Il bene ed il male delVII Vertice CELAC

William Serafino

Più che per la sua dichiarazione finale, gli accordi raggiunti o gli interventi di presidenti e ministri degli Esteri, il valore specifico del VII Vertice della Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi (CELAC) a Buenos Aires è ricaduta sul fedele paesaggio che ha delineato sullo stato attuale dell’integrazione latinoamericana, con le sue sfide più pressanti. L’evento in sé, ciò che ha dimostrato, è la chiave fondamentale per ragionare sull’attuale scenario geopolitico, con la complessità che unisce e separa l’orizzonte della regione.

IL CONTESTO ED I SUOI ​​PARADOSSI

 

In prima lettura, il VII Vertice ha rafforzato i nuovi equilibri di potere nella regione riunendo quasi tutti i dirigenti dello spettro sinistra/progressista, in tutta la sua scala di grigi, che occupano, in questi momenti, il primo piano della politica continentale. La partecipazione del Presidente Lula, che ha segnato il ritorno del Brasile sulla scena geopolitica latinoamericana con la sua prima partecipazione ad un evento diplomatico internazionale, non solo ha avuto un peso specifico nel dare rilevanza al vertice, ma ha anche espresso la svolta verso un panorama geopolitico dove la destra non è egemonica.

È paradossale che in uno scenario favorevole all’integrazione, a maggior ragione nel caso di un vertice CELAC dove buona parte degli Stati membri sono governati dalla sinistra -sebbene questo concetto non sia necessariamente sinonimo di omogeneità e criteri comuni-, il presidente Nicolás Maduro si è visto costretto ad annullare la sua partecipazione poiché non erano garantite le condizioni minime di sicurezza per la sua visita. L’opposizione argentina, attivando le sue abituali armi di potere, la santa trinità del potere mediatico-legislativo-giudiziario, ha fatto del viaggio di Maduro l’epicentro di un’agenda settimanale di scontro contro Fernández.

La debolezza che Fernández ha esposto al Vertice in merito all’assistenza al presidente venezuelano, una continuazione della generale fragilità del suo governo di fronte a delicate situazioni diplomatiche come il sequestro dell’aereo venezuelano Emtrasur, a metà dello scorso anno, o di carattere interno, come il tentato assassinio della vicepresidentessa Cristina Fernández o l’offensiva vessatoria e demolitoria del Potere Giudiziario contro di lei, riflette che la premessa di un asse Brasilia-Buenos Aires, da cui orbiterebbe il rilancio dell’integrazione, manca della sufficiente forza di trazione sul lato argentino.

Precisamente, il tanto pubblicizzato incontro bilaterale tra Lula e Alberto a Buenos Aires è sfociato nel tentativo di posizionare un nuovo quadro di dirigenza e conduzione della CELAC centrato su entrambe le figure, con il presidente brasiliano come attore principale. Ma difficilmente il governo argentino, diminuito nella sua autorità politica e istituzionale interna, può guidare, insieme al Brasile, la geopolitica regionale, se il potere di Fernández è permanentemente sfidato in patria.

RETORICA SATURA E CRITERI FRAMMENTATI

 

Al di sopra della mappa continentale dipinta di rosso per la sfilza di sconfitte elettorali della destra, negli ultimi tempi, lo scenario dell’integrazione regionale non è omogeneo. La complessità dell’attuale quadro geopolitico risiede nel fatto che, sebbene i rapporti di forza siano favorevoli alla sinistra, all’interno del suo universo ideologico e programmatico, le divergenze di criteri e interessi particolari limitano l’orizzonte di possibilità di una rinnovata architettura istituzionale di integrazione e adeguata ai mutamenti tettonici causati dal violento ritorno della logica della Guerra Fredda nel metabolismo dell’economia mondiale, delle sue catene di approvvigionamento e fonti di risorse strategiche.

Lo si è percepito chiaramente nel panorama discorsivo della sessione plenaria del Vertice. Gustavo Petro ha indicato che era necessario rimettere a galla e attualizzare il sistema interamericano dei diritti umani appartenente all’OSA, come passo preliminare per raggiungere un “patto democratico in cui le destre e le sinistre non credano che quando salgono al potere è per eliminare fisicamente il loro avversario”.

Su una linea simile, Alberto Fernández ha incentrato il suo intervento sulla necessità di difendere la democrazia nella regione da parte della CELAC, riferendosi al tentativo di colpo di Stato dello scorso 8 gennaio a Brasilia. Ha anche condannato, ancora una volta, l’applicazione di sanzioni e blocchi contro il Venezuela e Cuba. Lula, da parte sua, ha sottolineato che l’integrazione deve essere rafforzata per invertire la fame e la povertà, e che la regione ha un grande potenziale per contribuire alla lotta contro il cambio climatico e produrre energia pulita.

Gabriel Boric, com’era prevedibile, ha attaccato nuovamente il Nicaragua e, in evidente allineamento con le raccomandazioni del think tank USA Wilson Center (il suo rapporto sul Venezuela, che tenta di delineare una nuova politica di Washington verso il Venezuela, che è stato oggetto di analisi in questo forum), ha amplificato la narrazione manipolata delle “elezioni libere” in Venezuela, in sincronia con la petizione della coalizione di opposizione in Messico.

Luis Arce, invece, ha sottolineato che la CELAC deve rafforzare il suo posto nella costruzione di un mondo multipolare e ha indicato che l’organismo deve aprire relazioni con i BRICS, poiché il cambiamento dell’asse economico internazionale dall’Atlantico al Pacifico implica una riconfigurazione dell’economia mondiale dove l’America Latina deve partecipare attivamente.

AMLO, che non ha partecipato al vertice, ha esortato la CELAC a pronunciarsi e condannare la deposizione di Pedro Castillo dalla presidenza del Perù e la diffusa repressione nel Paese. Sebbene il caos e l’instabilità del Paese andino sia apparso come preoccupazione in alcuni interventi, non è stato possibile raggiungere un consenso su come l’organismo avrebbe dovuto affrontare la situazione e quali dispositivi istituzionali avrebbero potuto attivare ​​per contribuire ad una soluzione pacifica e costituzionale della crisi politica in Perù.

IL BUONO E IL CATTIVO

 

Il registro degli interventi in sé testimonia che il rilancio della CELAC risente di una reinvenzione dei suoi quadri unitari e dei suoi strumenti di pianificazione. A livello retorico, c’è un consenso generalizzato sul ripotenziamento dell’organismo, ma le proposte pratiche per realizzarlo sono scarse, se non inesistenti, nella misura in cui ogni Paese vede in questo impulso organizzativo un’opportunità per avanzare in agende particolari di carattere politico o ideologico.

Un chiaro esempio di ciò è che la condanna dei colpi di Stato o dei tentativi di infrangere l’ordine costituzionale non ha impegni fermi e strumenti affinché l’organismo agisca. La stessa mancanza di supporti concreti, di opzioni geopolitiche condivise, si verifica quando si accennano ad altri problemi di carattere regionale, come i blocchi finanziari, le debolezze energetiche o la fragile integrazione economica dei Paesi della regione, salvo per la proposta di una “comune valuta”.”, denominata “Sud”, che per ora incide solo sugli interessi immediati di Brasile e Argentina.

Per questo motivo, l’illusione di accordo e affinità lasciata dal saldo discorsivo dell’evento si traduce che, a una settimana dal Vertice, esso non sia riuscito a mantenere il suo impatto internazionale a una settimana dalla sua realizzazione, poiché la base che origina la frammentazione rimane immutata: l’assenza di rinnovati strumenti e meccanismi istituzionali che dinamizzino il funzionamento dell’organismo e gli concedano nuovi meccanismi di influenza geopolitica.

L’elezione di Saint Vincent e Grenadine a presidente pro tempore è forse il risultato più importante del VII Vertice. Con il Paese guidato da Ralph Gonsalves, i Caraibi e l’asse ALBA-Petrocaribe acquistano centralità geopolitica negli orientamenti strategici dell’organismo, fungendo da contrappeso allo schema classico di collocare la presidenza pro tempore in Paesi il cui potere economico e geopolitico (caso di Argentina o Messico) aumenta la competizione interna per il predominio dell’organismo.

In questo senso, il fatto che il Paese caraibico sia a capo della CELAC mantiene vivo il senso dell’opportunità storica di rivitalizzarla, in accordo con il suo spirito fondativo: porsi come una piattaforma di integrazione che consenta alla regione di agire come blocco geopolitico autonomo, con incidenza internazionale e integrazione dinamica nel multipolarismo, attualmente guidata dall’asse di potere eurasiatico.

Un’agenda coerente per il rilancio della CELAC deve partire da fattori pratici che abbiano origine, infine, nelle affinità generali esistenti, al di là del suo rivestimento retorico. Un percorso affidabile in questa direzione potrebbe avere dentro la sua bussola la creazione di uno strumento o protocollo condiviso contro i colpi di Stato, dove si abiliti l’organismo a sviluppare mediazioni e promuovere istanze di dialogo e negoziazione nei Paesi che si vedano colpiti da crisi istituzionali.

Nell’ambito economico, la grande questione pendente in termini di integrazione dalla rottura con l’impero spagnolo, la CELAC potrebbe avanzare nella configurazione di meccanismi di consultazione in cui alternative per lo scambio commerciale e l’investimento congiunto in aree strategiche possano esplorare la loro fattibilità, consentendo di riunire e dare forza a iniziative in tal senso, come il “Sud” o un’associazione di Paesi esportatori di litio, solo per fare due esempi che hanno suscitato entusiasmo.

Per quanto riguarda i blocchi economici, la CELAC potrebbe benissimo utilizzare il suo potere negoziale come blocco per ampliare le linee di credito di organismi e istituzioni finanziarie allo scopo di generare un’alternativa affidabile di finanziamento, o facilitare l’inserimento della regione, attraverso l’organismo, all’interno la nuova architettura della de-dollarizzazione che sta guadagnando sempre più terreno in Eurasia e nel Sud Globale.

La cosa buona è che tutto è da costruirsi, e per questo si ha un’opportunità politica inestimabile.

Share Button

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.