Nulla di ciò che accade a Miami può sorprendere e ancor meno quando si tratta della comunità cubana emigrata, auto qualificata come “esilio”, gruppo che non ha mai smesso di compiere atti terroristici contro il popolo cubano.
Tra le attività più recenti c’è l’omaggio organizzato, il 20 settembre 2022, al terrorista reo confesso e latitante dalla giustizia, Carlos Alberto Montaner Suris, dall’Istituto Inter-Americano per la Democrazia.
Il think tank USA sponsorizzato dallo stato, il Cuban Studies Institute, vuole che il governo del presidente Joseph Biden prenda una posizione ancora più dura contro Cuba. Dopo il fallito tentativo di organizzare “nuove proteste di massa” nella repubblica socialista insulare, il 15 novembre, il direttore dell’influente istituzione, Jaime Suchlicki, ha chiesto che “armi e addestramento militare” siano messi a disposizione degli oppositori cubani del sistema.
Gaza e l’Avana: l’amore per i bombardamenti della “dissidenza” cubana
José Manzaneda, coordinatore di Cubainformación
La cosiddetta “dissidenza” cubana non ha dubbi sui suoi paradigmi di democrazia e libertà: sono Israele e Colombia.
I bombardamenti israeliani su Gaza hanno causato, in meno di una settimana, circa 200 morti tra la popolazione palestinese (1). Un quarto erano bambini/e. Hanno distrutto centinaia di case, centri educativi e sanitari. Israele ha persino fatto saltare in aria la sede di diverse agenzie di stampa occidentali (2). Eliécer Ávila, capo del gruppo “dissidente” cubano Somos +, lo giustificava così: “Se il popolo palestinese continua a essere in complicità con coloro che attaccano Israele in modo terroristico e codardo, allora, dopo non mi tirino fuori gente guarda! Hanno ucciso mia zia! Sì, sì, è che tua zia vive nello stesso edificio e salutava gente che girava con un razzo. Possa il razzo arrivare, Allah! Lascia che sparino il razzetto e che il drone veda da dove viene e che Israele risponda, affinché tu veda”(3).
Peggio che dimenticare la storia è distorcerla per alimentare il risentimento. Lo dice lo storico britannico Peter Brown e dall’altro lato dell’Atlantico, all’hotel Biltmore di Miami, chiedono di considerare l’invasione di Cuba.
José Steinsleger ha già parlato del contesto in cui è stata avanzata tale richiesta, nell’edizione di ieri de La Jornada, al riportare del pandemonio congrega di destra organizzata Institute for Democracy (IID), della Florida. Tuttavia, voglio soffermarmi sulle parole dell’oratore che Pepe descrive in modo insuperabile come “leggendario ruffiano cubano della CIA e terrorista a tutto tondo”, perché la frase che ha pronunciato è un gioiello del risentimento in un ambiente in cui Carlos Alberto Montaner è qualsiasi cosa ma non un caso raro.
All’inaugurazione del cosiddetto Forum Democratico c’era Carlos Alberto Montaner, che “ha applaudito la cautela della politica di Biden verso Cuba” e ha esortato “a dare un ultimatum” al regime dell’isola.
I nemici di Cuba, da anni, accusano e calunniano i suoi funzionari ed organismi a causa dell’odio che provano contro la Rivoluzione, ma così facendo commettono un crimine per il quale possono essere puniti, come fanno altri paesi.
Sebbene gli USA dichiarino pubblicamente di condannare il terrorismo, in pratica ospitano e sostengono coloro che compiono atti terroristici contro governi che non sono di suo gradimento, né si inginocchiano ai suoi piedi.
Un esempio di ciò è quello del cubano Carlos Alberto Montaner Suris, a cui, recentemente, il quotidiano Nuevo Herald di Miami ha dedicato un articolo, descrivendolo come un “cubano esemplare e difensore della democrazia liberale”, come se fare esplodere bombe che causano la morte di civili innocenti, fosse cosa da applaudire e difendere, quando per atti simili nei paesi occidentali, compresi gli USA, si sanziona con l’ergastolo.
Il dittatore nicaraguense Luis Somoza chiese a coloro che stavano per invadere Cuba, dalla Baia dei Porci, di portargli un paio di peli della barba di Castro. Somoza morì senza soddisfare il suo desiderio.
All’inizio degli anni ’90, Carlos Alberto Montaner pubblicò il suo libro ‘Vigilia della fine: ‘Fidel Castro e la Rivoluzione Cubana’.
Mentre i senatori Rick Scott, Marco Rubio e Ted Cruz, si logorano nel continuare la loro guerra contro la Rivoluzione cubana e promuovono la cosiddetta “Legge di Riduzione degli Utili per il Regime Cubano”, al fine di tagliare l’entrata di denaro per il popolo, rimangono in silenzio davanti alla presenza di decine di terroristi e assassini che ricevono un rifugio sicuro negli USA, prova della sua mancanza di morale.
Come negli anni ‘60 del XX secolo, la CIA riprende i suoi piani contro la Rivoluzione cubana, alcuni copiati da quelli che non hanno dato risultati.
Con il nuovo presidente Miguel Díaz-Canel, al fronte dei Consigli di Stato e dei Ministri, la CIA e l’attuale mandatario degli Stati Uniti, intensificano le loro azioni anticubane utilizzando qualsiasi fantoccio appaia nel cammino disposto compiere i loro ordini.
Pochi giorni fa il signore di origine cubana Carlos Alberto Montaner, terrorista latitante della giustizia cubana, ha pubblicato uno scritto, su un giornale a Miami il cui nome non voglio ricordarmi, dal titolo “Un uragano chiamato comunismo” che dimostra, ancora una volta, sin dove questo individuo può giungere con le sue tirate anticomuniste, le sue manipolazioni, le sue menzogne e le sue mezze verità.
La Fundación Rescate Jurídico (FRJ), all’apparenza un’organizzazione senza fini di lucro e che si pronuncia per una società civile democratica a Cuba, che funziona con donazioni ricevuti dalle tasche di cubani liberi, è in realtà un gruppuscolo diretto da un terrorista di lunga data, Santiago Álvarez Fernández Magriñá, il cui oscuro obiettivo è commettere azioni violente all’interno dell’Isola.
Scoraggiati, di fronte all’assenza di azioni contro Cuba, che aspettavano dall’attuale amministrazione del presidente Donald Trump, i membri della mafia terrorista anticubana di Miami intraprendono una precipitosa corsa per cercare di far pressione sulla Casa Bianca.