Dopo 20 anni nello stesso labirinto

L’OPPOSIZIONE NON VUOLE RICORDARE QUESTO ANTECEDENTE DEGLI ACCORDI DI BARBADOS

misionverdad.com

Martedì 17 ottobre, il governo venezuelano e la Piattaforma Unitaria Democratica si sono incontrati nella città di Bridgetown, Barbados, per continuare il processo di dialogo, in pausa da più di un anno, dopo aver raggiunto un accordo parziale su diversi temi economici, finanziari e sociali.

Con gli accordi raggiunti nell’isola caraibica si apre una nuova strada attraverso la quale le parti continueranno il loro tentativo di conciliazione in relazione ad altre misure che cercano “una democrazia inclusiva e una cultura di tolleranza e convivenza politica”, nonché il rispetto dei diritti umani. vista la necessità che siano revocate le sanzioni USA contro il Venezuela.

Le differenze tra il tavolo riunito nel 2022, a Città del Messico, e l’evento più recente non riguardano solo il luogo dell’incontro bensì i contesti e i risultati.

CONTESTO: STABILITÀ INTERNA NEL MEZZO DI UNA CONVULSIONE GLOBALE

 

Rispetto al 2022, l’accordo raggiunto alle Barbados avviene in diverse condizioni nazionali e internazionali:

1 – Ripresa economica. L’economia venezuelana sta vivendo una ricomposizione sostenuta che ha generato aspettative positive tra analisti, industriali ed imprenditori. Questi, tra l’altro, si sono pronunciati contro le sanzioni richieste dall’opposizione. Allo stesso tempo, il ruolo dello Stato in questa ripresa è diventato trainante grazie ad alcune politiche di stimolo commerciale e alla ripresa dell’attività petrolifera.

2 – Stabilità istituzionale. La politica nazionale attraversa una certa stabilità evidenziata nell’attività dell’Assemblea Nazionale. Sia l’approvazione di leggi e accordi, sia la nomina di nuovi rettori del Consiglio Elettorale Nazionale, sono confluiti nel dibattito politico e nella formazione permanente del tessuto sociale e istituzionale.

3 – Frattura dell’opposizione. Riguardo al “percorso elettorale”, i dirigenti delle opposizioni venezuelane hanno accentuato i loro profondi disaccordi anche nel modo in cui si relazionano con il governo nazionale, fatto reso più evidente sia dal ritiro della precandidatura di Henrique Capriles Radonski nonché dalle dichiarazioni e dimissioni dei collegi elettorali e dei membri della Commissione Nazionale della Primaria. Un fattore di disturbo è stata la posizione di María Corina Machado, che presenta le primarie come l’atto di unzione o incoronazione della sua dirigenza unica delle opposizioni in mezzo all’ovviamente ampio e diversificato spettro politico che le compongono, almeno dal 2019.

4 – La crisi energetica USA. Gli USA stanno sperimentando una crisi sistemica che si esprime in indicatori quali la crescente inflazione, l’aumento dei prezzi del petrolio, la diminuzione delle riserve strategiche di greggio e l’aumento degli interessi sul denaro stampato da parte della Federal Reserve. Ciò che accomuna Washington e i suoi alleati a Caracas è la necessità di garantire la produzione di petrolio vicino e accessibile, dato che dovranno alleviare le conseguenze generate dalle restrizioni all’importazione dell’energia russa e gli attacchi del mercato internazionale del settore.

ACCORDI: ELEZIONI E SOVRANITÀ

 

Alla luce dei risultati parziali, concretizzati negli accordi raggiunti, emerge che quanto concordato nel 2022 toccava aspetti più legati alle questioni sociali mentre ora si affrontano principalmente questioni politiche. Gli accordi delle Barbados prevedono, tra le altre garanzie elettorali, “l’autorizzazione di tutti i candidati presidenziali, purché soddisfino i requisiti stabiliti dalla legge”, recita il documento.

Altri aspetti sottoscritti nel paese caraibico mirano a garantire l’osservazione internazionale delle elezioni, la definizione di un calendario elettorale, la promozione di audit del processo e l’aggiornamento del registro elettorale in vista dell’inclusione dei venezuelani residenti all’estero.

I documenti si riferiscono alla promozione dei diritti politici e delle garanzie elettorali e alla tutela degli interessi vitali della nazione. È ovvio che ci sono settori delle opposizioni che non si vedono rappresentati in questi sforzi: uno è quello guidato da Machado, che ha insistito sul voto manuale come fondamento del sistema elettorale. Il resto degli accordi è una conferma del funzionamento ordinario del sistema elettorale venezuelano.

Forse una novità alle Barbados è stata il coinvolgimento diretto degli USA nei meccanismi di dialogo. Anche la centralità più aperta ed espressa dei suoi interessi energetici – dopo il rilascio delle licenze per la produzione e la commercializzazione del petrolio e del gas venezuelano – che è stata firmata dalla Piattaforma Unitaria Democratica, voce di un settore delle opposizioni al tavolo.

Nella sua apparizione davanti ai media, il capo della delegazione del governo nazionale, il deputato Jorge Rodríguez, ha letto il secondo accordo parziale, relativo agli interessi nazionali, che per errore non è stato letto durante l’atto centrale.

I rappresentanti dei due settori politici hanno ratificato “i diritti storici e inalienabili” del Venezuela sull’Essequibo e hanno difeso la validità dell’Accordo di Ginevra del 1966, come unico strumento valido “per raggiungere un accordo pratico e reciprocamente soddisfacente” riguardo alla disputa territoriale. che contrappone Caracas e Georgetown. Respingono le azioni unilaterali della Guyana relative alla concessione di licenze di sfruttamento petrolifero in acque non delimitate, e incluso in alcuni segmenti si afferma che appartengono chiaramente al Venezuela, poiché sono il prolungamento naturale del territorio continentale, così storicamente delimitato.

I settori politici si sono impegnati a difendere sia la raffineria Citgo Petroleum, filiale di Petróleos de Venezuela, S.A. negli USA, così come il resto dei beni venezuelani confiscati all’estero.

2003-2023: L’OPPOSIZIONE TORNA ALLO STESSO PUNTO

 

Nei vari processi di dialogo, attraversati da diverse sfaccettature, consensi e divergenze, la dirigenza dell’opposizione di turno si è sempre ritirata e non ha mantenuto le promesse e gli accordi sottoscritti. Ogni volta ha privilegiato la violenza a scapito della dimensione elettorale, per affidarsi infine alle leggi. È il suo continuo divenire da 20 anni.

Nel maggio 2003, dopo il colpo di stato e lo sciopero petrolifero, governo e opposizione hanno stabilito i termini di un accordo (in 19 punti) per indire un referendum revocatorio sul mandato dell’allora presidente Hugo Chávez, dopo uno scontro che ha fatto precipitare il paese in una violenta crisi politica.

L’accordo ha posto fine al tavolo delle trattative che, prima dello sciopero petrolifero, era guidato da César Gaviria, allora segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA). Il colombiano ha avuto il sostegno del Centro Carter, del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) e del Gruppo dei Paesi amici composto da Brasile, Cile, Spagna, USA, Messico e Portogallo.

Nel documento finale si specificavano i passi che l’opposizione avrebbe dovuto seguire per indire un referendum revocatorio, previsto dalla Costituzione, sul mandato di Chávez dopo il 19 agosto di quell’anno, quando si completava la metà del suo mandato presidenziale.

Comprendeva anche l’impegno di entrambe le parti a condannare la violenza, a mantenere il clima di rispetto tra le parti e al disarmo della popolazione civile.

Alla fine, dopo tentativi di colpo di stato, violenza politica nelle strade, sabotaggio dell’economia e dei servizi pubblici, l’opposizione ha fallito nei suoi piani destituenti nel 2003 e ha finito per accettare che in Venezuela ci fosse una Costituzione e leggi da rispettare. Lo stesso che nel 2023, in contesti diversi.

Sono 20 anni che cercano di imporre la loro narrativa sulla mancanza di garanzie elettorali in Venezuela. Gli stessi anni che li hanno divisi di fronte a qualsiasi accordo con il governo e senza un’offerta politica chiara al Paese. Non sembra un punto di partenza o di arrivo, piuttosto è un meccanismo di sopravvivenza.


TRAS 20 AÑOS EN EL MISMO LABERINTO

LA OPOSICIÓN NO QUIERE RECORDAR ESTE ANTECEDENTE DE LOS ACUERDOS DE BARBADOS

 

El martes 17 de octubre el gobierno venezolano y la Plataforma Unitaria Democrática se reunieron en la ciudad de Bridgetown, Barbados, para dar continuidad al proceso de diálogo que estuvo en pausa por más de un año, tras haber llegado a una concertación parcial en distintos temas económicos, financieros y sociales.

Con los acuerdos alcanzados en la isla caribeña se abre una nueva ruta por donde las partes continuarán su intento de conciliar con relación a otras medidas que buscan “una democracia inclusiva y una cultura de tolerancia y convivencia política”, así como el respeto de los derechos humanos, bajo la necesidad de que sean levantadas las sanciones estadounidenses contra Venezuela.

Las diferencias entre la mesa reunida en 2022 en la Ciudad de México y el evento más reciente no solo tienen que ver con el sitio de encuentro sino con los contextos y resultados.

CONTEXTO: ESTABILIDAD INTERNA EN MEDIO DE UNA CONVULSIÓN GLOBAL

Con respecto a 2022, el acuerdo alcanzado en Barbados ocurre en distintas condiciones nacionales e internacionales:

Recuperación económica. La economía venezolana experimenta una recomposición sostenida que ha generado expectativas positivas en analistas, industriales y empresarios. Estos, por cierto, han declarado contra las sanciones solicitadas por la oposición. A su vez, el papel del Estado en dicha recuperación se ha hecho protagónico debido a algunas políticas de estímulo comercial y el repunte de la actividad petrolera.

Estabilidad institucional. La política nacional atraviesa cierta estabilidad evidenciada en la actividad de la Asamblea Nacional. Tanto la aprobación de leyes y acuerdos, como la designación de nuevos rectores del Consejo Nacional Electoral, han fluido en el debate político y en la permanente conformación del tejido social e institucional.

Fractura opositora. En cuanto a la “ruta electoral”, los liderazgos de las oposiciones venezolanas han acentuado sus profundos desacuerdos hasta en el modo en cómo se relacionan con el gobierno nacional, hecho que se ha tornado más evidente tanto por el retiro de la precandidatura de Henrique Capriles Radonski como por los pronunciamientos y renuncias de las juntas electorales y miembros de la Comisión Nacional de Primaria. Un factor perturbador ha sido la posición de María Corina Machado, quien presenta las primarias como el acto de unción o coronación de su liderazgo único de las oposiciones en medio del obviamente diverso y amplio espectro político que componen, al menos desde 2019.

La crisis energética estadounidense. Estados Unidos experimenta una crisis sistémica que se expresa en indicadores como la inflación creciente, el incremento en los precios del petróleo, la disminución de las reservas estratégicas de crudo y el aumento de los intereses al dinero impreso de la Reserva Federal. Lo que relaciona a Washington y sus aliados con Caracas es la necesidad de asegurar la producción de petróleo cercano y accesible, dado que tendrán que paliar las consecuencias que han generado las restricciones de importación de la energía rusa y los embates del mercado internacional en el sector.

ACUERDOS: ELECCIONES Y SOBERANÍA

A la luz de los resultados parciales, materializados en los acuerdos alcanzados, destaca que lo consensuado en 2022 tocaba aspectos más referidos a lo social mientras que ahora principalmente se está abordando la materia política. Los acuerdos de Barbados incluyen, entre otras garantías electorales, “la autorización de todos los candidatos presidenciales, siempre y cuando cumplan con los requisitos establecidos por la ley”, reza el documento.

Otros aspectos suscritos en el país caribeño buscan garantizar la observación internacional de los comicios, la definición de un cronograma electoral, la promoción de auditorías para el proceso y la actualización del registro electoral con vistas a incluir a los venezolanos residentes en el exterior.

Los documentos hacen referencia a la promoción de derechos políticos y garantías electorales, y a la protección de intereses vitales de la nación. Es obvio que hay sectores de las oposiciones que no se ven representados en dichos esfuerzos: uno es el encabezado por Machado, quien ha insistido en el voto manual como fundamento del sistema electoral. El resto de los acuerdos es una confirmación del funcionamiento ordinario del sistema electoral venezolano.

Quizás una novedad en Barbados ha sido la implicación directa de Estados Unidos en los mecanismos de diálogo. También la centralidad más abierta y expresa de sus intereses energéticos —tras la emisión de licencias para la producción y comercialización del petróleo y el gas venezolanos—, lo que ha firmado la Plataforma Unitaria Democrática, voz de un sector de las oposiciones en la mesa.

En su comparecencia ante los medios, el jefe de la delegación del gobierno nacional, diputado Jorge Rodríguez, leyó el segundo acuerdo parcial, relativo a los intereses nacionales, que por error no fue leído durante el acto central.

Los representantes de los dos sectores políticos ratificaron “los derechos históricos e inalienables” de Venezuela sobre el Esequibo y defender la vigencia del Acuerdo de Ginebra de 1966, en tanto único instrumento válido “para alcanzar un acuerdo práctico y mutuamente satisfactorio” respecto al diferendo territorial que contrapone a Caracas y Georgetown. Rechazan las acciones unilaterales de Guyana relacionadas con el otorgamiento de licencias de explotación petrolífera en aguas no delimitadas, e incluso en algunos segmentos se afirma que claramente pertenecen a Venezuela, pues son la extensión natural del territorio continental, demarcacada así históricamente.

Los sectores políticos se comprometen a defender tanto a la refinadora Citgo Petroleum, filial de Petróleos de Venezuela, S.A. en Estados Unidos, como al resto de activos venezolanos confiscados en el extranjero.

2003-2023: LA OPOSICIÓN VUELVE AL MISMO PUNTO

A lo largo de los varios procesos de diálogo, atravesados por distintas facetas, consensos y divergencias, la dirigencia opositora de turno siempre se ha retirado y ha incumplido sus promesas y acuerdos firmados. Cada vez ha favorecido la violencia en detrimento de la dimensión electoral, para finalmente acogerse a las leyes. Es su continuo devenir desde hace 20 años.

En mayo de 2003, luego del golpe de Estado y del paro petrolero, el gobierno y la oposición fijaron los términos de un acuerdo (con 19 puntos) para realizar un referéndum revocatorio sobre el mandato del entonces presidente Hugo Chávez, luego de un enfrentamiento que sumió al país en una violenta crisis política.

El acuerdo puso fin a la mesa de negociación que, desde antes del paro petrolero, guió César Gaviria, entonces secretario general de la Organización de Estados Americanos (OEA). El colombiano contó con el respaldo del Centro Carter, el Programa de las Naciones Unidas para el Desarrollo (PNUD) y el Grupo de Países Amigos conformado por Brasil, Chile, España, Estados Unidos, México y Portugal.

En el documento final se especificaron los pasos a seguir por la oposición para convocar un referendo revocatorio, contemplado en la Constitución, sobre el mandato de Chávez después del 19 de agosto de ese año, cuando se cumplía la mitad de su periodo presidencial.

También incluyó el compromiso de ambos bandos de condenar la violencia, conservar el clima de respeto entre las partes y el desarme de la población civil.

Finalmente, luego de intentos de golpe de Estado, violencia política en las calles, sabotaje a la economía y a los servicios públicos, la oposición fracasó en sus planes destituyentes en 2003 y terminó aceptando que en Venezuela hay una Constitución y unas leyes a respetar. Lo mismo que en 2023, en contextos distintos.

Son 20 años procurando imponer su narrativa sobre la falta de garantías electorales en Venezuela. Los mismos años que tienen divididos ante cualquier acuerdo con el gobierno y sin una oferta política clara al país. No parece un punto de partida ni llegada, más bien se trata de un mecanismo de supervivencia.

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