I tre paesi con il minor numero di morti per Covid-19 in America Latina non fanno notizia
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformacion
Sapete quali sono i tre paesi con il minor numero relativo di morti per Covid-19 in America Latina? I dati sono forniti dall’Institute for Health Metrics and Evaluation degli USA e, curiosamente, non è titolo di stampa (1). Sapete perché? Perché sono Nicaragua, Cuba e Venezuela (2). Paesi soggetti a sanzioni o blocchi da parte USA e con politiche sanitarie a orientamento pubblico.
Presentiamo un lungo articolo che fotografa lo “Stato dell’arte” in Colombia, una delle situazioni più complicate dal punto di vista geopolitico latinoamericano. L’analisi è di uno dei maggiori studiosi del tema
L’assalto delle ultime settimane contro il cosiddetto “asse del male” – come il governo USA e i suoi accoliti della destra regionale hanno nominato Cuba, Venezuela e Nicaragua – ha raggiunto proporzioni inimmaginabili, anche se forse a questo punto nulla dovrebbe più sorprenderci.
Il 6 aprile 1984, un gruppo di uomini travestiti da poliziotti arrivò a casa di Milcíades Contento nella città di Viotá, in Colombia. Contento era un contadino, comunista e membro dell’Unione Patriottica (UP), nuovo partito politico nato nel 1985 durante i negoziati di pace tra il presidente conservatore Belisario Betancur e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC). Gli uomini presero Contento, lo legarono e lo portarono via. Il giorno dopo il suo corpo fu ritrovato in un villaggio vicino. L’assassinio di Milcíades Contento segnò l’inizio di una campagna di sterminio che durò due decenni.
Con Fernando Buen Abad, filosofo messicano esperto in semiotica militante e analista politico internazionale, abbiamo discusso delle elezioni in Messico, in Perù e delle proteste che annunciano, nel continente, una nuova ondata di ripudio del modello capitalista.
La Colombia è l’inferno sognato per Venezuela e Cuba, dove si reprime selvaggiamente la cittadinanza che protesta: sono già circa 50 morti per repressione e 500 dispersi nelle ultime settimane.
L’inferno dove, l’anno scorso, sono stati assassinati 200 dirigenti sociali (sindacali, ambientalisti, indigeni e firmatari dell’accordo di pace).
In Colombia, in meno di un mese, si sono registrate 165 violazioni della libertà di stampa: 59 aggressioni, 31 minacce e 6 detenzioni illegali, oltre a decine di vessazioni e impedimenti all’attività giornalistica.
L’attualità dell’America latina mette in primo piano le elezioni di domenica 6 giugno in Messico e in Perù, mentre continuano le proteste in Colombia, a cui il governo Duque risponde con massacri silenziati dai media occidentali.
Gli organismi sui Diritti Umani allertano sull’uso indebito della forza da parte della polizia durante le mobilitazioni, che ha fatto almeno 63 morti per la repressione confermati, più di 2.000 arresti arbitrari, 866 civili feriti dei quali almeno 50 hanno sofferto lesioni oculari per gli spari della polizia.
per l’interferenza politica a Cuba: Armando Chaguaceda e Tania Bruguera
Alla redazione del Canal Caribe continuano ad arrivare informazioni su finanziamenti esterni per promuovere la sovversione a Cuba. Humberto López offre maggiori dettagli su queste azioni.
Mentre i dirigenti sindacali, i difensori dei diritti umani, i dirigenti contadini e indigeni vengono assassinati, lo Stato colombiano si è completamente arreso alla controinsurrezione progettata dagli USA per la regione.
Vent’anni di uribismo al potere
“La notte di terrore ci siamo svegliati tra proiettili ed elicotteri…”: così inizia il 16 ottobre 2002, quando la famigerata Operazione Orion, una delle tante storie terribili delle persone che vivevano nella Comuna 13 di Medellín ebbe inizio, la più grande operazione militare congiunta di forze pubbliche e gruppi paramilitari in territorio urbano della Colombia, con cui l’ex-governatore di Antioquia, Álvaro Uribe Vélez, inaugurò la sua prima presidenza in Colombia.
Gaza e l’Avana: l’amore per i bombardamenti della “dissidenza” cubana
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación
La cosiddetta “dissidenza” cubana non ha dubbi sui suoi paradigmi di democrazia e libertà: sono Israele e Colombia.
I bombardamenti israeliani su Gaza hanno causato, in meno di una settimana, circa 200 morti tra la popolazione palestinese (1). Un quarto erano bambini/e. Hanno distrutto centinaia di case, centri educativi e sanitari. Israele ha persino fatto saltare in aria la sede di diverse agenzie di stampa occidentali (2). Eliécer Ávila, capo del gruppo “dissidente” cubano Somos +, lo giustificava così: “Se il popolo palestinese continua a essere in complicità con coloro che attaccano Israele in modo terroristico e codardo, allora, dopo non mi tirino fuori gente guarda! Hanno ucciso mia zia! Sì, sì, è che tua zia vive nello stesso edificio e salutava gente che girava con un razzo. Possa il razzo arrivare, Allah! Lascia che sparino il razzetto e che il drone veda da dove viene e che Israele risponda, affinché tu veda”(3).