Come le primarie preparano il terreno per uno scenario di conflitto

misionverdad.com

Diversi attori del settore dell’opposizione che hanno aderito al “percorso elettorale” dimostrano con azioni e parole che le loro primarie non sono un passo in quella direzione bensì una facciata per ritornare alla pratica della violenza politica in Venezuela.

Uno di loro è stato Antonio Ledezma, che lo scorso agosto ha dichiarato che, vista l’inabilitazione di María Corina Machado, “esiste un piano” e che “l’obiettivo è la ribellione civile accompagnata da una ribellione militare”. Il latitante ed ex sindaco di Caracas ha aggiunto che: “Si sta parlando con militari, e questo è normale, ciò non è promuovere alcuna cospirazione. Non è cospirazione. C’è gente che chiama e parliamo, e ci chiedono di non dire i loro nomi e chiedono di rimanere nascosti. Questo è naturale.”

Andrés Velásquez, dal canto suo, si oppone alla proposta avanzata da Henrique Capriles di sostituire il vincitore delle primarie se questo permane inabilitato, fatta trapelare dal giornalista Vladimír Villegas e confermata dallo stesso Velásquez con il corollario: “Il G4 è finito”.

Il presidente della Commissione Nazionale delle Primarie, Jesús María Casal, aveva espresso, lo scorso agosto, la necessità di “spianare il cammino” affinché, se vince un inabilitato, questi abbia la possibilità di iscriversi alla corsa presidenziale.

UNA STRADA A FONDO CIECO

 

La questione dei pre-candidati inabilitati è un vicolo cieco in cui la stessa Piattaforma Unitaria Democratica (PUD) ha deciso di entrare. Tre dei tredici candidati mantengono questa condizione dettata dal Controllore Generale della Repubblica -istituzione facente parte del Potere Morale-.

Ma le dichiarazioni mostrano che alcuni individui in questo settore stanno costringendo un’uscita violenta allo scenario di un candidato inabilitato. Sembrano essere stati istruiti a divagare rispetto agli accordi del Tavolo di Dialogo e Negoziazione raggiunti in Messico, l’anno scorso, e quello che viene inteso come un percorso entro i canoni della politica, in realtà ha l’apparenza di un piano insurrezionale.

L’evento elettorale ha già mostrato debolezze organizzative: hanno rifiutato di ricevere l’appoggio del Consiglio Elettorale Nazionale (CNE), ma vorrebbero contare sui centri elettorali, hanno difeso il voto manuale e tutto indica che i risultati saranno incerti.

Prima di convocare le primarie, all’inizio del 2023, le istruzioni dagli USA si concentravano sulla mobilitazione sociale sotto forma di proteste corporative, che sembravano essere entrate in pausa. Il Wilson Center lo ha stabilito  mediante un rapporto in cui esorta una combinazione di “pressioni e concessioni”, il che implica il fatto di sedersi con il governo venezuelano per negoziare le condizioni per una “transizione”.

Questo centro studi, insieme ad altri come il Atlantic Council e il Center for Strategic and International Studies, influisce sul processo decisionale della Casa Bianca sul Venezuela e hanno ammesso il fallimento della campagna di “massima pressione” lanciata durante il governo di Donald Trump.

Tuttavia, le dichiarazioni più vistose del settore raccolto intorno alle primarie danno l’impressione di optare più per la coercizione che per sedersi a negoziare politicamente nel quadro costituzionale.

DALLA MANO DI WASHINGTON

 

Lo scorso giugno, la vice amministratrice dell’Ufficio per l’America Latina e i Caraibi dell’Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale (USAID), Marcela Escobari, ha dichiarato alla Sottocommissione per l’Emisfero Occidentale (Commissione per gli Affari Esteri) del Congresso USA che: “Con 50 milioni di $ in Venezuela, l’USAID promuoverà elezioni più competitive nel 2024 e aumenterà i costi della frode elettorale per il regime di Maduro. Con 20 milioni di $ in finanziamenti statali e dell’AID per Cuba e 15 milioni di $ per il Nicaragua, continueremo a sostenere coloro che sono in prima linea nella lotta per i propri diritti e libertà più elementari”.

Intanto, il direttore del Consiglio di Sicurezza Nazionale dell’Emisfero Occidentale della Casa Bianca, Juan González, ha dichiarato in un’intervista alla rete tedesca Deutsche Welle che la politica di Washington “è di lasciare che i venezuelani decidano, non imporre un risultato alla direzione del paese”. Ha aggiunto che l’approccio del suo governo verso il Venezuela si basa sul “sostenere un processo di negoziazione” e sul chiarire che le sanzioni verranno revocate purché e quando vengano fatti passi concreti che consentano ai venezuelani di “scegliere liberamente”.

González ha riconosciuto che l’amministrazione Biden mantiene contatti con il governo costituzionale del presidente Nicolás Maduro, benché continui a riconoscere l’Assemblea Nazionale, eletta nel 2015, come autorità legittima.

Da parte sua, il sottosegretario di quel governo per l’Emisfero Occidentale, Brian Nichols, ha espresso, il 31 agosto, il suo disaccordo con le inabilitazioni, in riferimento ai pre-candidati María Corina Machado e Henrique Capriles. Inoltre, ha elencato una lista di condizioni per le elezioni presidenziali in Venezuela.

Lo stesso 31 agosto, venti senatori USA, 13 democratici e 7 repubblicani, hanno scritto una lettera al segretario di Stato Antony Blinken, in cui sollecitano che il suo dipartimento stia attento alle “interferenze” del governo venezuelano per “boicottare le elezioni primarie”. organizzate dall’opposizione venezuelana. Nel documento che, tra gli altri, porta la firma del nexus USA di Machado, Marco Rubio, si chiede anche “massima attenzione” alle inabilitazioni e che osservatori elettorali internazionali “credibili” confermino che l’elezione presidenziale “rappresenti la volontà del popolo venezuelano”. “

L’USAID, LE ONG E LO SCONTRO LATENTE

 

Le sanzioni non sono state decise dal popolo venezuelano bensì dal governo USA e appoggiate dallo stesso settore che oggi promuove le primarie, ma a ciò  González non ha alluso. Nel frattempo, Nichols non ha menzionato i diritti degli elettori venezuelani che sono colpiti dalle misure sanzionatorie che bloccano l’accesso ai diritti fondamentali come la salute, l’istruzione e l’alimentazione.

Il finanziamento da parte dell’USAID di varie ONG all’interno e all’esterno del territorio nazionale rientra nello stesso schema dei piani di cambio di regime in Venezuela, per cui resta in dubbio se gli USA impongano o meno “un risultato alla dirigenza del paese”, come ha affermato González. Il lavoro che queste organizzazioni svolgono sul territorio nazionale non ha alcun controllo e vi è la possibilità che detti fondi siano convogliati verso l’eventuale costruzione e formulazione di una massa critica per scenari di conflitto che si vengono strutturando.

Dalla Casa Bianca e Bruxelles c’è stato un cambio di orientamento dopo il crollo dell'”interim”, sono stati direttamente coinvolti in azioni di piazza, giornate festive e manifestazioni culturali guidate da alcune ONG, in una sorta di collusione e convivenza di interessi attraversati da agende corporative.

Le ONG finanziate dagli stessi paesi che hanno applicato misure interventiste contro il Venezuela appaiono come possibili attori in qualsiasi agenda di conflitto dell’opposizione. Esse includerebbero il sostegno degli operatori sul campo, l’accompagnamento mediatico agli autori dei reati e la costante alimentazione del dossier di criminalizzazione contro lo Stato. Lo scontro con le istituzioni al quale hanno contribuito diversi attori delle primarie si tradurrebbe in azioni concrete di violenza in nome della “democrazia e dei diritti umani”.

ALLERTE PRECOCI

 

Da parte sua, il presidente Nicolás Maduro ha avvertito, in maniera insistente,  su “un piano”, ancora una volta, “per condurci alla violenza, al tempo dell’intolleranza, dello scontro, del conflitto inutile, della divisione tra i venezuelani, e non lo permetteremo”.

Il governo venezuelano ha espresso il proprio interesse a mantenere la partecipazione elettorale come scenario per risolvere le divergenze politiche, anche quando l’opposizione è indecisa tra la partecipazione o meno alle elezioni. Diversi portavoce del chavismo hanno anche chiesto che le elezioni siano libere da sanzioni, perché queste creano difficoltà affinché il voto si basi sulla genuina intenzione dell’elettorato.

Il presidente Maduro ha ordinato un notevole aumento del dispiegamento militare in territorio venezuelano e ha incaricato di attivare tutti i meccanismi necessari per garantire un’adeguata protezione delle elezioni presidenziali quando saranno indette dal CNE.

“Ho dato l’ordine di attivare tutti i preparativi territoriali per un Piano Repubblica impeccabile, quando opportuno, dove opportuno, in un sistema elettorale perfetto”, ha dichiarato.

Ha cercato così di garantire lo speciale dispiegamento militare della Forza Armata Nazionale Bolivariana (FANB) per proteggere i processi elettorali e ha denunciato che: “Dall’imperialismo nordamericano si continua a cospirare contro il Venezuela ma, di fronte alle loro cospirazioni, restiamo uniti, coesi, lottando per la pace e l’integrità territoriale”.

Le varie dichiarazioni dell’establishment politico USA sostengono un appoggio illimitato alle decisioni improvvisate del PUD, che ignorino lo stato di diritto e cercano di creare un vuoto politico che conduca ad una situazione di violenza colorata.

È difficile associare le loro procedure ad un presunto cambiamento positivo per il Venezuela, quando il percorso elettorale che hanno proposto rimane più vicino al conflitto che al dialogo e all’istituzionalità.


CÓMO LAS PRIMARIAS PREPARAN EL TERRENO PARA UN ESCENARIO DE CONFLICTO

 

Distintos actores del sector de la oposición que se han sumado a la “ruta electoral” muestran con acciones y palabras que sus primarias no son un paso en ese sentido sino una fachada para volver a la práctica de la violencia política en Venezuela.

Uno de ellos ha sido Antonio Ledezma, quien el pasado agosto declaró que, ante la inhabilitación de María Corina Machado, “hay un plan” y que “el objetivo es la rebelión civil acompañada de la rebelión militar”. El prófugo de la justicia y exalcalde de Caracas agregó que: “Se está hablando con militares, y eso es normal, no es promover ninguna conspiración. No es conspiración. Hay gente que llama y hablamos, y piden que no digamos sus nombres y piden ir disfrazados. Eso es natural”.

Andrés Velásquez, por su parte, se opone a la propuesta hecha por Henrique Capriles de sustituir al ganador de las primarias si este permanece inhabilitado, lo que fue filtrado por el periodista Vladimír Villegas y confirmado por el mismo Velásquez con el corolario: “G4 se acabó”.

El presidente de la Comisión Nacional de Primaria, Jesús María Casal, expresó en agosto pasado la necesidad de “allanar el camino” para que, en caso de ganar un inhabilitado, este tenga la posibilidad de concretar su inscripción para la contienda presidencial.

UNA CALLE CIEGA

El tema de los precandidatos inhabilitados es un callejón sin salida donde la misma Plataforma Unitaria Democrática (PUD) ha decidido internarse. Tres de los trece aspirantes mantienen esta condición dictaminada por la Contraloría General de la República —institución parte del Poder Moral—.

Pero las declaraciones dejan ver que algunos sujetos de este sector están forzando una salida violenta al escenario de un candidato inhabilitado. Parecen haber sido instruidos para divagar respecto a los acuerdos de la Mesa de Diálogo y Negociación que se alcanzaron en México el año pasado, y lo que es entendido como una ruta dentro de los cánones de la política, en realidad tiene visajes de plan insurreccional.

El evento electoral ya ha mostrado debilidades organizativas: se negaron a recibir apoyo del Consejo Nacional Electoral (CNE), pero querían contar con los centros electorales, han defendido el voto manual y todo indica que habrá resultados dudosos.

Antes de convocar a primarias, a principios de este 2023, las instrucciones desde Estados Unidos se enfocaban en la movilización social en forma de protestas gremiales, lo que pareciera haber entrado en pausa. El Wilson Center lo estableció mediante un informe en el que exhorta a una combinación entre “presión y concesiones”, lo cual implica el hecho de sentarse con el gobierno venezolano a negociar condiciones para una “transición”.

Este think tank, junto a otros como el Atlantic Council y el Center for Strategic and International Studies, influye en la toma de decisiones de la Casa Blanca sobre Venezuela y han admitido el fracaso de la campaña de “máxima presión” lanzada durante el gobierno de Donald Trump.

Sin embargo, las declaraciones más conspicuas del sector congregado alrededor de las primarias dan la impresión de optar más por la coacción que por sentarse a negociar políticamente dentro del marco constitucional.

DE LA MANO DE WASHINGTON

En junio pasado, la administradora adjunta de la Oficina para América Latina y el Caribe de la Agencia de los Estados Unidos para el Desarrollo Internacional (Usaid, por sus siglas en inglés), Marcela Escobari, dijo ante la Subcomisión del Hemisferio Occidental (Comisión de Asuntos Exteriores) del Congreso estadounidense que: “Con 50 millones de dólares en Venezuela, Usaid impulsará unas elecciones más competitivas en 2024, y elevará los costes del fraude electoral para el régimen de Maduro. Con 20 millones de dólares en financiación estatal y de la AID para Cuba y 15 millones de dólares para Nicaragua, seguiremos apoyando a quienes están en primera línea luchando por sus derechos y libertades más básicos”.

Entretanto, el director del Consejo de Seguridad Nacional para el Hemisferio Occidental de la Casa Blanca, Juan González, dijo en una entrevista con la cadena alemana Deutsche Welle que la política de Washington “es dejar que los venezolanos decidan, no imponer un resultado a la dirección del país”. Agregó que el enfoque de su gobierno hacia Venezuela se basa en “apoyar un proceso de negociación” y dejar claro que las sanciones se levantarían siempre y cuando se den pasos concretos que permitan a los venezolanos “elegir libremente”.

González reconoció que la administración Biden mantiene contactos con el gobierno constitucional del presidente Nicolás Maduro, aunque sigue reconociendo como autoridad legítima a la Asamblea Nacional electa en 2015.

Por su parte, el subsecretario de ese gobierno para el Hemisferio Occidental, Brian Nichols, expresó el 31 de agosto su desacuerdo con las inhabilitaciones, en referencia a los precandidatos María Corina Machado y Henrique Capriles. Además, enumeró una lista de condiciones para los comicios presidenciales en Venezuela.

El mismo 31 de agosto veinte senadores estadounidenses, trece demócratas y siete republicanos, dirigieron una carta al secretario de Estado, Antony Blinken, en la que solicitan que su departamento esté atento ante la “interferencia” del gobierno venezolano para “boicotear las elecciones primarias” que organiza la oposición venezolana. En el documento que, entre otros, suscribe el nexo estadounidense de Machado, Marco Rubio, también exigen “máxima atención” a las inhabilitaciones y que observadores electorales internacionales “creíbles” confirmen que la elección presidencial “representa la voluntad del pueblo venezolano”.

LA USAID, LAS ONG Y LA CONFRONTACIÓN LATENTE

Las sanciones no han sido decididas por la población venezolana sino por el gobierno estadounidense y apoyadas por el mismo sector que hoy promueve las primarias, pero esto no fue aludido por González. Mientras, Nichols no hizo mención a los derechos de los votantes venezolanos que son afectados por las medidas sancionatorias que bloquean el acceso a derechos básicos como salud, educación y alimentación.

El financiamiento de la Usaid a varias ONG dentro y fuera del territorio nacional forma parte del mismo esquema en los planes de cambio de régimen en Venezuela, por lo que queda en duda si Estados Unidos impone o no “un resultado a la dirección del país”, como ha dicho González. El trabajo que estas organizaciones realizan en el territorio nacional no cuenta con auditoría alguna y existe la posibilidad de que dichos fondos estén siendo canalizados a la eventual manufactura y formulación de una masa crítica para escenarios conflictivos que se vienen estructurando.

Desde la Casa Blanca y Bruselas ha habido un cambio de orientación desde el derrumbe del “interinato”, han estado involucrados directamente en acciones de calle, jornadas festivas y manifestaciones culturales dirigidos por algunas ONG, en una suerte de connivencia y convivencia de intereses atravesados por agendas gremiales.

Las ONG financiadas desde los mismos países que han aplicado medidas injerencistas contra Venezuela aparecen como posibles actores en cualquier agenda de conflicto opositora. En ellas estaría el apoyo de operadores en el terreno, el acompañamiento mediático de los victimarios y la constante alimentación del expediente criminalizador contra el Estado. El enfrentamiento con la institucionalidad al que han contribuido distintos actores de las primarias se traduciría en acciones concretas de violencia en nombre de “la democracia y los derechos humanos”.

ALERTAS TEMPRANAS

Por su parte, el presidente Nicolás Maduro ha advertido de manera insistente sobre “un plan” otra vez “para llevarnos a la violencia, al tiempo de la intolerancia, del enfrentamiento, del conflicto inútil, de la división entre los venezolanos, y no lo vamos a permitir”.

El gobierno venezolano ha precisado su interés en mantener la participación electoral como escenario para dirimir las diferencias políticas, aun cuando la oposición ha pendulado entre acudir o no a elecciones. También distintos voceros del chavismo han pedido que los comicios sean libres de sanciones, debido a que estas ejercen dificultades para que la votación se base en la intención genuina del electorado.

El presidente Maduro ordenó aumentar notablemente el despliegue militar en territorio venezolano e instruyó activar todos los mecanismos necesarios para garantizar el resguardo adecuado de las elecciones presidenciales cuando se haga el llamado por parte del CNE.

“He dado la orden de activar todos los preparativos territoriales para un Plan República impecable cuando corresponda, donde corresponda, como corresponda, en un sistema electoral perfecto”, declaró.

De esta manera ha buscado garantizar el despliegue militar especial de la Fuerza Armada Nacional Bolivariana (FANB) al resguardo de los procesos electorales y ha denunciado que: “Desde el imperialismo norteamericano se sigue conspirando contra Venezuela pero, frente a las conspiraciones de ellos, nos mantenemos unidos, cohesionados, luchando por la paz y por la integridad territorial”.

Las distintas declaraciones por parte del estamento político de Estados Unidos sostienen un apoyo irrestricto a las decisiones improvisadas de la PUD, que desconocen es estado de derecho y buscan crear un vacío político conducente a una situación de violencia de color.

Se hace difícil asociar sus procedimientos con un supuesto cambio positivo para Venezuela, cuando la ruta electoral que se han propuesto se mantiene más cerca del conflicto que del diálogo y la institucionalidad

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