Parole del Presidente Miguel Díaz-Canel

Miguel M. Díaz-Canel Bermúdez, Presidente dei Consigli di Stato e dei Ministri   della Repubblica di Cuba,  lo ha detto durante un incontro dei cubani residenti negli Stati Uniti, nella sede della Missione di Cuba preso le Nazioni Unite, lo scorso 28 settembre. Per l’interesse suscitato  e la sua ripercussione, Granma offre la versione delle sue parole, presentate da Cubaminrex.

Buona notte, compatrioti:

Compatrioti. Io stavo pensando a questa parola : compatrioti. Suona così comune quando si sta nella patria e tanto speciale quando se ne è lontani.

Mi chiedevo se questo succede solo a noi cubani, per quello che Martí diceva a proposito … «del mistero della tenerezza del nostro gentilizio, di questa dolcissima parola: cubano»… o se ci succede solo qui, in questo territorio  ufficialmente ostile.

Questa è la mia prima visita a Nuova York e, come immaginerete ho un programma molto intenso dentro e fuori dal segmento d’alto livello dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma vorrei che sapeste che ci siamo impegnati per trovare uno spazio per incontraci con voi, cubane e cubani negli Stati Uniti.

In meno di due mesi si compiranno 40 anni dal detto «Primo dialogo del Governo Cubano con persone rappresentative della comunità cubana all’estero» o «Dialogo del 78».

Anche se ero uno studente appena iscritto  all’Università, ricordo molto bene quel primo contatto, per il documentario “55 fratelli”, dove alcuni di voi appaiono ma così giovani che costa fatica identificarli.

Nelle  famiglie separate dall’emigrazione qual dialogo ebbe un impatto tremendo, Ma anche chi non aveva la famiglia emigrata, ma magari aveva una fidanzata, un compagno di scuola o un vicino emigrato negli Stati  Uniti  non restò indifferente a quell’incontro dal quale emersero i primi cambi trascendentali nella politica migratoria cubana e nel trattamento dei nostri nazionali all’estero.

L’obiettivo fondamentale fu allora e continua ad esserlo, stringere e rinforzare i vincoli con i cubani residenti all’estero.

La riunione avvenne il 20 e 21  novembre del 1978, un periodo –di quelli che sono sempre durati poco nelle relazioni con i nostri poderosi vicini-  nel quale s’intravedevano discreti cambiamenti nella politica del governo degli Stati Uniti verso Cuba.  Erano stati stabiliti già i primi contatti diplomatici bilaterali e c’era una tendenza crescente d’avvicinamento politico e costruttivo della nostra comunità residente all’estero con il suo paese d’origine.

Era però una tappa difficile per sviluppare i nostri vincoli.

Il terrorismo originato negli Stati Uniti contro Cuba continuava a generare un grado di sfiducia che obbligava a dare priorità alla difesa della patria e rendeva difficile l’avvicinamento, pur con la volontà delle due parti d’avanzare in questo.

Nonostante le difficoltà, la tendenza a favore dell’intesa e dei vincoli s’impose, un anno dopo l’altro, con passi avanti concreti.

L’emigrazione smise d’essere politicamente omogenea e di chiamarsi in blocco «esilio», con l’impulso di nuovi emigranti e nuove emigrazioni di  cubani, nonostante la corrente minoritaria ed estremista che ancora oggi promuove il confronto tra i cubani residenti all’estero e la loro patria.

Oggi, come nel ’78, il nostro Governo vuole reiterare la volontà di continuare a sviluppare un dialogo franco e ampio con i nostri connazionali all’estero, sulla base del rispetto reciproco, del rispetto della sovranità e dell’indipendenza di Cuba e con l’impegno di porre fine all’ingiusto blocco imposto contro il nostro popolo.

Non dimentico nemmeno per un secondo il prezzo che ha dovuto pagare, anche con vite umane, la comunità dei cubani residenti negli Stati Uniti e in Puerto Rico, per aprire il cammino scabroso pieno di pericoli e difficoltà che ci ha portato sino a questo momento. E vorrei rendere omaggio soprattutto agli iniziatori e ai martiri: Carlos Muñiz Varela e Eulalio Negrín Santos.

Sfortunatamente  il figlio di Carlos, Carlos Muñiz Pérez, non ha potuto stare con noi oggi. Suo padre fu assassinato in Puerto Rico il 28 aprile del 1979 per aver promosso l’avvicinamento tra Cuba e gli Stati Uniti, proposito per il quale i cubani all’estero continuano a lottare.

In un incontro come questo è indispensabile l’evocazione di  José Martí, artefice e promotore instancabile dell’unità tra tutti i cubani  in funzione dell’obiettivo supremo: la lotta per l’indipendenza, la sovranità e l’auto determinazione di Cuba.

Quando s’approssimano il  150º anniversario dell’inizio delle nostre guerre per l’indipendenza e il 60º anniversario della Rivoluzione, torniamo alla storia nazionale cercando d’interpretarne i suoi mezzi, i segreti, e l’unità ci appare come l’elemento centrale determinate.

Ogni volta che è mancata, abbiamo perso.  Solo quando la blindiamo, vinciamo. Martí lo vide prima di tutti e per questo fondò un Partito per la nazione, non due, non dieci, per la lotta inutile che fa scontrare e che debilita.

Sono questi apporti fondamentali di José Martí quelli che ci uniscono attorno al suo legato, come hanno riunito molti che oggi sono presenti in questa sala, per partecipare all’incontro in cui è stata scoperta la statua equestre nel parco “13 Marzo” de L’Avana Vecchia per rendere il giusto omaggio al 165º anniversario della sua nascita.

Per pura coincidenza oggi si compiono otto mesi da quella indimenticabile cerimonia.

Questa bella replica della statua che esiste qui a Nuova York da molti anni, sintetizza la passione cubana per il nostro Eroe Nazionale.

Il felice termine del progetto è stato opera di molti, tra ai quali alcuni di voi cubane e cubani residenti negli Stati Uniti.  A tutti quelli che in una forma o un’altra hanno contribuito al successo di quel bel proposito, reitero i nostri ringraziamenti.

Questo incontro per noi è anche un sentito omaggio al leader storico della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, il principale artefice del rafforzamento dei vincoli con i cubani residenti all’estero.

La sua visione strategica, continuata dal Primo Segretario Raúl Castro Ruz, ci ha fatto promuovere la riforma migratoria più profonda realizzata negli ultimi 60 anni, pietra angolare della politica del nostro Governo verso i suo nazionali all’estero.

Permettetemi di confermare che il rafforzamento dei vincoli tra Cuba e suoi nazionali all’estero è continuato e irreversibile come mostra della continuità della Rivoluzione e dell’unità della nazione.

Un esempio evidente di questa continuità e un fatto inedito sino ad oggi, è la decisione che tutti i cubani all’estero, senza eccezioni, partecipino in maniera attiva e totalmente volontaria al dibattito sul Progetto della nuova Costituzione che i cubani e le cubane vogliamo darci per il presente e il futuro della Patria.

Chiunque tra voi è stato di recente nel paese può dar fede della straordinaria mobilitazione popolare attorno a questa consultazione. Ed io esorto a contribuire con le proprie opinioni al miglioramento e allo sviluppo della nostra nazione: sovrana, indipendente, socialista, democratica, prospera e sostenibile.

In Cuba diciamo che  «nessuno di noi da solo sa e può tanto come tutti noi tutti insieme», e in questo comprendiamo anche tutti voi.

Solo il consenso di quello che tutti apportiamo propizierà la costruzione di una società sempre più giusta e inclusiva e farà prevalere la predica martiana che «La prima legge della nostra Repubblica dev’essere il culto dei cubani alla dignità piena dell’uomo».

La partecipazione dei cubani che vivono fuori dalla Patria in questo processo di dibattito è coerente con la nostra democrazia partecipativa e uno specchio del momento attuale della nostra storia, caratterizzato tra gli altri aspetti da vincoli crescenti e diversi tra i cubani residenti all’estero e il loro paese d’origine.

A questo punto permettetemi di fare un esempio in cifre dell’impatto di questo processo che ha permesso di rinforzare questi vincoli profondi tra la nazione e i  cubani che risiedono all’estero, prendendo come punto di riferimento il prima e il dopo del 14 gennaio del 2013, data in cui si conobbe un gruppo di misure migratorie che funzionano con totale normalità ed hanno ricevuto una grande accettazione.

1. A più di 5 anni dalla loro applicazione, continua l’aumento delle partenze dal paese  con il passaporto corrente, periodo nel quale sono stati realizzati  2 milioni  674.076 viaggi da parte dei nostri nazionali.

2. In parallelo s’apprezza  un incremento sostenuto nell’entrata dei cubani residenti all’estero, soprattutto dal territorio statunitense.
Dal 14 gennaio del 2013  al 14 gennaio del 2018, sono stati registrati  2 milioni 080.043 entrate e tra queste, 1 milione 585.575 dagli Stati Uniti.

3. Nel  2017, le entrate da questo paese sono state 432.786, cifra record in questo indice. Nei primi sette mesi del 2018,  sono state 301 987, con una crescita del 20% rispetto allo stesso periodo del 2017.

Partendo  da questa tendenza è prevedibile che per la prima volta nel 2018 la cifra sarà superiore al mezzo milione di viaggi di cubani residenti negli Stati Uniti per il nostro paese.

Senza dubbio non sarà possibile avere relazioni  totalmente normali nell’ambito migratorio sino a che il Congresso di questo paese non  abrogherà o eliminerà la detta Legge di Ajuste Cubano, che stimola la continuità di un flusso irregolare e restringe la possibilità dei cubani di ottenere visti per visite negli Stati Uniti e per stabilire contatti normali con il loro familiari.

Questi dati sono indiscutibili e dimostrano che oggi i cubani viaggiamo in maniera crescente e non facciamo emigrazioni di massa.

Questo è il risultato dei passi costanti e crescenti di Cuba in materia migratoria, anche se disgraziatamente, dallo stesso trionfo della Rivoluzione Cubana, il Governo degli Stati Unit ha utilizzato la migrazione del nostro paese come una punta di lancia della sua politica d’aggressione contro Cuba.

Oggi nessuno discute che la stragrande maggioranza dei cubani all’estero e le loro famiglie in Cuba hanno appoggiato e appoggiano il processo verso la normalizzazione delle relazioni tra L’Avana e Washington, iniziato il 17 dicembre del 2014 e interrotto in maniera unilaterale dall’attuale amministrazione statunitense con la complicità di settori minoritari, ma estremamente reazionari della comunità cubana in questo paese.

Dopo  il Memorandum Presidenziale di Sicurezza Nazionale sul Rafforzamento della politica degli Stati Uniti verso Cuba, firmato e fatto conoscere dal presidente Trump il 16 giugno del 2017 a Miami, in un incontro la cui insultante fattura offende la storia e la dignità del nostro popolo,  è stata ripresa la vecchia  e fallita formula di rinforzare il blocco e la sovversione contro Cuba.

A tutto questo si aggiunge la sospensione dei servizi consolari a L’Avana e l’espulsione di un importante numero di funzionari diplomatici cubani a Washington, con i loro familiari, molti dei quali lavoravano nel nostro unico consolato in questo paese, con il conseguente impatto negativo per migliaia di cubani che necessitano di questi servizi, e i danni al loro diritto di viaggiare ed anche d’emigrare se lo desiderano.

L’obbligatorio trasferimento in Colombia e in Guyana – in quest’ultimo paese dal giugno di quest’anno – dei cittadini cubani che desiderano ottenere il visto d’immigrato e i terzi paesi per tutti i cubani che desiderano ottenere un visto per viaggiare temporaneamente negli Stati Uniti, rende praticamente impossibile il processo che così necessita di alti costi economici umani e di sicurezza per i viaggiatori.

Noi abbiamo reiterato la disposizione a conversare con il Governo degli Stati Uniti sulla base dell’uguaglianza e del rispetto della sovranità e l’indipendenza del nostro paese, così come di proseguire il dialogo rispettoso e la cooperazione in temi d’interesse comune.

Continueremo a lavorare per preservare gli spazi di scambio stabiliti negli ultimi anni. Per questo, dal primo momento, il nostro Governo ha appoggiato decisamente il Progetto “Arti di Cuba” con il quale 400 artisti cubani che vivono e lavorano dentro e fuori dall’Isola hanno mostrato di recente il meglio della nostra cultura al popolo statunitense nel Lincoln Center di questa stessa  città.

Se i passi indietro nelle relazioni non sono stati peggiori, come desideravano la destra più reazionaria del sud della Florida e alcuni alleati nel governo, tutti interessati a mantenere un ambiente di confronto – che apporta loro benefici – tra i due paesi, lo si deve alla  forte opposizione di numerosi settori e personalità negli USA, includendo anche voi che c altri cubani che risiedono in differenti paesi e che hanno potuto constatare e ricevere i benefici di una differente relazione con Cuba.

Vi esorto a continuare a lavorare per far compiere la volontà del 63% dei cubani residenti in questo paese che vogliono la fine del blocco, secondo la più recente inchiesta dell’Università Internazionale della Florida (FIU), uno dei cui autori è il professore Guillermo Grenier.

Ponendo fine al blocco elimineremmo senza dubbio il principale ostacolo allo sviluppo economico di Cuba e alle relazioni con gli Stati Uniti e con i compatrioti che vivono qui.

Al termine del«Diálogo del 78», il Comandante in Capo sottolineò ai partecipanti: «Non vi scoraggiate per la cattiva fede di qualcuno. Non ci scoraggiate mai per le campagne, gli intrighi, le menzogne e gli insulti.

Sostenetevi con la convinzione d’aver fatto qualcosa di molto corretto, il più corretto che si può fare. E sono sicuro che tanto voi quanto noi ci sentiremo sempre soddisfatti di questo sforzo che abbiamo realizzato in comune».

Tra 12 giorni conteremo un altro anniversario del grido di La Demajagua.

150 anni fa il sollevamento rivoluzionario che ebbe come protagonista Carlos Manuel de Céspedes,  lanciò i cubani, per sempre, nel lungo cammino della lotta per l’indipendenza e la fucina della nazione.

Da allora è sempre stato un impegno estremamente difficile, affrontato con pericoli e minacce, nelle condizioni di piccolo paese vittma del colonialismo e della schiavitù e molto vicino a una potenza in franca espansione.

La lotta dei cubani per  la loro sovranità è stata ed è un’epopea nel tempo e in lei esiste la legittima partecipazione dei cubani che oggi non vivono nella patria.

Questo è stato lo spirito che ci ha trasmesso il «Dialogo del 78».

Vi esorto a rinforzare l’unità nel nome  dell’indipendenza, la sovranità della nostra Patria e per l’eliminazione del blocco  e vi reitero la nostra volontà più ferma di continuare a rinforzare i vincoli con tutti i cubani di buona volontà con il nostro ringraziamento per le infinite mostre d’appoggio e solidarietà che ci avete dato in questa lunga lotta e in questi giorni in un territorio ufficialmente ostile.

Non dimenticheremo mai le opportunità che ci hanno dato oggi, d’avvicinarci alla Patria estesa in voi qui nella stesa città dove dicono che gli umili emigranti cubani diedero a Martí il titolo d’Apostolo.

Le prossime settimane e i prossimi mesi ci riservano l’intensità della creazione di una nuova Legge delle Leggi, che anche voi dovete arricchire con le vostre analisi e i vostri apporti. Insieme realizziamo questo desiderio martiano di   una Repubblica con tutti  e per il bene di tutti

«Questo è il mio sogno –disse  l’Apostolo a Tampa– il sogno di tutti: le palme sono fidanzate che aspettano e dobbiamo mettere la giustizia così in alto come le palme». Contiamo con voi. Siamo Cuba.

Molte grazie.


Palabras del Presidente Miguel Díaz-Canel en el encuentro con cubanos que viven en Estados Unidos.

Buenas noches, compatriotas:

Compatriotas. Venía pensando en esa palabra: compatriotas. Suena tan común cuando se está en la Patria y tan especial cuando se está lejos de ella. Me preguntaba si eso sólo nos pasa a los cubanos, por aquello que decía Martí sobre el misterio de ternura de nuestro gentilicio, de “esa dulcísima palabra: cubano…” o sólo nos pasa aquí, en territorio oficialmente hostil.

Esta es mi primera visita a Nueva York y, como supondrán, traigo un programa muy intenso, dentro y fuera del Segmento de Alto Nivel de la Asamblea General de Naciones Unidas, pero quería que supieran que nos empeñamos en encontrar el espacio para compartir con ustedes, los cubanos y cubanas residentes en los Estados Unidos.

En menos de dos meses se cumplirán 40 años del llamado “Primer diálogo del Gobierno Cubano con personas representativas de la comunidad cubana en el exterior” o “Diálogo del 78”.

Aunque era un estudiante recién ingresado a la Universidad, recuerdo muy bien aquel primer contacto, por el documental “75 hermanos”, donde algunos de ustedes aparecen tan jóvenes que ahora cuesta identificarlos.

En la familia separada por la emigración, aquel diálogo tuvo un impacto tremendo. Y en los que no teníamos familia emigrada, también, porque cualquiera tenía una novia, un compañero de aula o un vecino que emigró a Estados Unidos, de manera que creo que nadie fue indiferente a aquel encuentro del que emergieron los primeros cambios trascendentales en la política migratoria cubana y en el tratamiento hacia nuestros nacionales en el exterior.

El objetivo fundamental fue entonces y sigue siendo hoy estrechar y fortalecer los vínculos con los cubanos residentes en el exterior.

La reunión fue 20 y 21 de noviembre de 1978, un período -de esos que siempre han durado poco en las relaciones con nuestro poderoso vecino- en que comenzaban a tener lugar discretos cambios en la política del gobierno de los Estados Unidos hacia Cuba.

Se habían establecido ya los primeros contactos diplomáticos bilaterales y había una tendencia creciente de acercamiento pacífico y constructivo de nuestra comunidad residente en el exterior con su país de origen.

Pero esa todavía era una etapa difícil para desarrollar nuestros vínculos. El terrorismo originado en los Estados Unidos contra Cuba continuaba generando un grado de desconfianza que obligaba a priorizar la defensa de la patria y dificultaba el acercamiento, aún con la voluntad de ambas partes de avanzar en el acercamiento.

A pesar de las dificultades, la tendencia a favor del entendimiento y los vínculos se fue imponiendo año tras año, con avances concretos.

La emigración dejó de ser políticamente homogénea y dejó de llamarse en bloque “exilio”, con el impulso de nuevos migrantes y nuevas generaciones de cubanos y muy a pesar de la corriente minoritaria y extremista que aún promueve la confrontación entre los cubanos residentes en el exterior y su patria.

Hoy, como en el 78, nuestro Gobierno quiere reiterarles la voluntad de continuar desarrollando un diálogo franco y amplio con nuestros connacionales en el exterior, sobre la base del respeto mutuo, del respeto a la soberanía y la independencia de Cuba y con el compromiso de poner fin al injusto bloqueo impuesto contra nuestro pueblo.

No olvido ni por un segundo el precio que debió pagar, incluso en vidas, la comunidad de cubanos residentes en Estados Unidos y en Puerto Rico, por abrir el escabroso camino, plagado de peligros y dificultades que nos ha traído hasta este momento. Y quisiera rendir homenaje, especialmente a los iniciadores y a sus mártires: Carlos Muñiz Varela y Eulalio Negrín Santos.

Desafortunadamente el hijo de Carlos, Carlos Muñiz Pérez, no pudo acompañarnos en la noche de hoy. Su padre fue asesinado en Puerto Rico, el 28 de abril de 1979, por promover el acercamiento entre Cuba y Estados Unidos, propósito por el cual los cubanos en el exterior continúan luchando.

Indispensable en un encuentro como éste la evocación de José Martí, artífice y promotor incansable de la unidad entre todos los cubanos, en función del objetivo supremo: la lucha por la independencia, la soberanía y la autodeterminación de Cuba.

Cuando se aproxima el 150 aniversario del inicio de nuestras guerras por la independencia y el 60 aniversario de la Revolución, volvemos a la historia nacional buscando interpretar sus resortes visibles y secretos y la unidad se nos aparece como el elemento central, determinante. Cada vez que falló, perdimos. Sólo cuando la blindamos, vencimos. Martí lo vio antes que nadie y fundó por eso un Partido para la nación, no dos ni diez para la pelea inútil que enfrenta y debilita.

Son esos aportes fundamentales de José Martí los que nos juntan en torno a su legado como nos reunieron a muchos de los que nos encontramos en esta sala a participar en el acto en que se develó la estatua ecuestre en el parque 13 de Marzo de La Habana Vieja, para rendir justo homenaje al aniversario 165 de su natalicio. Por pura coincidencia hace hoy exactamente 8 meses de aquel acto inolvidable.

Esa hermosa réplica de la estatua que existe desde hace muchos años aquí en Nueva York, sintetiza la pasión cubana por nuestro Héroe Nacional y que el proyecto llegara a feliz término fue obra de muchos, entre ellos algunos de ustedes, cubanas y cubanos residentes en los Estados Unidos. A todos los que de una forma u otra contribuyeron al éxito de tan bello propósito, les reitero nuestro agradecimiento.

Este encuentro es para nosotros, también, un sentido tributo al Líder Histórico de la Revolución cubana, Fidel Castro Ruz, principal artífice del fortalecimiento de los vínculos con los cubanos residentes en el exterior.

Su visión estratégica, continuada por el Primer Secretario Raúl Castro Ruz, nos llevó a promover la reforma migratoria más profunda realizada durante los últimos 60 años, piedra angular de la política de nuestro gobierno hacia sus nacionales en el exterior.

Permítanme confirmarles que el fortalecimiento de los vínculos entre Cuba y sus nacionales en el exterior es continuo e irreversible, como muestra de la continuidad de la Revolución y de la Unidad de la Nación.

Ejemplo irrefutable de esa continuidad y hecho inédito hasta hoy, es la decisión de que todos los cubanos en el exterior, sin excepciones, participen de manera activa y totalmente voluntaria en el debate sobre el Proyecto de nueva Constitución que los cubanos y cubanas queremos darnos para el presente y el futuro de la Patria.

Cualquier de ustedes que haya estado recientemente en el país puede dar fe de la extraordinaria movilización popular en torno a esa consulta. Y yo los exhorto a contribuir con sus opiniones al mejoramiento y desarrollo de nuestra Nación: soberana, independiente, socialista, democrática, próspera y sostenible.

En Cuba decimos que “ninguno de nosotros solo sabe y puede tanto como todos nosotros juntos” y en ese todo los incluimos a ustedes.

Sólo el consenso de lo que aportemos todos, propiciará la construcción de una sociedad cada vez más justa e inclusiva y hará prevalecer la prédica martiana de que la “Ley primera de nuestra República sea el culto de los cubanos a la dignidad plena del hombre”.

La participación de los cubanos que viven fuera de la patria en este proceso de debate, es coherente con nuestra democracia participativa y un espejo del momento actual de nuestra historia, caracterizado, entre otros aspectos, por vínculos crecientes y diversos entre los cubanos residentes en el exterior y su país de origen.

En este punto, permítanme ejemplificar con cifras el impacto de ese proceso, que ha permitido el fortalecimiento de esos vínculos raigales entre la Nación y los cubanos que residen en el exterior, tomando como punto de referencia un antes y un después del 14 de enero de 2013, fecha en que se dieron a conocer un conjunto de medidas migratorias que funcionan con total normalidad y han tenido gran aceptación.

A más de 5 años de su aplicación, continúa el aumento de salidas del país con pasaporte corriente, periodo en el que se realizaron 2 millones 674 mil 76 viajes por parte de nuestros nacionales.

En paralelo, se aprecia un incremento sostenido en la entrada de cubanos residentes en el exterior, fundamentalmente desde territorio estadounidense. Desde el 14 de enero del 2013 hasta el 14 de enero del 2018 se registraron 2 millones 080 mil 043 entradas, de ellas, 1 millón 585 mil 575 desde los Estados Unidos.

En el año 2017, 432 mil 786 entradas fueron desde ese país, cifra récord en este indicador. En los primeros siete meses del 2018, alcanzan las 301 mil 987, lo que significa un crecimiento del 20%, comparado con igual periodo del año 2017. A partir de esta tendencia es previsible que por primera vez en 2018 se rebase la cifra de medio millón de viajes de cubanos residentes en Estados Unidos a nuestro país.

Sin embargo, no será posible alcanzar relaciones totalmente normales en el ámbito migratorio hasta tanto el Congreso de este país abrogue o elimine la llamada Ley de Ajuste Cubano, que estimula la continuidad de un flujo irregular y restringe la posibilidad de los cubanos de obtener visas para visitar Estados Unidos y establecer contactos normales con sus familiares.

Estos datos son irrefutables y demuestran que hoy, los cubanos viajamos de manera creciente, no emigramos de manera masiva.

Este es el resultado de los pasos constantes y crecientes de Cuba en materia migratoria; a pesar de que, lamentablemente, desde el mismo triunfo de la Revolución cubana, el gobierno de Estados Unidos utilizó la migración desde nuestro país como punta de lanza de su política de agresión contra Cuba.

Hoy nadie discute que la inmensa mayoría de los cubanos en el exterior, y sus familias en Cuba, apoyaron y apoyan el proceso hacia la normalización de relaciones entre La Habana y Washington, iniciado el 17 de diciembre de 2014, interrumpido de manera unilateral por la actual administración estadounidense con la complicidad de sectores minoritarios pero extremadamente reaccionarios de la comunidad cubana en este país.

Tras el Memorando Presidencial de Seguridad Nacional sobre el Fortalecimiento de la Política de los Estados Unidos hacia Cuba, firmado y dado a conocer por el presidente Trump el 16 de junio de 2017, en Miami, en un evento cuya insultante factura ofende la historia y la dignidad de nuestro pueblo, se ha retomado la vieja y fracasada fórmula de recrudecer el bloqueo y la subversión contra Cuba.

A lo anterior se agrega la suspensión de los servicios consulares en La Habana y la expulsión de un importante número de funcionarios diplomáticos cubanos en Washington y sus familiares, muchos de los cuales trabajaban en nuestro único Consulado en este país, con el consiguiente impacto negativo para miles de cubanos que requieren de esos servicios y las afectaciones a su derecho de viajar e incluso, de emigrar, si ese fuese su deseo.

El obligatorio traslado a Colombia y Guyana — a este último país a partir de junio del presente año- de los ciudadanos cubanos que deseen obtener visas de inmigrantes, y a terceros países para todos los cubanos que deseen obtener una visa para viajar temporalmente a los Estados Unidos, hace prácticamente inviable el proceso, al demandar altos costos económicos, humanos y de seguridad para los viajeros.

Por nuestra parte, hemos reiterado la disposición a conversar con el gobierno de los Estados Unidos, sobre la base de la igualdad y el respeto a la soberanía y la independencia de nuestro país, así como a proseguir el diálogo respetuoso y la cooperación en temas de interés común.

Continuaremos trabajando para preservar los espacios de intercambio establecidos en los últimos años. Por eso, desde el primer momento, nuestro Gobierno apoyó decididamente el Proyecto “Artes de Cuba” con el cual, más de 400 artistas cubanos que viven y trabajan dentro y fuera de la Isla, mostraron recientemente lo mejor de nuestra cultura al pueblo estadounidense en el Lincoln Center de esta propia ciudad.

Si el retroceso en las relaciones no ha sido mayor, como era el deseo de la ultraderecha anticubana, radicada en el sur de la Florida, y de algunos aliados dentro del Gobierno, todos interesados y beneficiados en mantener un ambiente de confrontación entre ambos países, se ha debido a la fuerte oposición de numerosos sectores y personalidades en los Estados Unidos, incluidos ustedes, que junto a otros cubanos que residen en diferentes países, pudieron constatar y recibir los beneficios de una relación diferente con Cuba.

Los exhorto a continuar trabajando por hacer cumplir la voluntad del 63% de los cubanos residentes en este país, los cuales abogan por el fin del bloqueo, según la más reciente encuesta de la Universidad Internacional de la Florida (FIU), uno de cuyos autores es el profesor Guillermo Grenier.

Poniendo fin al bloqueo, estaríamos eliminando, sin lugar a dudas, el principal obstáculo al desarrollo económico de Cuba y a las relaciones con los Estados Unidos y con los compatriotas que aquí viven.

Al concluir el «Diálogo del 78», el Comandante en Jefe enfatizó a los participantes: “No se desalienten por la mala fe de alguien. No se desalienten jamás por las campañas, las intrigas, las mentiras, los insultos. Sosténganse en la convicción de que han hecho algo absolutamente correcto, lo más correcto que puede hacerse. Y estoy seguro de que tanto ustedes, como nosotros, nos sentiremos siempre satisfechos de este esfuerzo que en común hemos realizado”.

Apenas dentro de doce días, marcaremos un aniversario más del grito de la Demajagua. Hace 150 años, el alzamiento revolucionario protagonizado por Carlos Manuel de Céspedes lanzó a los cubanos, para siempre, en el largo camino de la lucha por la independencia y la fragua de la Nación.

Desde entonces, ha sido un empeño extremadamente difícil, y enfrentado por peligros y amenazas, en las condiciones de un país pequeño, víctima del colonialismo y la esclavitud y muy cercano a una potencia en franca expansión. La lucha de los cubanos por su soberanía ha sido y es una epopeya en el tiempo y en ella tienen legítima participación los cubanos que hoy no viven en la patria. Ese fue el espíritu que nos legó el Diálogo del 78.

Los exhorto a fortalecer la unidad en aras de la independencia, la soberanía de nuestra Patria, y la eliminación del bloqueo, y les reitero nuestra más firme voluntad de continuar fortaleciendo los vínculos con todos los cubanos de buena voluntad, así como nuestro agradecimiento por las innumerables muestras de apoyo y solidaridad que nos han dado en esta larga lucha y en estos días en territorio oficialmente hostil.

Nunca olvidaremos la oportunidad que nos han dado hoy de acercarnos a la Patria extendida en ustedes, aquí, en la misma ciudad donde dicen que los humildes emigrados cubanos dieron a Martí el título de Apóstol.

Las semanas y meses por venir, nos reservan la intensidad de la creación de una nueva ley de leyes, que ustedes han de enriquecer también con sus análisis y aportes. Juntos vamos a cumplir el anhelo martiano de una República con todos y para el bien de todos.

“Ese es el sueño mío –dijo el Apóstol en Tampa- el sueño de todos: las palmas son novias que esperan y hemos de poner la justicia tan alta como las palmas.” Contamos con ustedes. Somos Cuba.

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