Appoggio, condizionato, di Biden a Guaidò?

L’appoggio di Biden a Guaidò verrebbe con un cambio di strategia contro Caracas

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Secondo diversi media, che segnalano secondi “fonti” legate al presunto governo parallelo in Venezuela guidato da Juan Guaidó, l’entrante amministrazione del nuovo governo USA avrebbe invitato l’ ‘ambasciatore’ Carlos Vecchio all’insediamento di Joe Biden.

Il presunto invito non è stato confermato dai portavoce “ufficiali” del governo fake, né dall’ormai estinta Assemblea Nazionale (AN) che dava presunto spazio politico a Guaidó, ma vari media e giornalisti che hanno aiutato la dirigenza artificiale dell’ormai ex deputato, hanno riferito che detto invito è un fatto e che implica la “continuità” dell’amministrazione Biden nella strategia promossa da Trump contro il Venezuela.

La posizione del partito democratico contro il Venezuela

Al verificarsi l’assistenza di Carlos Vecchio all’insediamento di Biden, sarebbe chiaramente coerente con la traiettoria che hanno avuto i dirigenti democratici, soprattutto nel Congresso USA, riguardo al riconoscimento del governo fake in Venezuela.

In effetti, all’inizio del 2019, i democratici nel Congresso hanno avallato il riconoscimento di Guaidó ed hanno anche sostenuto le misure coercitive ed unilaterali che Washington ha promosso per, mediante la “massima pressione”, smantellare il chavismo e le istituzioni venezuelane.

Nel quadro della diatriba politica USA e nel preludio delle elezioni presidenziali, alcuni democratici al Congresso hanno indicato la strategia di Trump dichiarandola fallita. Il periplo politico venezuelano, segnato dalla continuità del chavismo al potere ed, allo stesso tempo, dall’esaurimento dello stesso governo fake e dei suoi promotori nel conseguire i loro obiettivi, avrebbero propiziato che i democratici si smarcassero.

In questo modo, si potrebbe considerare la possibilità che alcuni scostamenti nel discorso dei democratici riguardo la politica di Trump potrebbero considerarsi congiunturali, strumentali e appropriati per mettere in discussione l’ “efficacia” della sua politica estera. Solo questo e nient’altro.

Per i democratici, non c’è un cambio fondamentale di posizione rispetto al quadro di aggressioni contro il Venezuela.

In effetti, potrebbe considerarsi l’ultimo governo democratico, quello di Barack Obama, come uno dei più aggressivi e diligenti nell’applicazione delle cosiddette “sanzioni” come meccanismo per “torcere il braccio” di governi di tutto il mondo; essendo autori di misure di questo tipo contro paesi come Russia, Siria e Cina. In effetti, il quadro legale fondamentale che, in modo spurio al diritto internazionale, è stato sollevato per legittimare le misure contro il Venezuela, ha come autore l’amministrazione Obama con il sostegno bipartisan, alla fine del 2014 e nel 2015, mediante la dichiarazione del Venezuela come una “minaccia insolita e straordinaria alla sicurezza” USA.

È essenziale aggiungere che il nuovo Segretario di Stato, Antony Blinken, così come il Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Jacob Sullivan, hanno difeso, in diverse occasioni in passato, l’utilità del regime di misure coercitive contro il Venezuela, il che vuol dire che la logica dei democratici al governo non si distanzia dalle azioni dei loro predecessori, al valutare positivamente azioni del potere blando e l’esecuzione della guerra con altri mezzi non convenzionali.

Inoltre, il senatore democratico Dick Durbin ha incontrato Tony Blinken. Durante la riunione hanno discusso “il sostegno al presidente ad interim venezuelano Juan Guaidó e la democrazia in Venezuela”, ha riferito lo stesso senatore.

Tony Blinken è un operatore che conosce molto bene l’assedio del Venezuela. Alla fine di novembre 2014, fungeva da consigliere di Obama e candidato a vice segretario di stato ed ha dichiarato, di fronte al Senato, che avrebbe lavorato con entrambe le camere allo sviluppo di misure coercitive contro il Venezuela che, all’epoca, erano incipienti e dirette contro i funzionari venezuelani.

Questi antecedenti indicano che il quadro d’assedio al Venezuela si articola su un’impalcatura intelligente e strutturata, che è in essenza l’apparato di potere USA, di cui l’amministrazione Trump è stato un episodio con operatori circostanziali.

Elliot Abrams, consultato da Andrés Oppenheimer sulle possibilità che Biden appoggi Guaidó, ha commentato che “sì, penso di sì”, ha detto Abrams a Oppenheimer. “Non credo che vedremo grandi cambiamenti nella politica (degli USA verso il Venezuela). E credo che capiscano che il volto dell’opposizione, il dirigente dell’opposizione, è Juan Guaidó”.

Abrams ha sottolineato che c’è un significativo sostegno bipartisan a Guaidó nel Congresso USA. Ciò include democratici come il senatore Bob Menendez, un importante operatore contro il Venezuela, che si apetta sia nominato presidente del Comitato per le Relazioni Estere del Senato, dopo il 20 gennaio. Abrams ha detto che Menendez è stato “un grande sostenitore della nostra politica verso il Venezuela”, ed ha aggiunto che “il presidente eletto Biden ha detto che il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, è un dittatore”.

Riconoscimento, ma con cambio di strategia

Se si consolida, come è molto probabile, un riconoscimento di Biden a Guaidó, è anche molto probabile che questo venga con condizioni e tonalità diverse da come lo avrebbe fatto l’amministrazione Trump. Queste distinzioni potrebbero venire mediante l’applicazione di un’altra strategia di Washington contro Caracas.

Le ultime dichiarazioni di Abrams, secondo Oppenheimer, suggeriscono che Biden cercherebbe sostegno nell’Unione Europea e tra i paesi che hanno sostenuto il governo parallelo, per “fare pressione” sul Venezuela per “elezioni libere”.

A quanto pare, le possibilità di un tale cambio di strategia implichino desistere dal produrre in Venezuela una “cessazione dell’usurpazione” e formulare un “governo di transizione”, che erano, in effetti, gli obiettivi essenziali nella costruzione del governo fake. Le elezioni in Venezuela, con il chavismo al potere, tolgono totale senso al governo parallelo che si era creato.

Pertanto, il riconoscimento di Guaidó manterrebbe le caratteristiche di essere una formalità politica, nel frattempo, gli sforzi del governo Biden potrebbero persino portare alla possibilità di stabilire un dialogo con Miraflores per indirizzare la rotta di marcia di pressioni e anche per provare a sbloccare il quadro con una presunta soluzione elettorale.

Il presidente eletto USA ha più volte chiarito che la pressione sul legittimo Governo del Venezuela continuerà, ma non è ancora chiaro quanto sarà incondizionato l’aiuto che offrirà ad un’opposizione venezuelana frammentata, immersa in accuse di corruzione e più. vicino al presidente uscente.

La frattura dei consensi sulla continuità di un sostegno frontale al governo fake di Guaidó, apprezzabile in diversi paesi, così come la fine del periodo parlamentare che, ipoteticamente, lo avrebbe sostenuto sono elementi inoccultabili che, sicuramente, saranno presi in considerazione dal nuovo governo USA.

Rimangono anche in discussione i livelli di fiducia che l’amministrazione Biden potrebbe avere nel “presidente ad interim” e nei suoi accoliti dentro e fuori il Venezuela, una volta registrato l’erratico periplo di colpi di stato falliti ed attacchi frustrati accumulati nel suo dossier.

Da qui che, le possibilità di un allontanamento, non in pubblico, ma dietro le quinte, del governo Biden e dell’opposizione venezuelana, sono anche alte, comprendendo che c’è un’inutilità di fatto di Guaidó di operare nel quadro interno venezuelano, e che al di fuori del paese, tutto ciò che ha “ottenuto” è avvenuto solo per il favore USA.

Ciò riafferma le possibilità che l’opposizione venezuelana, allineata con Guaidó e lo stesso Guaidó, assumano una posizione delegata, in un secondo ordine nella tabella di marcia di possibili distensioni tra Caracas e Washington, aprendosi con ciò le possibilità di canali di dialogo indiretto tra Maduro e Biden, senza grossi ostacoli e senza forme da mantenere, come quelle della “cessazione dell’usurpazione” e “governo di transizione”.

A meno che Biden oltrepassi le linee rosse che Trump non ha attraversato nell’uso della forza, dovrà necessariamente assumere il Presidente Nicolás Maduro come responsabile del potere in Venezuela e non pretendere il suo disconoscimento, come hanno fatto i falchi del governo Trump che hanno promosso Guaidó cercando di tele-dirigere il Venezuela e puntando solo sulla caduta del Governo chavista per pressioni e blocco.


EL APOYO DE BIDEN A GUAIDÓ VENDRÍA CON UN CAMBIO DE ESTRATEGIA CONTRA CARACAS

Acorde a diversos medios, que señalan según “fuentes” vinculadas al pretendido gobierno paralelo en Venezuela liderado por Juan Guaidó, la entrante administración del nuevo gobierno estadounidense habría invitado al “embajador” Carlos Vecchio a la toma de posesión de Joe Biden.

La presunta invitación no ha sido confirmada por vocerías “oficiales” del gobierno fake, como tampoco por la hoy extinta Asamblea Nacional (AN) que daba supuesto piso político a Guaidó, pero diversos medios y periodistas que han aupado el liderazgo artificial del ahora ex diputado, han referido que dicha invitación es un hecho y que implica la “continuidad” de la Administración Biden de la estrategia impulsada por Trump contra Venezuela.

La posición del partido demócrata frente a Venezuela

De efectuarse la asistencia de Carlos Vecchio a la toma de posesión de Biden, guardaría clara congruencia con la trayectoria que han tenido los líderes demócratas, especialmente en el Congreso estadounidense, al respecto del reconocimiento del gobierno fake en Venezuela.

En efecto, a inicios de 2019 los demócratas en el Congreso avalaron el reconocimiento de Guaidó y han sostenido igualmente un respaldo a las medidas coercitivas y unilaterales que Washington ha impulsado para, mediante la “máxima presión”, desmantelar al chavismo y a las instituciones venezolanas.

En el marco de la diatriba política estadounidense y en el preludio de las elecciones presidenciales, algunos demócratas en el Congreso apuntaron a la estrategia de Trump declarándola como fallida. El periplo político venezolano, signado por la continuidad del chavismo en el poder e igualmente por el agotamiento del propio gobierno fake y sus promotores en conseguir sus objetivos, habrían propiciado que los demócratas se desmarcaran.

De esta manera, podría considerarse la posibilidad de que algunos alejamientos en el discurso de los demócratas al respecto de la política de Trump, podrían considerarse coyunturales, instrumentales y apropiados para cuestionar la “efectividad” de su política exterior. Solo eso y nada más.

Para los demócratas, no hay un cambio medular de posición con respecto al cuadro de agresiones contra Venezuela.

De hecho, podría considerarse al último gobierno demócrata, el de Barack Obama, como uno de los más agresivos y diligentes en la aplicación de las llamadas “sanciones” como mecanismo para “torcer el brazo” de gobiernos en todo el mundo, siendo autores de medidas de este tipo contra países como Rusia, Siria y China. En efecto, el marco legal fundamental que de manera espuria al derecho internacional fue levantado para legitimar medidas contra Venezuela, tiene autoría en el gobierno de Obama con apoyo bipartidista a finales del año 2014 y en el 2015, mediante la declaración de Venezuela como una “amenaza inusual y extraordinaria a la seguridad” de Estados Unidos.

Es indispensable agregar que el nuevo secretario de Estado, Antony Blinken, como el consejero de Seguridad Nacional, Jacob Sullivan, han defendido en varias ocasiones en el pasado la utilidad del régimen de medidas coercitivas contra Venezuela, lo que quiere decir que la lógica de los demócratas en el gobierno no se distancia de las acciones de sus predecesores, al valorar positivamente acciones de poder blando y la ejecución de la guerra por otros medios no convencionales.

Adicionalmente el senador demócrata Dick Durbin se reunió con Tony Blinken. En el encuentro discutieron “el apoyo al presidente interino venezolano Juan Guaidó y la democracia en Venezuela”, informó el propio senador.

Tony Blinken es un operador sumamente familiarizado con el asedio a Venezuela. A finales de noviembre de 2014 fungía como asesor de Obama y candidato a sub secretario de Estado y declaró ante el Senado que trabajaría con ambas cámaras en el desarrollo de medidas coercitivas contra Venezuela, que eran incipientes y dirigidas contra funcionarios venezolanos en aquel momento.

Estos antecedentes indican que el cuadro de asedio a Venezuela está articulado sobre un andamiaje inteligente y estructurado, que es en esencia el aparato de poder estadounidense, del cual la Administración Trump fue un episodio con operadores circunstanciales.

Elliot Abrams, consultado por Andrés Oppenheimer sobre las posibilidades de que Biden apoye a Guaidó, comentó que “sí, creo que sí”, le dijo Abrams a Oppenheimer. “No creo que veamos grandes cambios en la política (de Estados Unidos hacia Venezuela). Y creo que entienden que la cara de la oposición, el líder de la oposición, es Juan Guaidó”.

Destacó Abrams que hay un apoyo bipartidista significativo para Guaidó en el Congreso de Estados Unidos. Eso incluye a demócratas como el senador Bob Menendez, un sobresaliente operador contra Venezuela, que se espera sea nombrado presidente del Comité de Relaciones Exteriores del Senado después del 20 de enero. Abrams dijo que Menéndez ha sido “un gran partidario de nuestra política hacia Venezuela,” y agregó que “el presidente electo Biden ha dicho que (el presidente de Venezuela, Nicolás Maduro, es un dictador”.

Reconocimiento, pero con cambio de estrategia

De consolidarse, como es muy probable, un reconocimiento de Biden a Guaidó, también es muy probable que este venga con condiciones y tonalidades distintas a como lo hiciera la Administración Trump. Estas distinciones podrían venir mediante la aplicación de otra estrategia de Washington frente a Caracas.

Las últimas declaraciones de Abrams según Oppenheimer apuntan a que Biden buscaría apoyo en la Unión Europea y entre los países que apoyaron al gobierno paralelo, para “presionar” a Venezuela por “elecciones libres”.

Al parecer, las posibilidades de dicho cambio de estrategia impliquen desistir de producir en Venezuela un “cese de la usurpación” y formular un “gobierno de transición”, que eran en efecto los objetivos esenciales en la construcción del gobierno fake. Unas elecciones en Venezuela con el chavismo en el poder, quitan total sentido al gobierno paralelo que se había creado.

Por lo tanto, el reconocimiento a Guaidó guardaría las características de ser una formalidad política, entretanto, las gestiones del gobierno de Biden podrían ir incluso a la posibilidad de establecer una interlocución con Miraflores para, encaminar la hoja de ruta de presiones y también para intentar destrabar el cuadro desde una pretendida solución electoral.

El presidente electo de Estados Unidos, ha aclarado en varias ocasiones que seguirá la presión hacia el Gobierno legítimo de Venezuela, pero todavía no está claro qué tan incondicional será la ayuda que le ofrecerá a una oposición venezolana fragmentada, inmersa en acusaciones de corrupción y más cercana al mandatario saliente.

La fractura de los consensos a la continuidad de un apoyo frontal al gobierno fake de Guaidó, que han sido apreciables en varios países, tanto como el fin del periodo parlamentario que supuestamente lo sostenía, son elementos inocultables que seguramente serán considerados por el nuevo gobierno estadounidense.

Siguen también en entredicho los niveles de confianza que la Administración Biden pudiera tener sobre el “presidente interino” y sus acólitos dentro y fuera de Venezuela, una vez registrado el errático periplo de golpes fallidos y arremetidas frustradas que acumularon en su prontuario.

De ahí que, las posibilidades de un distanciamiento, no en lo público, pero si tras bastidores, del gobierno de Biden y la oposición venezolana, son también altas, entendiendo que hay una inutilidad de hecho de Guaidó para operar en el cuadro interno venezolano, y que puertas fuera del país, todo lo que ha “logrado” ocurrió solo por el favor estadounidense.

Esto reafirma las posibilidades de que la oposición venezolana alineada a Guaidó y el propio Guaidó, asuman una posición delegada, en un segundo orden en la hoja de ruta de posibles distenciones entre Caracas y Washington, abriéndose con ello las posibilidades de canales de dialogo indirecto entre Maduro y Biden, sin mayores obstáculos y sin formas que guardar, como las del “cese de la usurpación” y “gobierno de transición”.

A menos que Biden cruce las líneas rojas que no cruzó Trump en el uso de la fuerza, necesariamente tendrá que asumir al Presidente Nicolás Maduro como el responsable del poder en Venezuela y no pretender su desconocimiento, tal como hicieron los halcones del gobierno de Trump, quienes promovieron a Guaidó intentando teledirigir a Venezuela y solo apostando a la caída del gobierno chavista por presiones y bloqueo.

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