Il vice segretario per l’America Latina e i Caraibi della Segreteria delle Relazioni Estere del Messico, Maximiliano Reyes, ha denunciato l’arrivo di altre pattuglie e veicoli militari attorno alla residenza del Messico a La Paz, in Bolivia.
In Bolivia, il governo di fatto giunto al potere con un colpo di Stato, ha sguainato le sciabole con l’appoggio di una Polizia e di Forze Armate che si erano nascoste nelle caserme quando è avvenuto l’attacco della destra contro il presidente Evo Morales
Alla domanda se fosse ancora possibile cambiare la Bolivia, il presidente in esilio Evo Morales, intervistato da Rafael Correa per RT, ha risposto: “Sì, ma bisogna avere i media dalla propria parte”. Come dargli torto? I suoi governi hanno cambiato il volto del paese, uno dei più poveri dell’America Latina, risollevandolo dal baratro in cui era precipitato negli anni di neoliberismo.
Donald Trump proclama in un tweet il suo sostegno a Jeanine Añez, augusta servitrice dell’imperialismo in Bolivia. La fino a poco tempo fa sconosciuta senatrice, oggi siede nel vetusto Palazzo Quemado grazie ad un colpo di stato da Washington con il sostegno del capo dell’esercito boliviano. Secondo Trump, l’autoproclamata “lavora per assicurare una transizione democratica e pacifica attraverso elezioni libere”. E chiude il suo messaggio con l’olimpica affermazione: gli USA sono con i popoli della regione per la pace e la democrazia!
Con il via libera della Casa Bianca, che non fa che assicurare il rapido e buon trasferimento della sua strategia politico-militare verso il territorio boliviano, il governo de facto di Jeanine Añez si prepara con tutto per rispondere con il ricorso sproporzionato della forza repressiva per i più minimi movimenti di resistenza popolare che si danno in quel paese sudamericano, in particolare nei nuclei contadini indigeni leali a Evo Morales, che è stato sloggiato dal potere mediante un colpo di stato il 10 novembre.
Mentre dalla Bolivia l’autoproclamata presidentessa Jeanine Áñez lo minaccia con un ordine di detenzione, l’ex mandatario Evo Morales, vittima di un colpe di Stato, tesse oggi dall’ Argentina la campagna del suo partito per le elezioni.
Il leader socialista boliviano Evo Morales affermava che il suo “peccato” fu nazionalizzare le risorse naturali e distribuire ricchezza.
Durante la prima conferenza stampa dopo l’arrivo in Argentina, il presidente deposto della Bolivia Evo Morales analizzava le circostanze del colpo di Stato e ricordava i risultati della sua presidenza, dal 22 gennaio 2006 al 10 novembre 2019.
Nel 1954, il presidente guatemalteco Jacobo Árbenz camminò nel mezzo di una folla, composta da mercenari, impiegati di aziende colpite dalle sue misure economiche e membri del nuovo regime che lo aveva rovesciato, come trafficanti di droga di Portorico, galeotti della Colombia, e persino il barista di un bordello a Tegucigalpa, Honduras.
Il 30 aprile 2008, alle 21:50 p.m., Fidel firmava, con il titolo «Una prova del fuoco», le Riflessioni che portavano in sé una premonizione relazionata al possibile futuro della Bolivia, purtroppo verificata in questi giorni.
Bolivia e Venezuela: popolo disarmato, popolo armato
Il Fronte Popolare nella Repubblica spagnola e l’Unità Popolare in Cile hanno optato per la via elettorale e vi hanno vinto. Ma entrambi i processi sono stati annientati da golpe fascisti.
Come è appena successo in Bolivia. In pieno boom economico, eletto con il 47% dei voti, il presidente è andato in esilio per cercare di evitare -senza successo- la mattanza dei suoi seguaci.
Dittatura, censura e furto elettorale in Bolivia: le chiavi di un altro golpe mediatico
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformacion
Il furto della vittoria elettorale ottenuta dal Movimento al Socialismo (MAS) e la dittatura imposta in Bolivia non sarebbero stati possibile senza i media internazionali (1).
Che, come il quotidiano spagnolo El País, convertono un golpe militare in una “crisi politica” (2). Che, come l’agenzia AP, qualificano Evo Morales, minacciato e perseguitato (3), come “ex presidente auto-esiliato” (4). O che, come la rivista Forbes, dedicano copertine ad esaltare una presidentessa golpista che ci racconta “come si è pacificata la Bolivia” (5).
Il New York Timesdel 9 dicembre, in un pesante editoriale, stigmatizza con fermezza il colpo di Stato avvenuto recentemente in Bolivia, che rischia di precipitare i Paese nelle tenebre di una dittatura sudamericana in stile anni ’70.
Il neonazista boliviano Luis Camacho ha subito una dura contestazione nella città di New York, dove dopo aver discusso tranquillamente di democrazia con il Segretario Generale dell’OSA, l’ineffabile Luis Almagro, era stato invitato a un dibattito dal think thank Inter-American.