Trump e la brigata mercenaria 2506: La storia non raccontata

Rafael González Morales www.cubadebate.cu

Lo scorso mercoledì, il presidente USA, Donald Trump, accompagnato da diversi mercenari della brigata 2506 ha annunciato nuove misure contro Cuba dalla Casa Bianca. Queste dichiarazioni hanno un marcato proposito elettorale e sono dirette, particolarmente, agli elettori cubano-americani che difendono posizioni anti-cubane. Trump ed i suoi consiglieri ritengono che lo scontro e l’ostilità verso l’isola gli garantiranno la maggioranza dei voti di quegli elettori.

L’inizio dei vincoli tra l’attuale presidente USA con i mercenari di Playa Girón ha avuto la sua origine a metà del 1999. Si tratta, quindi, di una relazione di oltre 20 anni che ha avuto la sua origine proprio quando l’allora magnate immobiliare ha deciso, per la prima volta, aspirare alla presidenza USA. In quell’occasione, Trump era uno dei candidati del cosiddetto Partito Riformista e aveva previsto iniziare la sua campagna dalla Florida, il che implicava ammaliare i cubano-americani che controllavano l’apparato politico nel sud di quello stato.

Il suo primo passo per raggiungere questo obiettivo è stato scrivere un articolo profondamente anti-cubano per il Miami Herald. Il testo è stato pubblicato il 25 giugno 1999 ed è stata la sua prima azione pubblica per “conquistare” l’estrema destra cubano-americana. In sostanza, ha affermato: “per me non ci sono dubbi sull’embargo. Ovviamente dobbiamo mantenere l’embargo”. Il suo obiettivo principale era orientato a persuadere e convincere i settori più ostili che lui fosse un acerrimo nemico della Rivoluzione Cubana.

Infine, la Fondazione Nazionale Cubano Americana gli ha rivolto un invito perché interscambiasse con i suoi membri alla fine dell’anno. In questo modo, Trump iniziava i suoi rapporti con coloro che avevano convertito l’odio e la violenza contro l’isola nel significato della loro vita. Il 15 novembre 1999, il candidato alla presidenza giunge a Miami e la sua prima attività è stata una visita del Museo della brigata 2506. La prima del visitante è stata proprio con alcuni dei mercenari sconfitti sulle sabbie di Playa Girón, che erano ancora intrappolati nei loro frustrati desideri di portare a termine, un giorno, la loro missione fallita.

Quasi alla fine di questa visita, l’allora presidente della brigata, Juan Pérez Franco, lo ha ossequiato con un distintivo che è stato usato da uno di quegli uomini che sono stati scambiati con composte di frutta nel 1961. L’addio è stato con acclamazioni di ¡Viva Donald Trump! Tra i convocati c’era la congressista Illeana Ros-Lethinen, una delle persone che ha professato il maggior odio contro il popolo cubano.

Quello stesso giorno, di notte, all’hotel Radisson Crown Plaza, il magnate ha pronunciato un discorso davanti a circa 400 ospiti che difendevano l’approccio più conflittuale ed aggressivo contro Cuba. L’intervento è diventato il primo atto di campagna dell’allora pre candidato al Partito Riformista, che ha scelto Miami per iniziare la sua breve incursione sulla strada per la Casa Bianca.

Il 14 febbraio 2000, Trump ha annunciato tramite un comunicato stampa la sua decisione di abbandonare la corsa elettorale. Ha sostenuto che le lotte intestine all’interno del Partito Riformista non gli permettevano di vincere la nomination ed ha reso responsabili i suoi rivali di partito di questa situazione.

I legami con i mercenari della brigata 2506 sono stati ripresi dopo che Trump ha deciso, nuovamente, di candidarsi alla presidenza nel giugno 2015. Dopo intense primarie repubblicane in cui il miliardario ha dovuto competere con aspiranti di origine cubana come Marco Rubio e Ted Cruz, la sua campagna ha dispiegato una forte offensiva con la finalità di guadagnare lo stato della Florida. Ancora una volta, il voto cubano-americano si sarebbe convertito in una motivazione fondamentale.

Con una comunità profondamente divisa tra coloro che appoggiavano la politica di riavvicinamento di Obama a Cuba e coloro che ancora scommettevano sullo scontro, Trump e la sua squadra di consiglieri hanno deciso di “riconquistare” l’elettorato che promuoveva le posizioni di estrema destra. Il 16 settembre 2016, il candidato presidenziale ha tenuto una manifestazione elettorale presso il James L Knight Center di Miami.

Circa 2500 persone si sono radunate nell’atto ed hanno assistito all’adozione pubblica dell’approccio conflittuale contro Cuba, usando lo stesso discorso del settore più recalcitrante ed estremista di quella comunità nel sud della Florida.

Nel suo intervento, ha affermato: “tutte quelle concessioni che Barack Obama ha fatto a Cuba sono state fatte attraverso ordini esecutivi, il che significa che il prossimo presidente può revocarli, ed è quello che farò”. Con queste dichiarazioni, stava inviando un messaggio ai rappresentanti della linea dura a Miami che all’epoca non erano ancora sicuri che Trump fosse un acerrimo difensore della politica anti-cubana.

Quando ha terminato il suo discorso, il congressista Mario Díaz Balart ha detto: “Questa è una grande dichiarazione. È una dimostrazione che comprende la realtà. È in netto contrasto con la politica di pacificazione di Obama e Clinton”. Evidentemente, il candidato è stato abbastanza credibile. Queste parole suggellavano l’inizio del patto con l’estrema destra cubano-americana.

Nella notte di mercoledì 12 ottobre, la giunta direttiva della brigata mercenaria 2506 si è riunita ed ha deciso all’unanimità di sostenere la candidatura di Donald Trump. È stato un evento senza precedenti perché è stata la prima volta che questa organizzazione, nei suoi 55 anni di esistenza, sosteneva formalmente un candidato alla presidenza. In questo modo Trump ha ritenuto che questo “gesto” dovesse essere ricambiato.

Il 25 ottobre 2016, appena due settimane prima del giorno delle elezioni, Trump ha visitato il Museo della brigata 2506. I presenti erano assetati di ascoltare un intervento “riconfortante” per alleviare il loro rancore e frustrazione senza limiti. Il visitatore gli ha parlato per 10 minuti nel loro stesso gergo e con le stesse menzogne: “quello che chiedete è giusto e corretto. Gli USA non devono proteggere il regime cubano né economicamente né politicamente come ha fatto Obama e come intende farlo Hillary Clinton. Loro non sanno come fare un buon accordo”.

Dopo la vittoria di Trump in Florida, sentiva di avere una sorta di debito politico con i cubano-americani più recalcitranti. Questa percezione è un misto del suo temperamento effusivo, dello stato di eccitazione per il trionfo inaspettato, della sua profonda ignoranza e dell’influenza di alcuni dei suoi consiglieri. In sostanza, ha voluto far credere a se stesso e si è inventato che grazie a questo settore di votanti della comunità cubano-americana è stato capace di imporsi nello stato meridionale. Il 27 gennaio 2017, infatti, durante una conversazione telefonica con il presidente messicano Enrique Peña Nieto, ha dichiarato: “nelle ultime elezioni ho guadagnato il voto ispanico in larga percentuale. Non so se lo ha sentito, ma con Cuba avevo l’84% del voto cubano-americano”.

Secondo i dati ufficiali e le indagini che sono state effettuate sul comportamento dei votanti cubano-americani nelle elezioni del 2016, Trump non ha vinto la Florida sulla base del sostegno di quel settore dell’elettorato perché rappresentavano solo il 6%. Il fattore chiave del suo successo è stato il sostegno del 64% degli elettori bianchi non ispanici, che è dieci volte maggiore del voto cubano-americano. Sebbene Trump abbia ottenuto tra il 52 e il 54% del voto cubano-americano, è stato uno dei candidati repubblicani con più scarso rendimento negli ultimi tempi.

Pochi giorni dopo l’8 novembre, il neoeletto senatore Marco Rubio ha contattato quello che era stato il suo più acerrimo rivale alle primarie repubblicane per porgergli i suoi complimenti. Durante l’interscambio, Trump gli ha detto: “dobbiamo fare qualcosa con Cuba. Quelli dela Baia dei Porci sono stati meravigliosi con me”.

Da questo momento sarebbe iniziata una forte alleanza con questi mercenari, ai quali ha praticamente attribuito la sua vittoria elettorale. Trump aveva fatto un patto con il peggio della comunità cubano-americana in Florida. D’ora in poi, questi settori avrebbero intrapreso un’offensiva spietata per tornare ad una politica fallimentare verso Cuba che ricordava gli anni più turbolenti della Guerra Fredda.

Il 16 giugno 2017, Donald Trump, come parte della messa in scena di uno spettacolo politico a Miami, ha firmato il “Memorandum Presidenziale sulla Sicurezza Nazionale del Rafforzamento della Politica degli Stati Uniti verso Cuba”. La penna che ha usato per sottoscrivere il documento è stata regalata al senatore Marco Rubio come segno della sua paternità in questa mostruosità. A questo evento hanno partecipato diversi membri della brigata 2506.

Il 19 giugno, appena tre giorni dopo questo spettacolo, un gruppo di mercenari della brigata 2506 ha visitato la sede della CIA, accompagnato da Marco Rubio. Sono stati accolti dal suo direttore, Mike Pompeo, che probabilmente li ha assicurati che la sua agenzia stava lavorando a fondo per attenuare il clima politico bilaterale.

Questa visita, divulgata pubblicamente con tutte le intenzioni, costituiva un chiaro messaggio che gli attuali piani della CIA contro Cuba erano allineati con l’approccio più aggressivo e conflittuale. Il 3 agosto 2017, Trump ha ricevuto alla Casa Bianca una rappresentanza dei mercenari di Girón, accompagnati anche dal senatore anti-cubano.

Successivamente, con l’ingresso alla Casa Bianca di John Bolton, i legami con questo settore di estrema destra si sono profondamente rafforzati. Il 17 aprile 2019, l’allora consigliere per la sicurezza nazionale ha pronunciato un discorso a molti di questi mercenari al Biltmore Hotel di Coral Gables.

Le prime parole del consigliere per la sicurezza nazionale avevano lo scopo di evidenziare e congratularsi con quelli che ha definito “coraggiosi veterani della brigata 2506, che sono stati invariabilmente riconosciuti da Donald Trump come uno dei suoi principali “creditori politici”. Bolton in un esercizio di illimitate falsità ha affermato: “la sua eroica eredità è scolpita per sempre nella memoria nazionale di Cuba. In tutto il mondo, il nome della brigata 2506 evoca un profondo senso di orgoglio nazionale ed una profonda ammirazione”. Li ha assicurati che questa amministrazione non li avrebbe mai abbandonati e che sono stati fonte di ispirazione per la politica anti-cubana proclamata nel giugno 2017.

Il recente spettacolo allestito da Trump alla Casa Bianca con diversi mercenari di Playa Girón non poteva essere compreso appieno senza tener conto dell’origine ed evoluzione della sua alleanza con questo settore. Ancor più, quando soffiano i forti venti di una campagna presidenziale, si converte nel momento opportuno per mostrare un odio viscerale verso la nazione cubana.

Tuttavia, questo atto, dove si sono annunciate misure volte a soffocare l’economia dell’isola, potrebbe convertirsi in un effetto boomerang per le intenzioni elettorali di Trump nel sud della Florida. Avere uno schiacciante sostegno da parte dei votanti cubano-americani rimane l’obiettivo fondamentale, ma la domanda chiave sarebbe: queste nuove misure coercitive contribuiscono a tale scopo?

Gli annunci hanno lo scopo di vietare che persone sotto la giurisdizione USA si alloggino, prenotino o realizzino qualsiasi gestione relativa alle istituzioni alberghiere cubane. Le azioni arrivano persino a contemplare che determinate case private formino parte di questo divieto. A tal fine, il Dipartimento di Stato redige una lista che comprende già 433 immobili. Inoltre, l’importazione di tabacco e rum è vietata, così come si limitano determinate categorie di viaggi su licenze specifiche che contemplano eventi sportivi, culturali, conferenze, incontri professionali, tra altri.

La portata di queste misure non solo costituisce un sostanziale inasprimento del blocco, ma colpisce, in particolare, un gran numero di cittadini USA che hanno vari legami con l’isola, che vanno dai loro interessi nel visitare il paese sino ai legami familiari ed affettivi. In quest’ultimo segmento, c’è una significativa rappresentanza di cubano americani che possono votare in queste elezioni ed i loro diritti sono stati minati e schiacciati. Sebbene non sia chiaro con certezza per quanti queste misure potrebbero essere un fattore d’incidenza nel loro voto in novembre, è ovvio che avrà un impatto.

Trump ha bisogno di espandere il suo margine di sostegno all’interno della comunità cubano-americana e sta scommettendo fortemente sulla cosiddetta “lotta contro il socialismo”, ma risulta molto rischioso continuare a danneggiare un settore, all’interno di quei votanti, che mantiene solidi legami con i propri famigliari ed amici a Cuba.

Sebbene non si rifletta nei recenti sondaggi condotti a Miami Dade, che sono parziali e manipolati, il clima che vive quella comunità con l’effervescenza dell’odio e della violenza politica contribuisce anche al fatto che gli elettori indecisi possano inclinare il loro voto per Biden davanti all’irrazionalità del politiche promosse da Donald Trump.

Forse l’attuale presidente USA, con queste ultime decisioni in relazione a Cuba, sta commettendo un errore strategico sottraendo potenziali votanti in un segmento dell’elettorato che intende vincere con un ampio margine. Queste misure annunciate possono essere il catalizzatore sufficiente per coloro che hanno ancora dubbi su chi votare, concludano che Trump ha oltrepassato la linea rossa dei loro interessi. Pertanto, la mossa politica elettorale di scommettere sui mercenari e sulla linea dura, può trasformarsi in un clamoroso fallimento. Questo si potrà solo constatare il 3 novembre.


Trump y la brigada mercenaria 2506: La historia no contada

Por: Rafael González Morales

El pasado miércoles, el presidente estadounidense Donald Trump acompañado por varios mercenarios de la brigada 2506 anunció nuevas medidas contra Cuba desde la Casa Blanca. Estos pronunciamientos tienen un marcado propósito electoral y están dirigidos particularmente a los votantes cubanoamericanos que defienden posiciones anticubanas. Trump y sus asesores consideran que la confrontación y la hostilidad hacia la Isla le garantizarán la mayoría de los votos de esos electores.

El inicio de los vínculos del actual mandatario estadounidense con los mercenarios de Playa Girón tuvo su origen a mediados de 1999. Por lo tanto, es una relación de más de 20 años que tuvo su origen precisamente cuando el entonces magnate inmobiliario decidió por primera vez aspirar a la presidencia de Estados Unidos. En esa ocasión, Trump era uno de los candidatos del llamado Partido Reformista y tenía previsto iniciar su campaña por la Florida, lo que implicaba cautivar a los cubanoamericanos que controlaban la maquinaria política al sur de ese estado.

Su primer paso para lograr ese propósito fue escribir un artículo profundamente anticubano en el Miami Herald. El texto fue publicado el 25 de junio de 1999 y constituyó su primera acción pública para “conquistar” a la extrema derecha cubanoamericana. En esencia, afirmó: “para mí no hay dudas del embargo. Por supuesto debemos mantener el embargo”. Su objetivo principal estaba orientado a persuadir y convencer a los sectores más hostiles que él era un enemigo acérrimo de la Revolución Cubana.

Finalmente, la Fundación Nacional Cubano Americana le extendió una invitación para que intercambiara con sus miembros a finales de año. De esta manera, Trump comenzaba sus vínculos con aquellos que habían convertido en el sentido de sus vidas el odio y la violencia contra la Isla. El 15 de noviembre de 1999, el candidato presidencial llega a Miami y su primera actividad fue un recorrido por el museo de la brigada 2506. El estreno del visitante fue precisamente con algunos de los mercenarios que fueron derrotados en las arenas de Playa Girón que seguían atrapados en sus deseos frustrados de culminar algún día su misión fallida.

Casi al terminar esta visita, el entonces presidente de la brigada, Juan Pérez Franco, le obsequió una insignia que fue empleada por uno de aquellos hombres que fueron cambiados por compotas en 1961. La despedida fue bajo vítores de ¡Viva Donald Trump!. Entre los convocados se encontraba la congresista Illeana Ros-Lethinen, una de las personas que más odio ha profesado contra el pueblo cubano.

Ese propio día en horas de la noche en el hotel Radisson Crown Plaza, el magnate pronunció un discurso ante aproximadamente 400 invitados que defendían el enfoque más confrontacional y agresivo contra Cuba. La intervención se convirtió en el primer acto de campaña del entonces precandidato por el Partido Reformista, quien seleccionó a Miami para comenzar su breve incursión en el camino hacia la Casa Blanca.

El 14 de febrero del 2000, Trump anunció a través de un comunicado de prensa su decisión de abandonar la carrera electoral. Argumentó que las luchas internas dentro del Partido Reformista no le permitían ganar la nominación y responsabilizó de esta situación a sus rivales partidistas.

Los vínculos con los mercenarios de la brigada 2506, se volvieron a retomar a partir que Trump decide lanzarse nuevamente como candidato a la presidencia en junio del 2015. Después de unas intensas primarias republicanas en las que el multimillonario tuvo que competir con aspirantes de origen cubano como Marco Rubio y Ted Cruz, su campaña desplegó una fuerte ofensiva con la finalidad de ganar el estado de la Florida. Una vez más el voto cubanoamericano se convertiría en una motivación fundamental.

Con una comunidad profundamente dividida entre los que apoyaban la política de acercamiento de Obama hacia Cuba y los que todavía apostaban por la confrontación, Trump y su equipo de asesores decidieron “conquistar” nuevamente el electorado que promovía las posiciones de extrema derecha. El 16 de septiembre del 2016, el candidato presidencial realizó un mítin de campaña en el James L Knight Center en Miami.

En la actividad se congregaron alrededor de 2 500 personas que presenciaron la adopción pública del enfoque confrontacional contra Cuba empleando el mismo discurso del sector más recalcitrante y extremista de esa comunidad al sur de la Florida.

En su intervención, afirmó: “todas esas concesiones que Barack Obama hizo hacia Cuba fueron hechas a través de órdenes ejecutivas, lo que significa que el próximo presidente puede revertirlas, y eso es lo que voy a hacer”. Con estos pronunciamientos, estaba enviando un mensaje a los representantes de la línea de dura en Miami que en ese momento todavía no estaban seguros que Trump fuera un defensor acérrimo de la política anticubana.

Cuando culminó su intervención, el congresista Mario Díaz Balart señaló: “Esa es una gran declaración. Es una muestra que entiende la realidad. Es un gran contraste con la política de apaciguamiento de Obama y Clinton”. Evidentemente, el candidato fue suficientemente creíble. Estas palabras sellaban el inicio del pacto con la ultraderecha cubanoamericana.

En la noche del miércoles 12 de octubre, la junta directiva de la brigada mercenaria 2506 se reunió y decidió por unanimidad apoyar la candidatura de Donald Trump. Era un hecho sin precedentes debido a que era la primera vez que esta organización en sus 55 años de existencia apoyaba formalmente a un aspirante presidencial. De esta manera, Trump sintió que debía corresponder ese “gesto”.

El 25 de octubre del 2016, a solo dos semanas del día de las elecciones, Trump visitó el museo de la brigada 2506. Los congregados estaban sedientos de escuchar una intervención “reconfortante” para aliviar su rencor y frustración sin límites. El visitante les habló durante 10 minutos en su propia jerga y con las mismas mentiras: “lo que ustedes están pidiendo es justo y está en lo correcto. Los Estados Unidos no deben proteger al régimen cubano ni económica ni políticamente como ha hecho Obama y como planea hacerlo Hillary Clinton. Ellos no saben cómo hacer un buen acuerdo”.

Después de la victoria de Trump en la Florida, sintió que tenía una especie de deuda política con los cubanoamericanos más recalcitrantes. Esta percepción es una mezcla de su temperamento efusivo, el estado de excitación por el triunfo inesperado, su profunda ignorancia y la influencia de algunos de sus asesores. En esencia, él quiso creerse y se inventó que gracias a ese sector de votantes de la comunidad cubanoamericana fue capaz de imponerse en el estado sureño. De hecho, el 27 de enero del 2017 durante una conversación telefónica con el presidente mexicano, Enrique Peña Nieto, afirmó: “en las últimas elecciones, gané por un largo porciento el voto hispano. No sé si lo escuchaste, pero con Cuba tuve el 84% del voto cubanoamericano”.

Según los datos oficiales y las investigaciones que se han realizado sobre el comportamiento de los votantes cubanoamericanos en las elecciones del 2016, Trump no ganó la Florida a partir del respaldo de ese sector del electorado debido a que representaban solamente el 6%. El factor clave de su éxito fue el apoyo del 64% de los electores blancos no hispanos que es diez veces mayor que el voto cubanoamericano. Aunque Trump obtuvo entre el 52 y 54% del voto cubanoamericano fue uno de los aspirantes republicanos con más pobre desempeño en los últimos tiempos.

Pocos días después del 8 de noviembre, el recién electo senador Marco Rubio se comunicó con el que había sido su más enconado rival en las primarias republicanas para extenderle su felicitación. Durante el intercambio, Trump le trasladó: “tenemos que hacer algo con Cuba. Los de Bahía de Cochinos fueron maravillosos conmigo”.

A partir de este momento, comenzaría una fuerte alianza con estos mercenarios a quien prácticamente le atribuyó su triunfo electoral. Trump había pactado con lo peor de la comunidad cubanoamericana en la Florida. En lo adelante, esos sectores librarían una ofensiva despiadada para retornar a una política hacia Cuba fracasada que recordaba los años más turbulentos de la Guerra Fría.

El 16 de junio del 2017, Donald Trump como parte del montaje de un show político en Miami firmó el “Memorando Presidencial de Seguridad Nacional sobre el Fortalecimiento de la Política de Estados Unidos hacia Cuba”. El bolígrafo que empleó para refrendar el documento lo obsequió al senador Marco Rubio como muestra de su paternidad en este engendro. En este evento, participaron varios de los miembros de la brigada 2506.

El 19 de junio, solo tres días después de este espectáculo, visitaron la sede de la CIA un grupo de mercenarios de la brigada 2506 acompañados por Marco Rubio. Fueron recibidos por su director, Mike Pompeo, quien probablemente les aseguró que su agencia se estaba empleando a fondo para enrarecer el clima político bilateral.

Esta visita que fue divulgada públicamente con toda intención, constituía un claro mensaje de que los planes actuales de la CIA contra Cuba estaban alineados con el enfoque más agresivo y confrontacional. El 3 de agosto de 2017, Trump recibió en la Casa Blanca a una representación de los mercenarios de Girón, quienes también se hicieron acompañar por el senador anticubano.

Posteriormente con la entrada a la Casa Blanca de John Bolton se estrecharon profundamente los vínculos con este sector de la extrema derecha. El 17 de abril de 2019, el entonces asesor de seguridad nacional pronunció un discurso ante varios de estos mercenarios en el Hotel Biltmore de Coral Gables.

Las primeras palabras del asesor de seguridad nacional estuvieron dirigidas a resaltar y felicitar a los que llamó “valientes veteranos de la brigada 2506, quienes han sido reconocidos invariablemente por Donald Trump como uno de sus principales “acreedores políticos”. Bolton en un ejercicio de falsedades sin límites afirmó: “su legado heroico está grabado por siempre en la memoria nacional de Cuba. Alrededor del mundo, el nombre de la brigada 2506 invoca un profundo sentido del orgullo nacional y una profunda admiración”. Les aseguró que esta Administración jamás los abandonaría y que fueron una inspiración para la política anticubana que se proclamó en junio del 2017.

El reciente show montado por Trump en la Casa Blanca con varios mercenarios de Playa Girón, no podría ser entendido a cabalidad sin tener en cuenta el origen y evolución de su alianza con este sector. Una vez más cuando soplan los fuertes vientos de una campaña presidencial, se convierte en el momento oportuno para dar muestras del odio visceral hacia la nación cubana.

No obstante, este acto donde se anunciaron medidas orientadas a asfixiar la economía de la Isla, podría convertirse en un efecto bumerán para las intenciones electorales de Trump al sur de la Florida. Contar con un respaldo abrumador de los votantes cubanoamericanos continúa siendo el objetivo fundamental, pero la pregunta clave sería: ¿estas nuevas medidas coercitivas contribuyen a ese propósito?

Los anuncios están dirigidos a prohibir que personas bajo la jurisdicción de Estados Unidos se hospeden, reserven o realicen cualquier gestión vinculadas a instituciones hoteleras cubanas. Las acciones incluso llegan a contemplar que determinadas viviendas particulares formen parte de esta prohibición. Para tales efectos, el Departamento de Estado elabora una lista que ya comprende 433 inmuebles. Además, se prohíbe la importación de tabaco y ron, así como se limitan determinadas categorías de viajes a licencias específicas contemplando eventos deportivos, culturales, conferencias, encuentros profesionales, entre otras.

El alcance de estas medidas, no solo constituyen un recrudecimiento sustancial del bloqueo sino que afecta de manera particular a un amplio número de ciudadanos estadounidenses que tienen diversos vínculos con la Isla que van desde sus intereses por visitar el país hasta lazos familiares y afectivos. En este último segmento, hay una representación significativa de cubanoamericanos que pueden votar en estas elecciones y se le han socavado y aplastados sus derechos. Aunque no está claro con certeza para cuántos estas medidas podría ser un factor de incidencia en su voto en noviembre, es obvio que tendrá un impacto.

Trump necesita ampliar su margen de apoyo dentro de la comunidad cubanoamericana y está apostando con fuerza a la denominada “lucha contra el socialismo”, pero resulta muy riesgoso continuar afectando a un sector dentro de esos votantes que mantiene sólidos vínculos con sus familiares y amigos en Cuba.

Aunque no se refleje en las recientes encuestas realizadas en Miami Dade que están parcializadas y manipuladas, el clima que vive esa comunidad con la efervescencia del odio y la violencia política también contribuye a que electores indecisos puedan inclinar su voto por Biden ante la irracionalidad de las políticas que promueve Donald Trump.

Posiblemente el actual mandatario estadounidense con estas últimas decisiones con relación a Cuba, esté cometiendo un error estratégico al restarle potenciales votantes en un segmento del electorado que tiene la intención de ganar por amplio margen. Estas medidas anunciadas pueden ser el catalizador suficiente para que aquellos que todavía tienen dudas por quién votar concluyan que Trump ha cruzado la línea roja de sus intereses. Por lo tanto, la jugada política electoral de apostar a los mercenarios y la línea dura, puede convertirse en un rotundo fracaso. Esto solo se podrá constatar el 3 de noviembre.

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