possibile alleato della Guyana se si presentasse tale possibilità.

ExxonMobil continuerà, come precisato nell’aggiornamento del suo Piano Aziendale fino al 2027, a usufruttuare le concessioni illegalmente concesse dalla Guyana in acque da delimitare e che le consentono di prevedere che la sua produzione di petrolio e gas, nel 2024, sarà di circa 3,8 milioni di barili di petrolio al giorno (bpd), che aumenteranno fino a circa 4,2 milioni di bpd nel 2027. Secondo informazioni della stessa società, nel 2023 le attività in Guyana contribuiscono alla società 620mila bpd.

Anche se non si tratta di un conflitto che si risolverà con voti a favore o contro in un forum o organismo internazionale, l’attuale dinamica planetaria richiede la costruzione di prestigio e stima da parte dei paesi, che permetta loro di conquistare la volontà della comunità delle nazioni, da qui l’interesse mostrato dall’agente della Guyana nell’ampliare questa rete di pubbliche relazioni.

ALLEANZE E DIMOSTRAZIONI DI SOVRANITÀ (IL GEOPOLITICO)

 

Tra la fine di dicembre 2023 e i primi giorni di gennaio 2024, funzionari civili e militari di USA e Gran Bretagna hanno ripetutamente visitato la Repubblica Cooperativa della Guyana con chiare indicazioni di promuovere un riavvicinamento militare che gli permetta rafforzare le proprie forze armate di fronte alle nuove sfide che gli si presentano, la più importante, se non l’unica, la disputa territoriale sull’Essequibo.

Tra i visitatori figurano: il vice segretario aggiunto alla Difesa per l’Emisfero Occidentale del Dipartimento della Difesa USA, Daniel Erikson; l’ex segretario di Stato USA durante l’amministrazione Trump, Mike Pompeo, legato all’Hudson Institute (centro studi focalizzato principalmente sull’area militare); il sottosegretario di Stato per le Americhe e i Caraibi del governo britannico, David Rutley, e a fine dicembre la nave britannica HMS Trent con tutto il suo equipaggio.

L’approccio deve essere inteso a partire dalle deficienze che la Guyana mostra in materia militare. La Repubblica Cooperativa non ha la capacità operativa per garantire il controllo sovrano del territorio che assume come proprio, le debolezze del suo esercito (Guyana Defence Forces: GDF) espresse nella povertà del suo equipaggiamento, così come nella mancanza di addestramento delle sue truppe, ciò che li ha spinti tra le braccia del Comando Sud con il quale partecipano, da diversi anni, alle esercitazioni militari Tradewinds – per citarne solo una.

Sebbene le visite di funzionari civili e militari britannici e USA a Georgetown negli ultimi 30 giorni mandino un messaggio di sostegno al governo della Guyana, suscitano anche sospetti non solo del Venezuela come principale attore della disputa territoriale, bensì di molti paesi latinoamericani e caraibici che non vedono di buon occhio la militarizzazione dei Caraibi e della selva amazzonica.

Una stretta cooperazione in materia militare potrebbe aprire le porte all’installazione di basi multiscopo, come l’ha implicitamente affermato il presidente Irfaan Ali. E sebbene ogni Paese sia sovrano e possa relazionarsi con il socio che ritiene conveniente per i suoi interessi, non è meno vero che questa azione rappresenta una fonte di instabilità in una zona dichiarata di pace e dove la presenza di forze esterne alla regione non è ben vista.

Non è la prima volta che una situazione simile si verifica in Guyana o nella regione. Ricordiamo la denuncia fatta dal presidente Hugo Chávez, nel 2000, di una base USA di lancio di satelliti che, secondo il Venezuela, creava scenari di conflitto regionale. Alla fine del primo decennio del XXI secolo si è anche venuti a conoscenza dell’accordo militare tra la Colombia e USA, del 2009, e che prevedeva l’uso di basi militari situate in territorio colombiano da parte delle forze armate USA, che ha generato non solo una crisi politico-diplomatica tra la Colombia e i suoi principali vicini (Venezuela ed Ecuador), bensì su scala sudamericana.

È evidente la necessità che la Guyana disponga di una forza militare in grado di garantire allo Stato l’esercizio della sovranità, non solo nel controllo interno – sicurezza interna – ma anche nei confronti del mondo.

Attualmente, le dimostrazioni di sovranità della Guyana sul territorio conteso si sono circoscritte al conferimento di concessioni alle multinazionali dell’energia (principalmente ExxonMobil), che sembrano essere, in realtà, coloro che svolgono tale funzione esclusiva dello Stato: l’esercizio della sovranità.

Quindi, non risulta strano questa sfilata di funzionari militari USA e britannici durante l’ultimo mese; le multinazionali USA e britanniche hanno bisogno della sicurezza che lo Stato della Guyana, attualmente, non può garantire loro. Ricordiamo che anche la Guyana, alla fine del 2023, è stata inserita nella lista delle zone a maggior rischio per il trasporto marittimo dalla compagnia assicurativa Lloyd’s Market Association a causa della disputa territoriale che intrattiene con il Venezuela.

PROIETTANDO UN DINAMICO 2024

 

Quando USA e Regno Unito si sono immischiati nella controversia territoriale dell’Essequibo, adducendo come pretesto la cooperazione militare con uno Stato che mostra gravi carenze nell’esercizio più o meno efficace della propria sovranità territoriale, risultano evidenti i veri interessi che perseguono: la intensificazione ed incremento delle loro capacità militari in una zona dichiarata di pace.

Per la Guyana, questo agire delle potenze non solo andrebbe a vantaggio delle potenze anglosassoni fornendo alla GDF i requisiti operativi minimi, bensì anche simbolicamente la Repubblica Cooperativa ne trarrebbe vantaggio mostrando l’accompagnamento ed il sostegno della prima potenza militare e della potenza coloniale di ieri; messaggio rivolto principalmente alla sua popolazione e, in misura minore, ai suoi vicini sudamericani e caraibici.

Benché non si preveda che la disputa, nel corso del 2024, acquisisca esplicitamente caratteristiche militari, le dimostrazioni di forza e/o sostegno che la Guyana sta portando avanti, per quanto intemperanti e ipocrite, non cessano di essere rilevanti, soprattutto perché mettono in luce, da un lato , la sua vocazione trasgressiva degli accordi firmati con il Venezuela (primo l’Accordo di Ginevra e poi la Dichiarazione di Argyle) e, dall’altro, rende evidente la sua intenzione di coinvolgere paesi terzi nella disputa.

In una prossima puntata, si valuterà l’azione del Venezuela, durante gli ultimi giorni di dicembre 2023 e i primi giorni del 2024, che, molto probabilmente, delineeranno il comportamento dello Stato venezuelano di fronte alla controversia territoriale che mantiene con la Guyana.


LOS PRÓXIMOS PASOS DE GUYANA EN LA DISPUTA POR EL ESEQUIBO

Sair Sira

El pasado 14 de diciembre de 2023, tras la negativa reiterada, pública y notaria del presidente de Guyana, Irfaan Alí, de participar en un diálogo bilateral con el presidente de Venezuela, Nicolás Maduro, se logró que ambos mandatarios se encontraran en tierras sanvicentinas —la reunión se desarrolló en el aeropuerto internacional de Argyle— bajo los auspicios de San Vicente y las Granadinas (Celac), Dominica (Caricom) y Brasil, tres meses después de que el presidente venezolano lo solicitara insistentemente desde septiembre de 2023.

El encuentro significó una victoria para Venezuela ya que con esta: a) se desmontaba la narrativa que presentaba a la República Bolivariana como un Estado agresor —que preparaba una invasión y posterior ocupación de Guyana—, b) se lograba que Guyana aceptase un diálogo bilateral al más alto nivel con veeduría internacional —fundamentalmente regional: Celac y Caricom— y c) se acordaba una declaración conjunta (Declaración de Argyle) que funge como una hoja de ruta para el abordaje de la controversia territorial.

Visto así, el año pasado cerró con sendas victorias para Venezuela, reflejadas en la realización del referéndum —con su alta participación y el mandato que otorgó— y con el encuentro bilateral en el archipiélago caribeño. No obstante, el camino que transitará la controversia territorial del Esequibo este 2024 será particularmente complejo y accidentado, en donde lo institucional, diplomático y geopolítico jugará un rol estelar.

Durante los últimos días de 2023, y en lo que va de 2024, Guyana ha dejado claro cómo será su juego/comportamiento en los tres ámbitos mencionados con anterioridad, que delineará su accionar durante el resto del año, en el que destaca la sorpresa y en el que la planificación no forma parte del abordaje geopolítico de la controversia.

LA CORTE INTERNACIONAL DE JUSTICIA (LO INSTITUCIONAL)

La República Cooperativa mantendrá su postura de continuar transitando, de forma unilateral, el camino judicial que representa la Corte Internacional de Justicia (CIJ), confiada en que la conjunción de factores —antipatía de muchos magistrados con la causa venezolana, por ejemplo— le favorecerá en el dictamen final.

Desde Guyana se piensa que, dada la alta concurrencia de países latinoamericanos y caribeños en el tribunal internacional para resolver sus diferendos en los últimos años, hay una especie de “consenso regional” sobre la aceptación implícita de la jurisdicción de la Corte —como lo ha expresado el jurista mexicano, recién electo magistrado de la CIJ, Juan Manuel Gómez-Robledo Verduzco, quien por cierto ha realizado públicamente declaraciones contra el gobierno venezolano—, a pesar de que la realidad nos dice que eso no es así: la Corte tiene una jurisdicción facultativa que pasa por el consentimiento de los Estados partes en el conflicto.

El problema para Georgetown se encuentra en que, si Caracas no acepta la jurisdicción del tribunal, no existen medios eficaces y reales, a la luz de la configuración actual de los actores dentro del Consejo de Seguridad (CS) de la ONU, que pudieran favorecerle en una eventual exigencia de aplicación del artículo 94 de la Carta de la Naciones Unidas que habla sobre las medidas que puede tomar el CS ante el incumplimiento de las decisiones de la CIJ.

De allí que, en el estamento político guyanés, se haya arraigado la idea y exigencia, al mismo tiempo, de crear redes de relaciones públicas que permitan socializar y ampliar el alcance de la posición de Guyana, en un primer momento a los miembros permanentes del CS y después a países del Sur Global, como lo manifestó Carl Greenidge, agente de Guyana ante la CIJ y excanciller de ese país, en un foro sobre la disputa territorial.

PRESIONES SOBRE VENEZUELA (LO DIPLOMÁTICO)

La construcción de una red de relaciones públicas mencionada por el agente Greenidge para un país como Guyana que no tiene —aun— los recursos financieros para desarrollar una estrategia diplomática de alcance planetario, exige el padrinazgo tanto de otros países (Estados Unidos y el Reino Unido) como de actores económicos (corporativos) de peso internacional que le permitan alcanzar tal fin (ExxonMobil).

Estados Unidos representa la puerta de entrada y salida a la Organización de Estados Americanos (OEA), allí Guyana viene realizando una tarea de cabildeo importante de la mano del secretario general Luis Almagro, y donde la Caricom como bloque inclina la balanza a favor de Georgetown, pero del que ya Venezuela no forma parte. Además, el apoyo de Washington es, al mismo tiempo, el apoyo potencial de otros países que son influenciados o en los que la Casa Blanca usa su poder blando incidiendo en ellos, como se vio en los apoyos a Ucrania a partir de 2022, o al interinato de Juan Guaidó entre 2019-2021.

Por su parte, con el Reino Unido se accede al liderazgo dentro de la Mancomunidad de Naciones (Commonwealth), la cual, como espacio que trasciende la regionalidad latinoamericana y caribeña —ya que mantiene presencia en los cinco continentes—, permite acercar un conflicto que, bajo cualquier perspectiva, luce ajeno a otros Estados fuera de nuestra región.

En todo caso, si bien la Commonwealth y Caricom no necesariamente actúan en bloque, no es menos cierto la enorme influencia estadounidense y británica en ambos foros, que llevada al espacio del CS le otorgaría de entrada a Guyana los votos de ella misma —a partir de 2024, miembro no permanente— así como los de Malta, Mozambique y Sierra Leona —trino perteneciente a la Mancomunidad de Naciones—, a los que se les sumaría los de Gran Bretaña y Estados Unidos como miembros permanentes con veto.

De allí que Greenidge, entendiendo esta dinámica favorable, pero no suficiente, apueste por ampliar ese diálogo al grupo de los Brics —a partir de 2024 ampliado a cinco países más—, donde China y Rusia, países con derecho a veto en el CS, mantienen una cooperación sólida con Venezuela, calificada de estratégica por los gobiernos de dichos países. India en ese escenario sería un posible aliado de Guyana de presentarse tal posibilidad.

ExxonMobil seguirá, como lo manifestó en la actualización de su Plan Corporativo hasta 2027, usufructuando las concesiones ilegalmente otorgadas por Guyana en aguas por delimitar y que le permiten proyectar que su producción de petróleo y gas en 2024 sea de aproximadamente 3,8 millones de barriles de petróleo por día (bpd), que aumentarán a aproximadamente 4,2 millones bpd en 2027. Según información de la misma empresa en 2023, las operaciones en Guyana aportan a la compañía 620 mil bdp.

Si bien no es un conflicto que se vaya a dirimir a partir de votos a favor o en contra en un foro u organismo internacional, la dinámica actual planetaria demanda la construcción de prestigio y estima por parte de los países, que les permitan ganar la voluntad de la comunidad de naciones, de allí el interés mostrado por el agente guyanés en ampliar esa red de relaciones públicas.

ALIANZAS Y DEMOSTRACIONES DE SOBERANÍA (LO GEOPOLÍTICO)

Entre finales de diciembre de 2023 y los primeros días de enero de 2024, funcionarios civiles y militares de Estados Unidos y de Gran Bretaña han visitado de forma recurrente la República Cooperativa de Guyana con claros indicios de promover un acercamiento militar que les permita robustecer sus fuerzas armadas de cara a los nuevos desafíos que se les presentan, el más importante, por no decir único, el diferendo territorial sobre el Esequibo.

Entre los visitantes se encuentran: el subsecretario adjunto de Defensa para el Hemisferio Occidental del Departamento de Defensa de los Estados Unidos, Daniel Erikson; el exsecretario de Estado de Estados Unidos durante la administración Trump, Mike Pompeo, vinculado con el Instituto Hudson (think-tank enfocado principalmente en el área militar); el subsecretario de Estado para las Américas y el Caribe del gobierno británico, David Rutley, y a finales de diciembre el buque británico HMS Trent con toda su tripulación.

El acercamiento debe entenderse a partir de las deficiencias que muestra Guyana en materia militar. La República Cooperativa no tiene la capacidad operativa para garantizar el control soberano del territorio que asume como propio, las debilidades de su ejército (Fuerzas de Defensa de Guyana: GDF) expresadas en la pobreza de su equipamiento, como en nula capacitación de sus efectivos, los ha empujado a los brazos del Comando Sur con el que viene participando, desde hace varios años, en los ejercicio militares Tradewinds —por solo citar uno—.

Si bien las visitas de los funcionarios civiles y militares británicos y estadounidenses a Georgetown en los últimos 30 días envían un mensaje de apoyo al gobierno guyanés, también despiertan el recelo no solo de Venezuela por ser actor principal en el diferendo territorial, sino de muchos países latinoamericanos y caribeños que no ven con buenos ojos la militarización del Caribe y de la selva amazónica.

La estrecha cooperación en materia militar podría abrir las puertas a la instalación de bases multipropósitos, como lo expresara implícitamente el presidente Irfaan Alí. Y si bien cada país es soberano y puede relacionarse con el socio que crea conveniente para sus intereses, no es menos cierto que esa acción representa un foco de inestabilidad en una zona declarada de paz y donde la presencia de fuerzas ajenas a la región no es bien vista.

No es la primera vez que se presenta una situación similar ni con Guyana ni en la región. Recordemos la denuncia realizada por el presidente Hugo Chávez en el año 2000 de una base estadounidense de lanzamiento de satélites y que según Venezuela creaba escenarios regionales de conflictos. A finales de la primera década del siglo XXI se conoció también el acuerdo militar entre Colombia y Estados Unidos de 2009 y que contemplaba el uso de bases militares dispuestas en territorio colombiano por parte de las fuerzas armadas estadounidenses, que generó no solo una crisis política-diplomática entre Colombia y sus principales vecinos (Venezuela y Ecuador) sino a escala suramericana.

La necesidad de que Guyana cuente con un músculo militar capaz de garantizarle al Estado el ejercicio de soberanía es evidente, ya no solo en el control puertas adentro —seguridad interna— sino de cara al mundo. Actualmente, las demostraciones de soberanía de Guyana sobre el territorio en disputa se han circunscrito al otorgamiento de concesiones a las transnacionales energéticas (fundamentalmente ExxonMobil), que parecieran ser en realidad quienes despliegan esa función exclusiva del Estado: el ejercicio de la soberanía.

De allí que no resulte extraño ese desfile de funcionarios militares estadounidenses y británicos durante el último mes; las transnacionales estadounidenses y británicas necesitan la seguridad que el Estado guyanés en los actuales momentos no puede garantizarles. Recordemos que también, a finales de 2023, Guyana fue incluida en la lista de zonas de mayor riesgo para el transporte marítimo de la aseguradora Lloyd’s Market Association debido a la disputa territorial que mantiene con Venezuela.

PROYECTANDO UN DINÁMICO 2024

Cuando Estados Unidos y el Reino Unido se inmiscuyeron en la controversia territorial del Esequibo, tomando como excusa la cooperación militar con un Estado que muestra grandes falencias en el ejercicio más o menos efectivo de su soberanía territorial, quedan en evidencia los verdaderos intereses que persiguen: la intensificación e incremento de sus capacidades militares en una zona declarada de paz.

Para Guyana este accionar de las potencias no solo beneficiaría a las potencias anglosajonas al proporcionarles a las GDF los requerimientos operacionales mínimos, sino también en lo simbólico la República Cooperativa saca partido al mostrar el acompañamiento y respaldo de la primera potencia militar y de la potencia colonial de antaño, mensaje dirigido principalmente a su población y en menor medida a sus vecinos suramericanos y caribeños.

Aunque no se proyecta que la disputa durante 2024 adquiera rasgos militares de forma explícita, las demostraciones de fuerza y/o apoyo que viene realizando Guyana, si bien destempladas e hipócritas, no dejan de ser relevantes sobre todo porque desnuda, por un lado, su vocación transgresora de los acuerdos suscritos con Venezuela (primero el Acuerdo de Ginebra y luego la Declaración de Argyle) y, por el otro, deja clara su intención de involucrar a terceros países en el diferendo.

En una próxima entrega se valorará el accionar de Venezuela durante los últimos días de diciembre de 2023 y los primeros de 2024 que, muy probablemente, delinearán el comportamiento del Estado venezolano de cara a la controversia territorial que mantiene con Guyana.

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