Tag Archives: golpe

La destra non desiste dal colpo di Stato in Bolivia

La convocazione del presidente della Bolivia, Evo Morales a riprendere il dialogo per promuovere la pace nel suo paese, alla formula nell’unità delle forze per affrontare il colpo di Stato promosso dagli Stati Uniti, è stata la premessa del discorso che ha pronunciato parlando alla folla concentrata nella Plaza Mayor di San Francisco, a La Paz.

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Bolivia, gli USA tentano il golpe

Fabrizio Casari www.altrenotizie.org

Come già in Venezuela e in Nicaragua, con identiche modalità e comuni complicità, gli Stati Uniti stanno tentando di rovesciare con un colpo di Stato il legittimo governo di Evo Morales in Bolivia. Preoccupati dal tempo che scorre e riduce le proteste e delle missioni internazionali che dovrebbero certificare l’esito elettorale favorevole a Morales, hanno deciso di accelerare i tempi e nei giorni scorsi hanno sabotato l’elicottero con il quale il Presidente doveva spostarsi. Solo l’abilità del pilota lo ha salvato. Vecchia, sinistra abitudine quella degli USA, di far esplodere in volo i presidenti sgraditi a Washington, da Omar Torrijos a Panama a Samora Machel in Mozambico.

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Chi agita lo spettro dei brogli nelle elezioni in Bolivia?

Gustavo Veiga – Pagina|12

La parola brogli viene ripetuta insistentemente in Bolivia in questo momento. L’opposizione porta avanti le sue denunce con il sostegno dell’OSA e dell’Unione Europea (UE) che chiedono un ballottaggio. Anche Stati Uniti, Brasile, Argentina e Colombia si sono uniti al coro degli accusatori. I quattro, ovvero Trump, Bolsonaro, Macri e Duque – inutile parlare delle loro affinità politiche – agiscono all’unisono contro il governo Evo Morales.

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11 settembre 1973 – 2019

Amici miei,

Sicuramente questa sarà l’ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi.

La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Portales e Radio Corporación.

Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno.

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Bachelet ed Almagro: anime gemelle

Ángel Guerra Cabrera

Il rapporto di Michelle Bachelet sui diritti umani in Venezuela contiene tutti i requisiti per occupare un posto di rilievo in un’enciclopedia universale dell’infamia. Tanto più perché l’Alta Commissaria ONU per i Diritti Umani si deve ad un insieme di mandati emanati dalla Carta di tale organizzazione, dagli accordi del suo Consiglio per i Diritti Umani e da altri organismi che risultano calpestati in questo documento.

Il rapporto non menziona solo la guerra economica di Washington contro il Venezuela ed i suoi terribili effetti sulla popolazione, e tanto meno esige che si ponga fine a quella brutale aggressione. Omette innumerevoli fatti della massima importanza. Tra questi, la feroce violenza dell’opposizione diretta dagli USA, sia nelle marce come nelle guarimbas e nei suoi ripetuti tentativi golpisti, inquadrati in un contesto di guerra ibrida il cui fine, dal 2002, è rovesciare il governo bolivariano, eliminare fisicamente il chavismo ed impossessarsi delle enormi ricchezze naturali del paese sudamericano.

Golpismo? Guerra ibrida? Guerra economica? Macché. Per Bachelet, l’unica cosa che esiste in Venezuela sono le violazioni dei diritti umani da parte del governo. Né vi è una grave crisi umanitaria o dei diritti umani ad Haiti, Honduras, Guatemala, Colombia, Yemen, Somalia, Libia, Afghanistan, Palestina occupata da Israele. Né le politiche neoliberali che affondano, oggi, nella miseria milioni di argentini e brasiliani prima elevati a degni tenori di vita da parte dei governi di Lula e Cristina Fernández, azioni che costituiscono violazioni di massa dei diritti economici, politici e sociali di quelle popolazioni. Né la campagna di terrorismo di stato del governo Trump contro milioni di migranti, la sua esacerbazione del suprematismo bianco, la xenofobia, il razzismo e la misoginia.

Di quale paese parla la Bachelet? Quello a cui riferisce nel suo rapporto non è quello che ha visitato molte volte durante il periodo rivoluzionario. Non è quello di milioni di persone in marcia a sostegno del loro governo, non é quello dell’alta iscrizione a tutti i livelli di istruzione, non è quello di Barrio Adentro né dei Centri di Diagnosi Integrale, che con medici venezuelani e cubani hanno fatto della salute un diritto universale, non è quello della parità tra uomini e donne né quello del riconoscimento della diversità sessuale, non è quello della minore disuguaglianza nel nostro continente secondo i dati della rispettata Commissione Economica per l’America Latina del ONU, non è quello della esemplare democrazia partecipativa e protagonista, non è quello dei giovani e del popolo allegri e colti. Né quello dei quasi tre milioni di nuove case decenti.

Non è nel mio animo addolcire la realtà, né occultare il mio impegno militante con la Rivoluzione Bolivariana. Ma se di indagare e descrivere una realtà si tratta almeno dovrebbe esigersi che predomini l’osservazione e la verifica scrupolosa dei fatti e non lo squilibrio o un esercizio del tutto discriminatorio, unilaterale, selettivo e parziale. In Venezuela, come in tutti i processi rivoluzionari, sono stati commessi errori. C’è burocratismo e corruzione, che ogni chavista riconosce e denuncia. Lo Stato borghese ostacola l’avanzata rivoluzionaria e le forze di sicurezza possono commettere eccessi che s’indagano e spesso si sanzionano. Ma nulla di tutto ciò potrebbe essere analizzato se non si considera la subordinazione, per molto tempo, del paese al sistema di dominazione USA, espresso nel modello della rendita petrolifera e del sottosviluppo. Tanto meno se si ignora la guerra in corso contro la Rivoluzione Bolivariana proprio per i successi che ha raggiunto nella trasformazione di quella realtà in materia di sovranità, giustizia sociale, solidarietà umana, ampie libertà democratiche e reale esercizio dei diritti umani, e anche successi economici, ora velati dal blocco.

Come può, Bachelet, giustificare che nessuna delle 588 interviste che alimentano il suo rapporto sia stata effettuata in Venezuela? Perché sono state lì, allora, la signora e la sua squadra, che è rimasta, per settimane, nel paese? Come spiegare che il segretario redattore del rapporto sia lo stesso che faceva questo lavoro per il precedente Alto Commissario, il principe giordano Zeid Ra’ad Al Hussein, con stretti legami con il ripugnante Segretario OSA, Luis Almagro, e con Leopoldo Lopez?

María Eugenia Russian, presidentessa di Fundalatin, una ONG con Status Consultivo Speciale all’interno del Consiglio Economico e Sociale dell’ONU, ha denunciato l’esclusione delle relazioni e testimonianze di 12 ONG nel rapporto Bachelet.

L’Alta Commissaria non ha preso come fonti del suo rapporto i documenti redatti da due esperti indipendenti dell’ONU, Alfred de Zayas e Idriss Jazairy, che hanno censurato, in termini molto duri, le sanzioni economiche contro il Venezuela e le considerano cause delle privazioni che la popolazione soffre.

Il rapporto di Bachelet, in breve, sembra redatto da Almagro. Uno vale l’altro.


Bachelet y Almagro: almas gemelas

Por Ángel Guerra Cabrera

El informe de Michelle Bachelet sobre los derechos humanos en Venezuela contiene todos los requisitos para ocupar un lugar señero en una enciclopedia universal de la infamia. Mucho más porque la Alta Comisionada de la ONU para los Derechos Humanos se debe a un conjunto de mandatos emanados de la Carta de esa organización, de los acuerdos de su Consejo de Derechos Humanos y de otras de sus instancias que resultan pisoteados en este documento.

El informe no menciona apenas la guerra económica de Washington contra Venezuela y sus terribles efectos en la población y mucho menos exige que se ponga fin a esa brutal agresión. Omite innumerables hechos de primerísima importancia. Entre ellos, la violencia feroz de la oposición dirigida por Estados Unidos, tanto en marchas como en guarimbas y en sus reiterados intentos golpistas, enmarcados en un contexto de guerra híbrida cuyo fin desde 2002 es derrocar al gobierno bolivariano, eliminar físicamente al chavismo y apoderarse de las enormes riquezas naturales del país suramericano.

¿Golpismo? ¿Guerra híbrida? ¿Guerra económica? Qué va. Para Bachelet lo único que existe en Venezuela son violaciones del gobierno a los derechos humanos. Tampoco existe una grave crisis humanitaria ni de derechos humanos en Haití, Honduras, Guatemala, Colombia, Yemen, Somalia, Libia, Afganistán, Palestina ocupada por Israel. Ni las políticas neoliberales que hunden hoy en la miseria a millones de argentinxs y brasileñxs antes elevados a niveles dignos de vida por los gobiernos de Lula y Cristina Fernández, acciones que constituyen violaciones masivas de los derechos económicos, políticos y sociales de esas poblaciones. Ni la campaña de terrorismo de Estado del gobierno de Trump contra millones de migrantes, su exacerbación del supremacismo blanco, la xenofobia, el racismo y la misoginia.

¿De qué país habla Bachelet? El que refiere en su informe no es el que he visitado muchas veces durante el periodo revolucionario. No es el de millones de personas marchando en apoyo a su gobierno, no es el de la alta matrícula en todos los niveles de educación, no es el del programa Barrio Adentro ni los Centros de Diagnóstico Integral, que con médicos venezolanos y cubanos han hecho de la salud un derecho universal, no es el de la igualdad entre hombres y mujeres ni el del reconocimiento de la diversidad sexual, no es el de la menor desigualdad en nuestro continente de acuerdo con datos de la respetada Comisión Económica para América Latina de la ONU, no es el de democracia participativa y protagónica ejemplar, no es el de lxs jóvenes y el pueblo alegres y cultos. Tampoco el de los casi tres millones de nuevas viviendas dignas.

No está en mi ánimo edulcorar la realidad, tampoco oculto mi compromiso militante con la Revolución Bolivariana. Pero si de investigar y calificar una realidad se trata lo menos que debe exigirse es que predomine la observación y comprobación escrupulosa de los hechos y no el desequilibrio ni un ejercicio totalmente discriminatorio, unilateral, selectivo y sesgado. En Venezuela, como en todos los procesos revolucionarios, se han cometido errores. Hay burocratismo y corrupción, que cualquier chavista reconoce y denuncia. El Estado burgués dificulta el avance revolucionario y los cuerpos de seguridad pueden cometer excesos que se investigan y con frecuencia se sancionan. Pero nada de esto podría analizarse si no se considera la subordinación por mucho tiempo del país al sistema de dominación de Estados Unidos, expresado en el modelo petrolero rentista y el subdesarrollo. Mucho menos si se obvia la guerra en curso contra la Revolución Bolivariana precisamente por los éxitos que ha obtenido en la trasformación de aquella realidad en materia de soberanía, justicia social, solidaridad humana, amplias libertades democráticas y verdadero ejercicio de los derechos humanos, e incluso éxitos económicos, ahora velados por el bloqueo.

¿Cómo puede justificar Bachelet que de las 588 entrevistas que nutren su informe ninguna haya sido realizada en Venezuela? ¿A qué fueron entonces allí la señora y su equipo, que permaneció semanas en el país? ¿Cómo explicar que el secretariado redactor del informe sea el mismo que hacía esta labor al Alto Comisionado anterior, el príncipe jordano Zeid Ra’ad Al Hussein, de estrechos vínculos con el repugnante secretario de la OEA Luis Almagro y con Leopoldo López?

María Eugenia Russian, presidenta de Fundalatin, ONG con Estatus Consultivo Especial dentro del Consejo Económico y Social de la ONU, denunció la exclusión de informes y testimonios de 12 ONG en el Informe Bachelet.

La Alta Comisionada no tomó como fuentes de su reporte los documentos confeccionados por dos expertos independientes de la ONU, Alfred de Zayas e Idriss Jazairy, quienes censuraron en términos muy duros las sanciones económicas contra Venezuela y las consideraron causante de las privaciones que sufre la población.

El informe de Bachelet, en fin, parece redactado por Almagro. Tal para cual.

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Israele contro i venezuelani

di Thierry Meyssan  www.voltairenet.org

Il 24 giugno 2019 in Venezuela hanno tentato un nuovo colpo di Stato. Thierry Meyssan rileva che era rivolto sia contro l’amministrazione di Nicolás Maduro sia contro il suo oppositore, il filo-USA Juan Guaidó. Inoltre, secondo le registrazioni di conversazioni fra i complottisti, il golpe era supervisionato dagli israeliani.

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Terroristi israeliani e USA dovevano uccidere Maduro

Meriem Laribi, RT http://aurorasito.altervista.org

In un video, un ministro venezuelano rivelava gli scambi tra oppositori, ripresi da infiltrati, assicurando che un colpo di Stato veniva sventato e che i “terroristi” volevano uccidere Nicolas Maduro. 140000 proiettili di mitragliatrici e tentativi di “incursioni di terroristi ed agenti speciali israeliani, nordamericani e colombiani” per “uccidere il Presidente Nicolas Maduro e rovesciare il governo prendendo il palazzo presidenziale”: questo era il piano che il governo venezuelano sventava.

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Le chiavi dell’operazione Vuelvan Caras

Mision Verdadhttp://aurorasito.altervista.org

14 mesi di controspionaggio, colpi di scena e attentati affrontati, contrapposti, contrastati, reciproci. Dall’assalto al palazzo Miraflores, (di nuovo) alla base aerea Francisco de Miranda, dai caveau della Banca centrale (per il denaro) a 140 mila proiettili. Almeno cinque gruppi di combattimento. 56 ore di registrazioni audiovisive di conversazioni. Decapitazione del 95% dei generali fedeli a Paese, Costituzione e governo. Infidi presidenti nella regione. Commando gringo e israeliano s’infiltrarono. Militari di alto rango della Quarta Repubblica; Polizia metropolitana e Petejotas riciclati a riprendere il compito sociopatico del genocidio sistematico nell’ovest di Caracas.

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Sanzioni, trumpismo ed ipocrisia imperiale (II)

Ángel Guerra Cabrera https://lapupilainsomne.wordpress.com

I piani destabilizzanti e le aggressioni USA contro la Rivoluzione Bolivariana sono iniziati molto presto dopo che il comandante Hugo Chavez ha assunto la presidenza, nel gennaio 1999. Dopo un feroce assalto del settore imprenditoriale contro il presidente, si è prodotto lo sconfitto colpo di stato, nell’aprile 2002, seguito in novembre dal sabotaggio contro Petroleos de Venezuela (PDVSA), la società pubblica che genera il 98% delle entrate in divisa del paese, la cui prolungata paresi ha significato una perdita economica di 16 miliardi di $.

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Josè Manuel Zelaya

Come non hanno potuto vincere contro Cuba, non potranno neanche col Venezuela

 

Un golpe militare, al vecchio stile, è scoppiato all’alba del 28 giugno 2009, in Honduras. Sono passati già dieci anni da quel golpe di Stato che ha abbattuto il presidente costituzionale della Repubblica, Josè Manuel Zelaya Rosales.

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Un articolo di José Manzaneda e Esther Jávega


Un articolo di José Manzaneda e Esther Jávega per Tantaka TV – Un adattamento audiovisivo di un’indagine di Pascual Serrano.

Per appoggiare il recente tentativo di golpe in Venezuela, la grande stampa, in particolare quella spagnola, ha utilizzato a fondo i suoi abituali meccanismi di propaganda, menzogna, censura e perversione del linguaggio.

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Le 3 mosse con cui Maduro ha sconfitto il golpe in Venezuela

Ancora un golpe tentato dalla destra in Venezuela. Ancora una sonora sconfitta per quella forze violente e reazionarie che nei fatti hanno mostrato di godere su uno scarso sostegno popolare. Al contrario della Rivoluzione Bolivariana.

Ma come ha fatto il governo venezuelano a fermare questo ennesimo tentativo di colpo di Stato ordito dall’opposizione telecomandata da Washington?

Sostanzialmente con tre mosse.

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Venezuela: appunti precipitosi

Prima del 2, inevitabilmente, c’è sempre l’1. Esistono, per questo motivo, fattori sufficienti per imparentare il tentativo golpista in Venezuela con l’ansietà della dirigenza statunitense, il paramilitarismo colombiano ed i rivali interni che stanno captando mercenari privati.

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Un golpe nato morto, senza supporto militare e ancor meno popolare

Aram Aharonian, CLAE – http://aurorasito.altervista.org

Calma, calma tesa a Caracas ed in Venezuela, dopo il tentativo pubblicitario di colpo di Stato in Venezuela, dove i settori radicali dell’opposizione non ottenevano né il sostegno delle Forze Armate né il popolo scendeva in strada per sostenere il tentativo golpista del presidente autoproclamato Juan Guaidó e del latitante Leopoldo López.

La gente scese in strada recandosi progressivamente a Palazzo Miraflores per sostenere il governo costituzionale di Nicolás Maduro.

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I volti dietro il fallito golpe contro il Venezuela

Sembra che Juan Guaidó pretendesse gemellarsi con Lopez, in quella che ha definito la fase finale dell’Operazione Libertà per cui -così sfacciatamente e senza pensare al popolo- in prima mattinata ha incitato alla violenza attraverso la rete sociale Twitter

Ana Laura Palomino García – www.granma.cu

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